L'essere sacerdote vuol dire semplicemente una cosa: una persona (povera quanto si vuole) cosciente (e la misura di questa coscienza ha un'importanza decisiva) cosciente di essere coinvolta nei rapporti fra Dio e l'umanità.
Dio ha riversato nel sacerdote tutto quello che Dio è e vuole essere nei confronti di ogni essere umano, dell'umanità intera, di tutto l'universo.
E' assai facile dire e anche dimostrare che Dio non esiste: è semplicemente assurdo affermare che Dio esiste, ma che non cerca d'essere Dio o che non è capace di essere Dio. E Dio è Dio nella misura di quanto è tutto, Lui solo, l'unico l'assoluto.
Di quanto tutto è relativo a Lui, convergenza totale, senza nessuna possibilità dì emarginazione di Lui, assolutamente di niente.
E' Dio in proporzione a quanto dove Lui sceglie e decide di essere presente, occupa fin la ragione di esistere, fin tutta la realtà dell'essere.
Che poi sopporti che tutto questo non avvenga e sia capace di attese senza fine, questo, per così dire, sono affari suoi e cioè sono motivi e modi di Amore, che non possono sorprendere affatto che siano infiniti e quindi anche incomprensibili (anche se adorabili) perchè sono di Dio.
Tutto questo Mistero di Dio, già chiaro nella storia, è diventato chiarissimo in Gesù Cristo.
Tanto più che in Gesù Cristo il suo essere Dio che si fa uomo (e umanità) si precisa in una storia personale estremamente evidente (nonostante tutte le prediche, spiritualità, libri intorno al Vangelo) e in un annuncio di dottrina chiara e semplice (complicata unicamente dalle innumerevoli spiegazioni che pare che abbiano lo scopo d'impedirne la chiara, immediata comprensione).
Il sacerdote è (o dovrebbe essere) l'uomo che Dio ha scelto e chiamato per essere costruito a immagine e somiglianza di Gesù Cristo.
Anche il cristiano, d'accordo. Ma nella vocazione cristiana il sacerdote ha una sua qualificazione personale nella esclusività assoluta di ogni altra giustificazione a essere al mondo.
Quando si nasce sacerdoti (dal seno di nostra madre e poi dal seno della Chiesa, perchè è dall'eternità del Pensiero di Dio che si è nati così) si nasce a Betlem. E necessariamente di dovrebbe morire sulla Croce. La Resurrezione è negli altri che prendono il posto in una continuità incessante e meravigliosa di vita sacerdotale.
Il sacerdote pur essendo l'uomo dell'umanità non è l'uomo della storia degli uomini, perchè deve essere l'uomo della storia del Vangelo.
La sua personalità non viene su da una cultura da una civiltà, è costituita da Dio, da una Fede totale in Lui, da una scelta tenace, fino all'irrevocabile, di Lui.
Non può essere costruita la sua personalità dalle condizioni storiche, di civiltà, di vicende temporali, di progressi o regressi umani, nasce da un aggancio fatto d'accoglienza e di dedizione, all'umanità, così come è in se stessa, nelle motivazioni essenziali della sua esistenza.
L'ecclesiasticismo è la storicizzazione del sacerdozio fino a ridurlo alle sistemazioni secondo la storia, che non possono poi non precisarsi nella ricerca di privilegi, nelle deviazioni clericali, nei temporalismi della Chiesa.
E' venuto fuori il prete che giustificatamente oggi non si sa cosa sia e che cosa rappresenti e cosa ci stia a fare.
E' il frutto di una storia lunga secoli e secoli di confusionismo religioso e terreno, di soprannaturalità e di temporalismo, di cultura fittizia e artificiosa giustificata da evangelizzazioni predicatorie, di forma esistenziali assurde fatte da angelismi strani e da privilegi molto concreti, da appartenenze al cielo e da radici molto ben affondate sulla terra, da apparenze di amore e da disumanità molto spietate...
Il Vangelo e Gesù Cristo sono rimasti sui pulpiti e sull'altare delle liturgie Eucaristiche. Sui libri e nelle biblioteche e nelle mura di Chiesa e di Cattedrali. Nella devozione e nelle celebrazioni cultuali.
E cioè è venuta fuori una religione con i ministri di questa religione.
Bisognava ricordarsi semplicemente che questa religione (perchè religione è) era il Cristianesimo e cioè Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, da adorare e amare come Dio per seguirlo e modellarsi su di Lui come vero Uomo. E cioè capace di fare veri adoratori del Padre, e degli uomini veri figli di Dio, fratelli fra loro.
