Camminare sempre

Vorrei raccontare di tutta una trasformazione che a poco a poco mi è maturata nell'anima, non so se è una crescita di valori, una chiarificazione e liberazione di ricerca, una nuova e più forte, più radicata fedeltà. E' certamente come una scelta che piano piano si è essenzializzata, purificandosi da ogni entusiasmo (c'è sempre agli inizi), rafforzandosi cammin facendo (è l'irrobustimento che viene su dalla fatica), normalizzandosi come realtà definitiva, acquisita, ormai sicura.
E non vuol dire affatto sentirsi arrivati, come a cammino concluso, come a livelli e quote raggiunte: vuol dire semplicemente che non è più possibile, non soltanto non pentirsi o guardare indietro con rimpianto o cercare di rifarsi, rimaneggiando le scelte fatte, sistemandole in qualche maniera con annacquamenti vari o aggiuntamene saggi e prudenti, non è più possibile il fermarsi, perchè non esistono traguardi, non è pensabile camminare sull'altopiano. E cioè che la pace è impossibile, la sistemazione è un assurdo, l'arrendersi è peccato mortale.
E tutto questo evidentemente perchè la scelta fatta è una scelta cristiana e ancora di più, perchè toglie via ogni possibilità di misura, è una scelta sacerdotale.
E' ciò che nasce da Dio che non può e non deve morire più. Cioè non concludersi mai. Nemmeno è concesso il diritto al riposo. Perchè Dio è attualità incessante, è spinta senza fine, è creazione di novità inesauribile.
Tant'è vero che anche il Paradiso non può essere quello che grossolanamente molte volte fantastichiamo di riposi, di pace eterna, di eternità beata, rifacendoci evidentemente ai nostri concetti terreni fatti senza tener conto di Dio e di ciò che Dio è.
Perchè è dove Lui non è, e in proporzione a quanto Lui non è presente, vivo e determinante dì tutto, che vi può essere stasi, dormizione tranquilla, come di narcosi e pace cimiteriale all'ombra riposante dei cipressi.
E questa beatitudine può essere piuttosto inferno che paradiso.
Dove Dio è e tutto è in Lui perchè unicamente realtà di Dio, è la vita, la vitalità, la pienezza, la sovrabbondanza, l'incontenibilità... e cioè l'Amore,
Gesù ha svelato agli uomini questo Dio e ne ha fatto conoscere la Volontà di vita che non può accettare d'essere fermata e uccisa da nessuna forza di annientamento, come l'egoismo, l'odio, la ricchezza, la violenza, il potere, la sopraffazione, l'assassinio, la morte.
E contro ogni forza e tentativo di fermare e di bloccare a sistemazioni di morte ogni sviluppo e crescita di liberazione e di vita, si è ribellato, ha combattuto, ha accettato - per significare la misura estrema della sua lotta e il suo compromettercisi totalmente - di morire, ma risorgendo immediatamente (soltanto per tre giorni la vita è stata morta sotto terra) perchè ciò che Dio è, cioè la vita, fosse vivente tra gli uomini e gli uomini avessero la realtà vera di ciò che la loro è e deve essere, vivente nel loro vivere.
Quasi ad esplodere continuamente dentro la loro storia di energie di vita e di luce, a vincere il loro morire quotidiano per un appacificarsi e sistemarsi in somiglianze così indicative più di morte che di vita.
Ho tanta paura a volte di questo mio non credere alla resurrezione e cioè che la nostra vita è vita del vivere di Dio e in noi non vi può essere morte come non vi può essere in Lui, perchè non riesco a conservare vivi in me motivi di vita, perchè mi scoraggio e mi lascio abbattere con facili-tà, perchè mi sopraffa la delusione e la stanchezza, perchè non mi si ravviva continuamente l'anima ad accendermi tutto, e mi vince il cuore morto, la sfiducia più nera, la tentazione di rassegnarmi, di lasciarmi andare, di tirare i remi in barca e farmi portare dalla corrente...
So bene che tutto questo è non credere alla resurrezione né di Cristo, né mia, né dell'anima. E' non credere alla vita.
Chi mi conosce e si sorprende d'una mia impossibilità a rassegnarmi, a starmene in pace, della mia paura della sistemazione ecc. forse non si rende conto della fatica - a volte veramente spaventosa - a rompere sempre tutto, a rinascere continuamente, a sentire il passato soltanto come premessa per un ricominciare incessante, impietoso per me e per gli altri, e che questo travaglio è semplicemente atto di Fede in Dio e - povera e miserabile quanto si vuole, ma sicuramente intensa e sincera - ricerca di fedeltà a credere nella Resurrezione di Cristo. E cioè che Dio in Gesù Cristo e l'Amore nel mondo è il Fuoco nel roveto, è la Croce e la Resurrezione del Calvario, è la fiamma dei-la Pentecoste.
