La parrocchia di Bicchio nella condizione

del lavoro e della vita comune


Rinasce in una storia di obbedienza che ha la trasparenza e la leggerezza di un sogno. "Una zolla di
terra" diviene un fiore che attira infaticabili cercatori dello spirito. Dopo un viaggio in Terra Santa,
nella contemplazione di Dio che si fa storia, nella mediazione possibile del vescovo Bartoletti
riprende la via di una vita parrocchiale nuova, nella periferia di Viareggio. E' il progetto di una
comunità cristiana che nasce non intorno a un novello pastore, ma una comunità parrocchiale
animata da una famiglia sacerdotale, una famiglia "a servizio" delle altre famiglie. Don Sirio ne é
responsabile di fronte al vescovo, don Rolando il parroco per la Curia, Maria Grazia la novità che
interrompe anni e anni di rigida separazione dei sessi, ritrovando per la chiesa e nella storia della
chiesa antiche e sempre nuove esperienze di integrazione delle differenze. Poco dopo insieme a loro
si unirà Mirella.
Siamo quattro povere vite che Dio ha scelto per farne segno della Sua realtà, legate
allo stesso destino di tutti coloro che sono stati prescelti dall'eternità e un giorno
chiamati. Camminiamo insieme nella ricerca del Suo Regno e quando Lui lo vorrà i
nostri sentieri si separeranno così come un giorno si sono uniti. Abbiamo messo Dio fra
noi e perciò nel Suo nome ci offriamo la nostra vita mettendo in comune tutto ciò che
può fare il Regno di Dio: siamo due ragazze e due sacerdoti, insieme abbiamo creato
questa piccola famiglia, questa povera casa. Non c'è che un ideale che ci unisce:
servire Dio, amarLo con tutto il cuore e tutte le forze fino al impossibile, cercarLo
senza fine, vederLo in ogni realtà.
Non abbiamo vincoli particolari, non ci legano promesse ne voti, tutto è nella libertà
dei figli di Dio, nella serietà di chi ha scelto come unico esempio il Figlio dell'Uomo,
nella
purezza di chi crede che nel Regno di Dio non vi sarà più ne uomo né donna
perché in Dio sarà finalmente ricomposta l'unione perfetta.
Ci muove - diverso in modi, esperienze, maniere, espressioni, ma soprattutto diverso
per quel rapporto particolare di Grazia che Dio genera unico e irrepetibile con le
singole persone - ma identico come motivo dominante l'amore immenso adorante
appassionato
serissimo per il nostro Dio. Per Lui tutto accettiamo, il Lui tutto mettiamo
in comune; ogni diritto lasciamo cadere e non raccogliamo più i motivi immediati. Non
vi sono privilegi se non quello di offrire ciò che si ha, e chi più ha ricevuto più deve
dare e maggiore è la sua responsabilità di servizio.
La comunità
Viviamo insieme ormai da tempo; ci eravamo conosciuti, avevamo messo in comune le
nostre ricerche e il nostro amore e il nostro Dio: è nata la casa, famiglia di tre persone,
a noi ora si è aggiunta la quarta. E poi forse qualche altro, non sappiamo, il futuro non
ci deve preoccupare.
Ci preoccupa realizzare ora, immediato, il Segno di Dio, di offrirlo agli altri, di viverlo
nella Chiesa, di amare questa povera Chiesa, piccolo gregge, luce del mondo alla quale
è legato con responsabilità così pesanti il destino degli uomini. La Chiesa è il nostro
secondo amore, nella strada di quello che porta a Dio: amiamo il suo mistero così
chiaramente svelato in tutto il piano di Dio che sceglie sempre pochi per annunciare al
mondo le meraviglie del Suo Essere; mistero che è stato già tutto vissuto nella persona
di Gesù, mistero che deve ripetere la vita del Figlio di Dio, incarnazione del Suo amore
lungo i secoli, via che congiunge gli uomini al Padre - cuore fatto unicamente di Bontà,
di comprensione, di pazienza, di speranza, di fede e di Verità.
I nostri ideali, le speranze, la sofferenza, lo svolgersi dei giorni, il nostro amore che
forse è come un sogno di chi non si vuole svegliare, viviamo tutto in un posto, un luogo
preciso, una parrocchia, una casa: la nostra casa.
Un luogo, una parrocchia, una casa, un'officina
Viviamo alla periferia di Viareggio, una zona pianeggiante fra il mare e l'Aurelia,
campagna coltivata in modo intensivo con serre, a verdura e a fiori. La parrocchia è
grande, compresa fra Viareggio e Torre del Lago, gli altri due confini sono il "padule" -
l'insieme di canali che nascono dal lago di Massaciuccoli - e il mare.
Gli abitanti sono relativamente pochi, data l'ampiezza dell'area, ma in campagna non
esistono abitati intensivi. E' gente, la nostra, buona e tranquilla, senza problemi
