Parrocchia nuova

Riprendiamo il discorso sulla parrocchia nel contesto di questa riflessione sul nostro sacerdozio che accoglie e vive anche questa dimensione. Se il parlare di parrocchia vuol dire per alcuni perdere tempo, ciò è dovuto al fatto che il problema si pone in maniera radicale: la parrocchia è realtà ormai esaurita? Lo è, come tutta una struttura di Chiesa a vari livelli, per nulla vivificata dallo Spirito, capace solo di frenare il corso della storia in un disperato sforzo di sopravvivenza. Una struttura centralizzata, tesa a conservare un'area di potere che le consenta di difendere i propri interessi di fronte al potere civile da cui desume, di conseguenza, tutta una logica di comportamento e di azione. La parrocchia, inserita in questa logica, è l'ultimo anello di una delle tante catene che imprigionano l'uomo e devono quindi essere spezzate.
In effetti la parrocchia non nasce, attualmente, per motivi di fede, per un accogliere sempre più allargato la vita che lo Spirito suscita nel mondo. Nasce per ragioni di efficienza della struttura ecclesiastica che determina immediatamente confini territoriali, istituisce un responsabile nella persona del parroco e gli assicura una base economica. Affida poi al parroco la chiesa, oppure la fa costruire, e presenta questo minimo di struttura allo Stato perché la riconosca ufficialmente.
I frutti rivelano la pianta: i confini territoriali provocano lo spirito campanilistico che distorge il senso di ogni manifestazione della fede. Il parroco, sotto il peso della responsabilità, assume atteggiamenti autoritari e, per giustificare la sua presenza e i soldi che riceve, è costretto ad impostare tutto su ragioni di efficienza: la chiesa piena, le associazioni ben organizzate, le opere parrocchiali compiute. La partecipazione alla liturgia è il criterio di discriminazione tra i credenti e i non credenti, tra i «nostri» e i lontani. La difesa cui lo Stato si impegna è pagata duramente da una situazione piatta e scolorita al punto che la parrocchia (e quindi il parroco) è sinonimo di «ordine» e di «legalità».
Per chi, come noi, si sente e vuole rimanere nella Chiesa, e vi lotta perché il Regno di Dio possa allargarsi, la parrocchia rappresenta un luogo concreto dove si può verificare la distruzione di ciò che nella Chiesa non nasce dal Vangelo ed insieme cercare ed offrire un modo nuovo di essere Chiesa e quindi segno visibile di questo crescere del Regno di Dio nella storia. La parrocchia è la struttura della Chiesa più vicina al popolo, vicina alla realtà della vita per un incontrarsi di umanità alla ricerca di valori comuni.
La nostra parrocchia è nata nel solito modo. Manca solo il riconoscimento giuridico dello Stato, che non dovrebbe tardare, per non avere niente da invidiare alle altre sorelle.
Pure, fin dal primo giorno, gli elementi appartenenti alla pesante struttura giuridica, sono stati scavalcati e perdono significato ogni giorno di più, se già non sono morti e sepolti. I confini territoriali non ci interessano in quanto ogni uomo alla ricerca di Dio deve essere accolto come un fratello. La figura del parroco-autorità scompare nella dimensione di una comunità sacerdotale senza gerarchie o responsabilizzazioni particolari. La dipendenza economica è tolta dal guadagnarsi il pane con le proprie mani, e così tutto un interesse di tipo politico-economico che viveva all'ombra del campanile. Le associazioni sono scomparse per lasciare campo libero ad un dialogo, senza mediazioni, con tutta la famiglia parrocchiale.
Esaurita ogni importanza, ogni ombra di potere nella chiesa ed intorno alla chiesa, è diminuita, fino a scomparire, qualsiasi differenza tra chi è «dentro» e chi è «fuori»; condizione indispensabile questa per un autentico dialogo di fede, là dove questa non è più, in nessun modo, un privilegio.
A queste scelte ci hanno spinti alcuni motivi che sono diventati fondamentali al nostro vivere, insieme ad una scelta che si colloca in modo preciso nella realtà della Chiesa oggi, realtà piena di stimoli, di rischi, di tensioni
In un mondo che vive nella precarietà, proteso alla ricerca di modi nuovi, noi Chiesa dobbiamo essere in cammino, vivere la povertà che impone il non potersi fermare, offrire la fiducia e la speranza che è possibile vivere una ricerca continua, e donare con pienezza e stabilità i valori che si possono dilatare e venire lievitati da Dio e dalla vita.
La stabilità di alcuni valori - dei quali l'uomo di oggi sente la mancanza - non si oppone a questa posizione di continua ricerca. Anzi, solo il credere perdutamente ad alcune realtà giocandoci tutta la vita, dà il diritto e il dovere di essere nuovi ad ogni passo compiuto.
La stabilità di alcuni valori - dei quali l'uomo di oggi sente la mancanza - non si oppone a questa posizione di continua ricerca. Anzi, solo il credere perdutamente ad alcune realtà giocandoci tutta la vita, dà il diritto e il dovere di essere nuovi ad ogni passo compiuto.