Provare nel povero, stanco, depresso vivere quotidiano di sé stesso e della storia, la convinzione, la sicurezza, che la vita è il vivere di Dio, è un riversarsi della vita di Dio, è il suo manifestarsi ed esprimersi, è rimanere come oppressi e schiacciati dall'enormità di questa realtà o riaccendersi, vibrare a energie incontenibili e rimettersi sempre sulla strada e camminare e camminare senza possibilità di fermarsi, di mettere su casa, affondare le radici e starsene in pace, difendendosi meglio che è possibile dalle intemperie, dalle problematiche, dalle angosce, riscaldandosi al sole d'estate e alla stufa d'inverno, leggendo il giornale e guardando la televisione, come affacciati alla finestra e la porta di casa è ben chiusa.
Non è proprio possibile. Anche a volerlo non si riesce.
E' inutile dire cosa succede a leggere il Vangelo come leggere pagine nelle quali leggi il racconto di quella che dovrebbe essere la tua vita.
E' terribile guardarsi intorno e pensare che chi ti è vicino, chiunque sia e qualsiasi cosa voglia da te, è tuo fratello e più ancora è creatura di Dio, realtà visibile di Cristo risorto e anche chi è lontano perché il cuore non ha limiti come gli occhi, e l'umanità intera è la famiglia perché ogni uomo chiama Padre tuo Padre...
A poco a poco tutta una trasformazione, per ritornare all'inizio di questa pagina scritta più nella mia anima che su questo foglio, per una realtà nuova, che forse niente di nuovo avrà, altro che un passo più avanti, una misura maggiore di un compromettersi con la propria Fede, un accentuarsi di ricerca per una fedeltà più totale.
E Dio voglia per bruciare di più e più presto di quel fuoco che Lui è venuto ad accendere sulla terra e non desidera altro che si accenda sempre di più.
So bene che la vita, la realtà di civiltà nella quale viviamo, complica terribilmente questa ricerca, accomodante e sistemante com'è questo nostro mondo che ormai tutto offre per il benessere e l'egoismo dell'uomo e non sopporta qualcosa di diverso e tanto meno di contrastante.
E so anche come il rischio sia giudicato nella Chiesa e quanto sia consentito. Il rischio di una ricerca di cammino non guidata dai binari, dagli scambi telecomandati, dai percorsi e dagli orari prestabiliti e ben sistemati sulle tabelle per evitare scontri e confusioni.
Eppure credo fermamente nella possibilità di una fedeltà assoluta. Alla Fede nel mondo e nella misura più totale. Alla scelta e alla vita sacerdotale nella linearità più impegnata e crescente. Alla Chiesa, continuità del mistero di Cristo e segno della sua Risurrezione e cioè del suo essere vivo e vivente fra gli uomini. E quindi in un vivere insieme alla Gerarchia, ai confratelli, al popolo cristiano, la tremenda responsabilità del Regno di Dio tra gli uomini.
Si è affacciato a poco a poco e ha preso forza fino ad invadere tutto e tutto dominare, il problema tra identità di valore fra fedeltà e rischio, fra libertà e obbedienza, maturità personale e impegno universale, fra lotta e Amore, guerriglia e pace....
Forse è cosa che succede semplicemente a un certo numero di anni, al punto comunemente considerato come d'arrivo, e diventa invece come il punto di ebollizione per l'acqua che è andata scaldandosi, di traboccamento quando tutto è arrivato all'orlo di pienezza. E a volte una goccia in più decide. Come una folata di vento per un incendio.
Vorrei essere capace del coraggio per cui qualsiasi rottura non incrini nemmeno minimamente la fedeltà.
Vorrei dare la testimonianza di una responsabilità personale che costruisce, sia pure faticosamente e dolorosamente, la comunione, quella di valori che veramente valgono.
Vorrei realizzare una lotta, appassionata e pronta a tutto, ma che significasse e fruttificasse soltanto Amore.
Vorrei avere la Fede che gioca d'azzardo tutto, assolutamente tutto, su Dio ed è disponibile e pronta a perdere la partita, serenamente, nella pace più totale.
Lo so, ormai è tanto tempo, che è come ostinarsi a sognare.
Ma ho deciso di non svegliarmi né lasciarmi svegliare da niente e da nessuno, altro che nel momento in cui gli occhi si apriranno dalle tenebre alla Luce.




don Sirio


in La Voce dei Poveri: La VdP novembre 1971, Novembre 1971

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -