I rischi del nuovo

Si discorreva nel numero passato di un dovere fondamentale, decisivo da avvertire nel profondo della nostra coscienza cristiana e sacerdotale, pena una impossibilità di una fedeltà, di una coerenza, di una testimonianza: il dovere del nuovo, il coraggio cioè di essere nuovi ogni mattina per un andare avanti, per la realtà di un camminare e quindi per una autenticità di ricerca di Regno di Dio in questo mondo, nella storia umana, dove l'instancabile fatica dello Spirito Santo pone continuamente lieviti nuovi e accende nuove luci.
Logicamente restando fermo, stabile, immutabile ciò che è il Pensiero e il Mistero di Dio, rivelatoci da Gesù e, nella continuità di Lui che è la Chiesa, offertoci con particolare chiarezza e sicurezza.
Perché ciò che è di Dio è necessariamente immutabile: porta in sé la fissità dell'eternità anche se riversata nella mutabilità del tempo. E' manifestazione di Lui, del suo Essere completezza assoluta, tutta insieme, senza inizio e senza fine.
E' però meravigliosamente adorabile il nascondersi di questo assoluto, quasi a spinta senza possibilità di riposi, nel relativo dell'esistenza che ha come indicazione lampante del suo modo di essere, la perfettibilità, cioè la necessità del muoversi, dell'andare avanti, del divenire, come dicono quelli che se ne intendono. Ma come vediamo tutti dal sorgere del sole al mattino al suo tramonto di ogni giorno, da una semplice occhiata, come a voltarsi indietro, a guardare il passato.
Il Mistero della Chiesa e la sua difficoltà forse più sconcertante è l'essere fatta, costituita, in modo così essenziale per lei, di questa fissità e di questa mutabilità: questo suo dovere essere punti fermi, indiscutibili, come immersi e abbandonati nella corrente, a volte tanto vorticosa, di un fiume. Albero radicato, venuto su da piccolo seme e che deve crescere e crescere fino a che i suoi rami coprano tutta la terra, ma radicato e così fortemente che non vi è vento di tempesta, né dilagare di acque che possa spostarlo e travolgerlo. Quando succede che qualcosa si lascia strappare e portar via inevitabilmente è come quei rami secchi che la risacca del mare rotola ad insabbiarsi sulla spiaggia.
E nel frattempo, cioè mentre persevera questa immutabilità che unicamente la rannoda a Dio e ne fa la voce incessante, la rivelazione continua nel fluttuare del tempo e nell'accavallarsi incalzante delle generazioni, come mare a rincorrersi senza fine, fino al punto che, ecco, è come se Dio, attraverso la Chiesa, sì manifestasse a me, a te, al mondo, nel frattempo la Chiesa deve rinnovarsi incessantemente, ha bisogno assoluto di rinascere, di essere diversa, di essere continuamente «nuova creatura».
Perché, prima di tutto, «Dio è Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e cioè non un Dio di morti, ma di viventi».
Perché è testimonianza la Chiesa che Cristo è risorto da morte e quindi di Cristo vivente, di Cristo cioè che attraverso se stesso, vivo, vive la storia e la domina e la salva perché la possiede e la vive Lui, vivente, questa nostra storia che diversamente sarebbe storia di morti.
E la testimonianza di Gesù Cristo risorto non è l'apologetica delle prove storiche della sua resurrezione, quella che conta e che decide dell'autenticità di questa testimonianza, ma che Gesù Cristo è risorto e che è inizio di esistenza nuova, cioè l'esistenza vera e unica dell'uomo, e Lui è questa vita vera e la vive nella Chiesa e attraverso la Chiesa in proporzione a quanto la Chiesa è creatura nuova, diversa, esistenza vera: resurrezione incessante.
E poi perché il Regno di Dio è venuto in Gesù Cristo e in Lui si è compiuto, è vero e è il formidabile motivo di gioia e di sicurezza che porta in sé la Chiesa e la Fede di ogni cristiano, ma deve venire storicamente, ad ogni giorno di più, come lievito che allarga sempre più la sua lievitazione, come luce che si espande a illuminare tutta la casa, come Amore che cresce e è fuoco ad incendiare tutta la terra, come vita che sempre più è sovrabbondanza, sempre più violenta e appassionata dell'universo, in Gesù Cristo, fino alle misure per cui Lui sarà tutto in tutti.
E' questo movimento, più impossibile a frenarsi di quello che muove le costellazioni, che pervade la Chiesa e la muove. E la Chiesa non può non risentirne la violenza, non può rimanerne di fuori: come chi si ferma sulla sponda a guardare il fluttuare del fiume. E' «acqua viva» dentro la marea della storia, a viverne tutto il dramma e il destino.
E se la Chiesa si fosse posta là dove unicamente è il suo posto, nella mangiatoia di Betlem, nella fatica e povertà di Nazaret, sulla montagna delle tentazioni e delle Beatitudini e del Calvario, e cioè dove vivono e lottano e muoiono i poveri, gli oppressi, gli sfruttati, sarebbe incessantemente risorta a nuova vita e sarebbe nel mondo il Vivente, e cioè sempre Lui e unicamente Lui, Gesù Cristo, il Figlio di Dio e il Figlio dell'Uomo. E cioè l'immutabile, l'assoluto, la completezza perfetta, adorabile nel suo essere unicamente e totalmente Se stesso e il nato da donna che vive e muore e risorge perennemente, a lottare per l'Amore e la libertà, e cioè perché gli uomini siano veri. La Chiesa come Gesù Cristo levata di mezzo continuamente e sempre presente, povertà di esistenza umana, senza veli e mascherature, nuda e cruda, carne e sangue, ma viva e vivente, chiara e splendente aderenza al momento presente e profezia sicura del tempo che viene, annuncio di verità senza dubbiosità e incertezze e garanzia di sicurezze future, per una incarnazione vera, per un compromettersi sincero, per un coinvolgersi senza timore.
Deve essere pur possibile - se non altro perché Gesù questo ha sognato e vissuto Lui personalmente e questo gli Apostoli hanno capito e consegnato perché questa è la loro testimonianza - deve essere pur possibile che la Chiesa sia il Figlio di Dio e il Figlio dell'uomo.
Diversamente sarà una istituzione, una gerarchia, una liturgia, forse un popolo (ma non ci convince molto la faciloneria con cui si confonde a questi nostri tempi - appena qualche anno fa sarebbe stata affermazione da S. Uffizio - Chiesa - comunità - popolo di Dio, ecc.), sarà una legislazione a Diritto Canonico, una teologia a tavola anatomica di Dio ecc-, ma non sarà la Risurrezione di Cristo, esistenza sempre nuova perché vivente, a offrire all'umanità l'uomo immagine e somiglianza di Dio, e una umanità che si chiama Chiesa (cioè il mondo di quelli che Dio ha eletti e scelti) esistenza tipica, indicazione e realtà sicura di una umanità diversa, quella che Dio ha sognato creando gli uomini e di cui Gesù è la realtà perfetta e quindi la salvezza.
E' problema di fondo per noi questa alternativa, come pensiamo sia di tutti (con forse soltanto una diversità di misura di angoscia, nell'affrontarlo e viverlo) di tutti coloro che cercano dal profondo del cuore il Regno di Dio e vi mettono di contro e vi giocano totalmente se stessi.
E' Amore alla Chiesa questo sentirci costretti -- sottolineiamo costretti - a prendere decisioni di scelte precise e ad adoperare distinzioni che risultano fondamentali e indispensabili.
Non intendiamo separarci da niente e da nessuno e specialmente da un carico storico anche se a volte ci sembra che ci soffochi: ma non possiamo continuare ad evitare la presunzione - se presunzione è - di cercare di avere quel briciolo di fede -- piccolo come un granello di sabbia - da poter dire alla montagna: levati di lì e gettati in mare.
Lo diciamo questo e vi mettiamo tutta la Fede di cui siamo capaci, a ciò che è nella Chiesa la montagna, vogliamo che si sposti e si getti in mare e lasci libero spazio a dove il buon seminatore della parabola, al mattino, ad ogni nuovo levar di sole, getti a piene mani il suo seme che nel perdersi a ventaglio porta però in sé la speranza di trovare un po' di buon terreno.
Sempre più bisogna avere il coraggio di operare distinzioni e separazioni: dolorose e pericolose quanto si vuole, ma è il nuovo che lo Spirito Santo e i tempi, impongono sempre di più.
Perché se qualcosa deve essere vivo (Cristo risorto) è necessario che qualcos'altro muoia, o che almeno viva per conto suo e quindi obbedisca alla legge inesorabile del tempo, quella della ruggine che mangia anche il ferro...
L'importante è che viva per conto suo e con le sue forze: quelle degli uomini che ne formano l'istituzione. Ma la pretesa che tutto quello che gli uomini sono ed operano - sia pure resi sacri da una consacrazione di battesimo, di sacerdozio, di episcopato - sia Chiesa, non ha letteralmente più senso ed espone ad equivocità semplicemente ripugnanti.
Sappiamo bene quanto la distinzione sia difficile e rischiosa, anche a tutta l'abilità raffinata del distinguo della teologia scolastica, tomista, che ci hanno tanto inculcata, quasi a farcene una seconda natura, mentre eravamo sui banchi di scuola di Seminario.
Non possiamo non affrontarla: è per la possibilità e quindi la chiarezza della Fede per noi e per gli altri.
La distinzione per esempio - così tanto per enunciazione di temi - fra Vaticano e Chiesa. L'uomo di Chiesa e la sua storia e Gesù Cristo e la sua storia. Le leggi dell'uomo e quelle di Cristo, e così via.
Niente da temere perchè non intendiamo - e come potremmo, ammesso che ci interessasse - su un piano dottrinale, culturale, ecc., affrontare problemi così grossi. Ma così, semplicemente, come se li pone e ne sente l'urgenza l'uomo della strada e anche il prete che gli cammina accanto.


La Redazione


in La Voce dei Poveri: La VdP maggio 1971, Maggio 1971

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