Comunità sacerdotale

Il fatto di vivere una vita umana, cristiana e sacerdotale in una realtà quotidiana di vita comunitaria - e non in un cammino puramente individuale - è senza dubbio un grandissimo dono di Dio, qualcosa che nasce unicamente dal suo Cuore e esprime visibilmente la Sua Presenza nel tessuto della storia. Questo ci fa capire quanto grande sia la responsabilità e il debito che abbiamo verso i nostri fratelli, perché i doni che scendono dall'alto devono essere nelle nostre mani come pane offerto sulla tavola di tutti.
La nostra famiglia è nata piano piano, formata come ogni autentica famiglia dall'Amore: ma i legami che l'hanno costruita, che la tengono insieme e costituiscono i motivi validi del suo esistere non appartengono «né alla carne, né al sangue, né a volontà di uomo», ma sono purissimo dono dell'Amore di Dio e quindi continua risposta di Fede a questo dono, accoglienza di ciò che nasce dalla forza creatrice dello Spirito di Gesù.
Siamo comunità e famiglia fatta di persone che attraverso un cammino veramente personale Dio ha guidato, costruendo lentamente la sua strada, fino a farcì incontrare e a farci desiderare dal più profondo dell'anima di essere una cosa sola come Lui è una cosa sola: con la violenza della Sua Libertà Dio è entrato nella nostra vita, ha forzato e messo urgenze di scelte radicali, di impegno a pieno cuore con ì valori del Suo Regno, di offerta di tutto il proprio essere alle richieste del Suo Amore vissuto e incarnato dentro il destino umano, nel vivo tessuto della storia degli uomini.
Sappiamo bene che questo è valore unicamente cristiano, è prova chiarissima della Presenza di Gesù, del Suo essere vivente, della Sua Volontà di usare delle nostre vite, fuse in un unico destino per la forza del Suo Amore, «perché il mondo creda che Dio ha tanto amato il mondo fino a dare il Suo Unico Figlio», perché gli uomini scoprano che dentro la dura corteccia della vita corre il Sangue di Dio, ad assicurarne la Resurrezione e la Salvezza.
Questo nostro vivere insieme la vocazione cristiana e la missione sacerdotale procede su una strada che va cercata, accolta e costruita giorno per giorno basandosi unicamente sulla luce che viene dallo Spirito: non ci sono regole a tenerci uniti, né un codice, né interessi personali di nessun genere, né un capo che garantisca la stabilità del cammino. Viviamo senza alcuna autorità, ad eccezione di quella che Gesù ci ha rivelato come costitutiva della vita di tutti coloro che vogliono essere suoi discepoli: «Uno solo è il vostro Maestro e Signore... Voi siete tutti fratelli... Fra di voi, il primo sia l'ultimo, il più grande come colui che serve...».
Siamo insieme - e lo sforzo e la fatica d'ogni giorno vogliamo che sia sempre più in questa direzione - unicamente perché crediamo che c'è Dio, che Gesù Cristo è vivo, che il Vangelo è la Rivelazione di come Dio ha pensato e sognato la vita umana, che il Regno di Dio e la Sua Giustizia devono essere la nostra prima e radicale preoccupazione, che l'unico comandamento e l'unica legge è l'Amore.
Vogliamo quindi che la vita comunitaria non nasca da saggezze e da prudenze umane, non sia sostenuta e garantita da sicurezze di leggi, di usanze, di buone abitudini, né tanto meno dall'aver delegato ad altri le responsabilità e il rischio del proprio impegno cristiano e sacerdotale: giorno per giorno il cammino deve costruirsi su una fedeltà sempre più totale a Gesù, ai valori del Regno di Dio, alle richieste che ci vengono dalla vita e ci costringono a spalancare il cuore e a stendere le braccia per condividere seriamente la fatica di chiunque cammina sotto il peso di una croce.
Crediamo che l'unica autorità che ha pieni e assoluti diritti sulla nostra vita è quella che viene indicata da Gesù: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro». Egli è davvero dentro la vita, alla radice della nostra scelta cristiana e del nostro sacerdozio, ragione unica di tutto un cammino: Lui solo quindi ci rende capaci di amarci totalmente, senza limiti né paure, e mentre ci dona la gioia di doverci accogliere quotidianamente gli uni gli altri, ci spinge sulla strada, là dove vivono e soffrono i nostri fratelli.
Ed è su questa strada di partecipazione seria alla vita che abbiamo potuto scoprire un'altra dimensione della nostra comunione sacerdotale: la corresponsabilità di ciascuno con tutti gli altri. Siamo convinti di poter essere davvero comunità cristiana nella misura in cui riusciamo a raccogliere nel cuore e nell'anima, nella carne e nel sangue, le esigenze della Parola di Dio e del destino dei nostri fratelli, e a vivere tutto in una comunione di responsabilità, di partecipazione, di compromissione con tutto quello che ciascuno di noi avverte di dover affrontare e tirare avanti. La scelta di uno è scelta di tutti, il rischio di uno è rischio di tutti, così come i doni che uno ha ricevuto sono ricchezze che appartengono a tutti. Stiamo prendendo sempre più coscienza di essere stati riuniti come chicchi di grano presi e messi insieme per fare un pane unico: il nostro impegno è quello di aiutarci gli uni gli altri a lasciarci mangiare e a sparire dentro la vita.
Vivendo disponibili e attenti alle famiglie della parrocchia; tenendo sempre la porta aperta per chiunque bussi e chieda attenzione, accoglienza di una ricerca, di una speranza o di un'angoscia; portando ogni giorno la croce del lavoro, nell'officina, nei campi, in mezzo al popolo dei fratelli operai, in una partecipazione che speriamo sempre più piena e autentica a tutto un destino di fatica, di povertà, di lotte e di sogni senza fine; tirando avanti un impegno di lotta all'interno della Chiesa per la liberazione di tutto un insieme di valori a volte così tanto affogati sotto i residui di una mentalità per niente evangelica; tendendo l'orecchio e il cuore alle innumerevoli voci che giungono da ogni angolo della terra, dove il volto di Dio è sfigurato nei fratelli, vorremmo tanto assomigliare in qualche modo a quella Chiesa - comunità - famiglia di Dio che Gesù ha certamente sognato e per la quale ha chiesto al Padre il dono dell'Unità. Unità che sentiamo bene vuol dire anche comunione totale di responsabilità, un sentirci compromessi radicalmente nelle scelte di ciascuno e di tutti, un vivere il proprio impegno particolare senza separarsi dall'impegno degli altri.
Essere quindi Chiesa viva, dove Dio è vivo e presente perché ci sono degli uomini e delle donne che si lasciano costruire da Lui, che insieme - nel Suo nome - affrontano la vita e le si offrono senza difendersene. Tutto questo ci aiuta a capire che cristianesimo e sacerdozio vuol dire accettare che Dio ci prenda nelle sue mani e ci offra in questa grande eucarestia che è la storia umana.
Tutto questo ci conduce anche alla scoperta progressiva di una complementarità che Dio ha realizzato e continuamente realizza nella nostra vita: accogliendoci gli uni gli altri con tutta la pienezza dell'Amore di cui Egli ci rende capaci, sentendoci personalmente compromessi nelle scelte e nel cammino di ciascuno, c'è un completamento vicendevole che si compie e che ci viene offerto. Un completamento personale, in quanto ciò che io non posso fare, quello che non potrei raccogliere o mi sarebbe impossibile realizzare, Dio me lo comunica e me lo offre attraverso i fratelli e le sorelle con cui sono una cosa sola: è una comunione di beni che ci rende uomini e donne veri, perché ci arricchisce a tutti i livelli in piena rispondenza al pensiero di Dio e quindi senza ritorni egoistici e senza chiusure individuali. Anzi, il sovrabbondare del dono è motivo di spinta per un'offerta di se stessi sempre più senza misure e senza limiti; è stimolo a non tirarci indietro di fronte alle urgenze dell'Amore di Dio, a dire di «sì» a quel «di più» che ci può venire richiesto da Colui che ha voluto chiamarci a vivere continuamente in novità di vita. Un completamento di Chiesa, nel senso che ci sembra sempre più chiaro che solo rischiando insieme tutto per il Regno di Dio, tentando insieme di obbedire alla Volontà del Padre, sia possibile offrire ai nostri fratelli dispersi e frantumati sui mille sentieri della vita l'immagine di quell'unica strada a cui Dio chiama l'Umanità: strada sulla quale è un Popolo unico che deve camminare, un popolo tenuto insieme dall'Amore, in cui le singole persone non sono schiacciate e sopraffatte dalla mano di nessun padrone, né ridotte a massa anonima e schiava di qualsiasi mito, ma dove ciascuno ritrova se stesso perdendosi nell'altro, dove la vita si conserva nella misura in cui la si offre e la si dona, dove l'unico potere è il servizio fraterno e l'unica mano che guida è quella del Padre.
Ci sembra di avvertire - nonostante la fragilità dei nostri passi - che, nella misura in cui accettiamo di vivere insieme il sogno di Dio rivelatoci da Gesù, l'uomo nuovo cresce e sempre più cancella i segni della presenza dell'uomo vecchio. E cresce quindi sempre di più quella realtà di cristianesimo e di sacerdozio le cui misure vanno ricercate nel mistero di Cristo, nella latitudine e profondità del Suo Cuore di Figlio dell'uomo e Figlio di Dio.




don Beppe


in La Voce dei Poveri: La VdP giugno-luglio 1971, Giugno 1971

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