particolari; famiglie unite, non numerose, gente abituata al lavoro che cerca di fare
studiare i giovani perchè non debbano anche loro coltivare i campi od essere schiavi di
un lavoro che non conosce orari.
Noi abitiamo in una vecchia casa, forse una delle più antiche del luogo, che si trova -
per caso - quasi al centro della parrocchia. Tre anni fa quando il Vescovo ci diede la
parrocchia, nominando uno dei due sacerdoti parroco e permettendo che presso di loro
vivesse una piccola comunità, cominciammo a cercare la nostra casa. Non volevamo
vivere in una canonica, preferivamo essere come gli altri, confondendoci fra le
famiglie, vivere accanto a loro ed offrire a tutti la possibilità di venire da noi senza quel
timoroso ossequio che ha sempre chi entra in canonica. E:poi era bello andare ogni
mattina alla chiesa con chi voleva venire, facendo anche noi quel piccolo sacrificio.
Abbiamo trovato e preso in affitto questa abitazione, tipica del luogo, lunga e stretta, a
un piano, sei camere da letto di sopra e sotto la cucina e un'altra stanza, la sala; due
cantine, il fienile e la stalla. Davanti alla casa c'è una piccola vigna che serve per il
vino durante l'anno, accanto un orto, un fazzoletto di terra renosa che ci è utile per
tirare avanti. Come in ogni casa di campagna dietro c'è la corte, il pollaio con le anatre
e le galline, gli stabbioli per i conigli, e poi i piccioni, tortore, due caprettine, perfino
uno scoiattolo: un po' di tutto più per spirito di poesia che per convenienza.
Sempre dietro, un po' scostato c'è il fienile con sotto la stalla, ma il progetto di mettere
su qualche vitello è stato abbandonato da tempo per mancanza di terreno da erbaio, di
soldi e per inesperienza. Abbiamo trasformato il fienile in cappella, povera, semplice
abitazione del nostro Signore, umile stanza che da quando è abitata da Lui è diventata
il centro della nostra casa; il Suo stare fra di noi, la Sua bontà nell'abitarci accanto,
racchiuso nel ceppo di una quercia - la base della croce - ha cambiato la nostra vita. Il
Figlio di Dio è venuto ad abitare fra di noi, perché temere? La Sua pace è con noi, in
Lui la nostra sicurezza, la nostra ricchezza, dov'è il vostro tesoro
lì è il vostro cuore.
Da quando è abitato da Gesù, il fienile non è più quello, è un po' il nostro simbolo,
semplice e umile contenenza di Dio, diverso, rinnovato, dilatato all'infinito, reso più
ampio dal grande vetro che sostituisce la parete di fondo e che ci dà di guardare i
campi e le case, obbligando la nostra preghiera ad essere tutta per gli altri, per il
mondo intero, la cui sagoma è dipinta di rosso sul vetro, trasparente contro i pochi
alberi e il cielo, Guardiamo il sole la mattina durante la messa e l'aria che si spenge
all'imbrunire dalla nostra finestra aperta sul mondo contro la quale si staglia la croce
col tabernacolo - le sere d'inverno quando si prega silenziosi e si vede la nebbia salire e
circondare la cappella stemperando e confondendo i contorni delle cose - pare di
lasciare il tempo e immergerci nell'eterno col nostro Dio.
E' tutta qui la nostra cappella, la croce di quercia - una quercia trovata per caso nella
pineta vicino al mare, con il ceppo allargato quasi a forma di cuore - e inchiodato sulla
croce un Cristo fatto di tralci di vite; il ceppo della quercia è stato scavato e dentro è il
tabernacolo, chiuso da una porticina di ferro che ha una grossa chiave: Gesù apre il
mistero di Dio e dell'uomo, in Lui il buio diventa chiarezza. La mensa dell'altare, una
grossa tavola di legno, poggia sul tino, le panche sono tronchi di albero tagliati a metà,
qualche sedia, un leggio, un inginocchiatoio, niente altro.
Sotto il fienile, la stalla è stata trasformata in officina del ferro battuto: la forgia, il
trapano, il banco di montaggio con le morse e la saldatrice obbligano ogni giorno don
Sirio e don Rolando al lavoro che aiuta l'economia della famiglia. Dal soffitto e sulle
pareti annerite dal fumo del carbone bruciato, i pezzi forgiati: presso la cappa della
forgia il Crocifisso che sorregge la fatica di un uomo chino sull'incudine; lì vicino, a
grandi caratteri, una frase di San Luca: "Non è costui il figlio del fabbro?".
in
Popolo di Dio:
PdD anno 2° aprile-maggio 1969, Aprile 1969

Sirio


in Lotta come Amore: LcA maggio 2016, Maggio 2016

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