E questo Gesù Cristo, non insegnarlo soltanto e in modo tanto dottrinoso, ma viverlo. E viverlo non per che dei santi (che cosa assurda questa storia dei santi) ma perchè dei cristiani.
Dedicato, consacrato, destinato perchè tutto questo fatto esistenziale in qualcuno sia ragione di vita, impegno assoluto, spiegazione unica d'esistenza, è il sacerdote.
E' necessariamente una vita pazza. Di per sé assurda. In sé stessa non può e non deve avere senso, né valore. Nessuna importanza e nemmeno rispetto. Una vita perduta. Buttata via. Irrecuperabile fino al punto che ogni e qualsiasi motivazione che comporti un apprezzamento terreno, temporalistico, è scadimento di autenticità e inizio di compromesso, quindi dissacrazione.
Il sacerdote che non ha coscienza di essere l'uomo veramente libero, di libertà assoluta perchè non condizionata assolutamente da niente e nemmeno da nessuna possibilità di condizionamento ragionevole, comprensibile, ecc. non è sacerdote: non gli appartiene il Mistero di Cristo perchè non l'ha costruito il Vangelo ad essere l'uomo di Dio. Non può annunciare la Parola di Cristo perchè sicuramente non l'annuncerà tutta intera quella Parola. E non vi metterà di contro la sua vita. Perchè l'uomo di Dio è l'uomo della lotta: della lotta vera, quella che sta alla radice dello uomo e dell'umanità. La difesa dell'uomo è il suo più vero ministero. La fraternità umana è la sua più autentica missione. Che ogni uomo è ugualmente Figlio di Dio é il suo annuncio. Che Dio è l'unico tutto e è finalità di tutta l'esistenza, è la sua più profonda e misteriosa testimonianza nella quale gioca la propria vita.
E' il primo lungo la strada, è sull'alto della barricata, perchè la sua motivazione più vera è morire ogni giorno: come ogni giorno nelle sue mani è la morte e la Resurrezione di Cristo e nella sua vita la morte e la Resurrezione del popolo di Dio.
Il pastore che dà la vita sono le parole e il Mistero che lo consacrano.
La sua risposta affermativa alla domanda: mi ami più di questi, segna il suo destino.
Il suo essere pietra angolare dà la misura della sua responsabilità.
Quest'uomo nel quale confluisce liberamente tutto Dio e tutta l'umanità.
Per il quale il padre, la madre, la moglie, i figli, fratelli e sorelle e il pezzo di terra, hanno lasciato il posto interamente occupato, fino all'estremo, da Gesù Cristo.
Sacerdote, uomo di Dio e di tutti. Un qualcosa di Cristo, visibile, tangibile, dalle piaghe aperte nelle mani e nei piedi e nel cuore. E non un fantasma.
Ripenso a tutta l'educazione ricevuta in Seminario per diventare sacerdote, e me ne viene uno sconforto terribile.
Considero la gerarchia ecclesiastica con tutte quelle sistemazioni giuridiche, liturgiche, amministrative e me ne viene una disperazione.
Penso all'imborghesimento così progressivo del clero che arriverà certamente alle misure di professionismo ecclesiastico, stipendiato, assicurato, ««uxorato» (come dicono quelli che parlano del matrimonio dei preti, con la bocca sciacquata, come dicevano «altro sesso» invece che donna, una volta) e non è possibile che uno sconcertante smarrimento.
Tanto più che quest'imborghesimento ecclesiastico porterà sicuramente ad un potenziamento del professionismo del clero, ad un rafforzamento temporalistico della gerarchia, ad una sparizione del sacerdote, ma non del prete.
E' una infinita tristezza constatare che sia la conservazione che la contestazione alla fine concludono la continuità, tranquilla, pacioccona, bene amministrata e ottimamente sistemata, della mediocrità sbiadita, scolorita scipita di una popolazione sempre più ingiustificabile come quella del clero.
Finché non avverrà che di nuovo Dio si costruirà i suoi eletti, magari dalle pietre, e gli uomini ritorneranno a ricercare preti che siano sacerdoti, perchè la loro fame e sete di liberazione susciterà in loro il bisogno di profeti. Di uomini di Dio.
don Sirio
in La Voce dei Poveri: La VdP giugno-luglio 1971, Giugno 1971
Luigi Sonnenfeld
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