I segni dei tempi
Uno di noi aveva inviato una lettera aperta al nuovo vescovo militare, consacrato nell'ottobre scorso a Roma, durante il Sinodo.
Un amico di Milano ha risposto, dando la sua testimonianza in merito al problema.
Ci è sembrato bene pubblicarla perché è frutto di un'esperienza reale e molto amara, che crediamo comune a tanti giovani che hanno fatto il servizio militare.
Sulle conclusioni pratiche della lettera non siamo del tutto d'accordo: l'articolo precedente la lettera spiega la nostra posizione. Crediamo giusto interessarsi dei soldati: ma unicamente dall'esterno, fuori della caserma, per un annuncio cristiano integrale. A questo ci convince anche il racconto di questa esperienza vissuta.
Ringraziamo il nostro amico per la sua preziosa collaborazione.
La Redazione
Milano, 13.11.71
...Ho letto con piacere la lettera che lei ha inviato a Sette Giorni sull'ordinazione del vescovo militare.
Chi ha fatto il servizio militare sa che l'esercito è una istituzione che serve a far diventare i giovani dei burattini, che agiscono solo perché una cosa è stata ordinata dai sedicenti "superiori", senza chiedersi se è moralmente giusta o no; che insegna a uccidere su ordinazione, li deresponsabilizza, li sottopone in caserma a una repressione totale {divieto di leggere quello che sì ritiene utile, divieto di discutere, propaganda autoritaria fatta dai militari di carriera, le mille formalità assurde e alienanti che si devono fare continuamente in caserma) che ha lo scopo di distruggere moralmente la persona, per renderla un oggetto in mano a chi ha il potere.
Le assicuro che molti giovani che erano in caserma con me, prima a Roma-Cecchignola e poi altri a Istrana (TV) hanno trovato scandaloso che la "chiesa ufficiale" appoggiasse questo sistema disumano.
I cappellani militari in caserma difendevano sempre l'esercito, nelle prediche, al Vangelo a Messa, ci esortavano a ubbidire ai superiori, a non lamentarci di fare il militare, dicevano che il servizio militare ci rende uomini e mille scempiaggini del genere. Per questo "lavaggio del cervello" che ci dovevano fare i cappellani la messa in caserma era obbligatoria.
A Istrana il giorno 4 dicembre (1970), giorno di S. Barbara protettrice dell'artiglieria, ci fu una Messa in armi. Tutti i soldati furono portati in chiesa armati, al Santus fu dato il presentt'arm.
Il cappellano della caserma, don Silvio Nigrato, fece una predica dicendo "Dio protegga voi soldati da chi dice che le forze armate non servono, dagli obbiettori di coscienza che distruggono ogni norma del vivere civile, ecc..".
I soldati si arrabbiarono per queste parole ipocrite e la domenica successiva si rifiutarono tutti di andare a Messa, anche sotto la minaccia di punizione. .
Molti soldati proprio per l'immagine che offriva la chiesa ufficiale la abbandonarono, dicendo che era dalla parte dei padroni, di quelli che ci opprimevano e ci tenevano come schiavi.
Secondo me dovrebbe essere abolita la figura del cappellano militare (che è un militare a tutti gli effetti, fa parte delle FFAA ed è sottoposto ai "codici penali militari") e la diocesi castrense. Basterebbe che un prete del luogo dove c'è la caserma andasse in caserma a trovare i soldati, a parlare con loro, a dire la messa. In caso deprecato di guerra, basterebbe che i preti seguissero le truppe, ma senza far parte delle FFAA.
Sono convinto poi che è compito di tutti i cristiani lottare contro le strutture oppressive dell'uomo come le attuali forze armate italiane. E' un campo in cui i cristiani sono rimasti ancora molto indietro, forse non sapendo leggere i segni dei tempi...
(lettera firmata)
in La Voce dei Poveri: La VdP novembre 1971, Novembre 1971
Luigi Sonnenfeld
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