Per questo abbiamo scelto di dar vita ad una casa che sia un luogo di incontro e di passaggio, dove la realtà della parrocchia viene accolta come insieme di valori umani che cerchiamo di vivere, ed ai quali comunichiamo i valori che ci guidano nel profondo del cuore. Una casa dove la parrocchia viene superata come parrocchialità per un accogliere e sentire fratello e sorella chiunque accetta di essere in cammino, chiunque vi si trova anche per necessità.
Una casa è l'indicazione di un luogo che si è scelto concretamente, perché chi cerca possa sapere che c'è qual cosa da poter toccare con mano, segno, sia pure imperfetto, di una realtà di incarnazione. Non vi è nessun altro motivo (anche se in pratica arricchito dallo stile di vita di ciascuno) che guida le nostre scelte. Il perché di un atteggiamento, di una pastorale, ancor più di un'esistenza: l'incarnazione. Accettare che il modo di essere di Dio sia semplicemente Essere, ed essere Amore, e perciò nel suo farsi uomo, pienezza d'esistenza, Uomo che è Dio. Noi Chiesa perciò nel mondo siamo questo tessuto di esistenza che si offre a vivere d'Amore e nell'Amore, esistenza umana offerta e ricerca di valori, motivata unicamente da Dio, rivolta a Lui, abbandonata a Lui e da Lui lievitata. Entriamo nel mondo per offrire una Chiesa che non vorrebbe cristallizzarsi, che non vuole fermarsi, né diventare istituzione - che semplicemente vive, e in questa vita è alimentata e sostenuta unicamente dalla fede profonda in Chi ne è l'origine, e dalla speranza ostinata che qualcuno guidi l'andare della storia, cercando con tutti noi stessi di essere attenti alle esigenze sempre nuove dell'umanità in cammino.
Crediamo che l'unica pastorale possibile sia l'esistenza, l'offrire una realtà di vita cristiana che è famiglia perché completezza umana di uomo e di donna che non vivono legati da vincoli di carne e di sangue; che è casa che vive una radicale novità di valori (così vari, così diversi, così sfumati che le fanno perdere qualsiasi fisionomia precisa se non quella di essere terreno di incontro e luogo di incarnazione) per le persone, gli interessi, le situazioni che vi convergono; che decide di offrire non metodi, non mezzi, non liturgie, non soluzioni brillanti, ma unicamente il tempo, la vita, la presenza, la propria fede, il lavoro. Tutto l'esistere perché tutto, non qualche cosa, sia segno di un'altra Realtà. La nostra vita indicazione, anche se povera e in continua ricerca, di alcuni valori cristiani.
Tutto questo ci ha portati a lasciare morire ciò che nel discorso parrocchia era il peso di una situazione storica o la mentalità esageratamente materna del buon parroco che si reca ovunque. Non vi è per noi distinzione o separazione ma continuità di valori che si arricchiscono reciprocamente fra la parrocchia, la casa, la ricerca di chi ci cammina accanto, o di chi si è appena conosciuto, e il cammino faticoso della Chiesa. In questa prospettiva il nostro vivere diventa il punto d'incontro fra queste realtà che in noi si possono riconoscere essenzialmente simili, forse anche perché non ci trovano fermi ma coinvolti nel loro stesso cammino.
Evidentemente in questo tipo di pastorale non vi è posto per una ricerca dei risultati a parte il dovere di comunicare alla nostra gente i valori che viviamo fra di loro, di sbriciolarli per meglio offrirli, di seminare continuamente.
Perché ciò che ci è richiesto è questo seminare il seme buono che Dio ci ha affidato, senza stancarci, senza guardare a quanto nasce, senza preoccuparci dell'erba cattiva. La nostra esperienza come qualsiasi proposta cristiana non può certo venire vagliata da quanto la gente percepisce il nostro messaggio, o peggio ancora da quanto è disposta a viverlo. Il cristianesimo è sempre e solamente offerta e comunicazione di valori, atto di fede in Dio che saprà farli maturare forse nel segreto delle anime.
Abbiamo invece il dovere profondo di verificarci continuamente con i problemi più ampi del mondo, con le tensioni che lo scuotono e lo vivificano, con l'interrogativo che è alla base delle sue posizioni anche più assurde, con la domanda inespressa che dobbiamo sapere raccogliere perché la nostra vita sia risposta alle sue esigenze, rinnovata proposta di quei valori umani e cristiani che si stanno perdendo; offerta alla Chiesa che in questa fatica di novità alla quale non è abituata, sembra disorientarsi.
Offriamo la nostra soluzione al problema della parrocchia: una comunità sacerdotale che è viva perché si offre come aiuto, come motivo di ispirazione a chi cerca, a chi soffre, a chi lavora, a chi ha una famiglia, alle donne, agli uomini, alle comunità religiose, alle parrocchie. Ispirazione che non si concretizza in metodi per non chiudersi e diventare un fatto esteriore, che si rifiuta di «fare parrocchia» ma accetta di essere povertà di esistenza, senza nemmeno il diritto ad un volto preciso per poter accogliere una pluralità di esistenze.


Luigi e Maria Grazia


in La Voce dei Poveri: La VdP giugno-luglio 1971, Giugno 1971

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