Storie di lavoro: una lettera

Ti penso là sul mare fra i tuoi compagni pescatori; deve essere molto bello anche se è senz'altro molto duro. Spero che piano piano tu ti abituerai al mare e non ti farà più star male.
Certo il mare visto dalla riva è tutta un'altra cosa che esserci in mezzo... specialmente d'inverno, è un lavoro molto duro, però un lavoro che appassiona.
Il mare con la sua immensità, con la sua durezza e con la sua bellezza deve temprare dei tipi di uomini semplici, silenziosi e profondi; sono sicura che ti troverai molto bene fra loro, Gesù si è sempre trovato bene con loro, come se avesse avuto una simpatia per quegli uomini rudi come gli alberi sbattuti dal vento e semplici come bambini. «Essi, lasciate subito le reti, Lo seguirono...» e ancora: «Essi, abbandonando prontamente la barca e il padre, Lo seguirono...». Ora, quando li vedo qui, penso sempre a te.
Sono tanto contenta che tu, caro don Beppe, sia potuto entrare alla Fervet. Ti penso in tuta in mezzo a tutti gli operai e sono immensamente felice che tu sia il loro Sacerdote, proprio perché tu sei di Dio e di loro, li puoi rappresentare tutti e di più li puoi accogliere tutti nel Suo Sacerdozio.
Anche per te, caro don Mario, è lo stesso Mistero che porti nella carne e nell'anima, siate felici immensamente di essere Preti, Sacerdoti del mondo operaio.
Se sapeste quanto ho chiesto a Gesù di mandare dei Sacerdoti fra i lavoratori, che vivessero la loro vita, che la sera avessero la schiena rotta dalla stessa fatica, che non potessero disporre più di loro, del loro tempo, della loro persona, della loro libertà, un po' come i prigionieri in un carcere; ho chiesto che tutto questo consumarsi giorno per giorno per vivere fosse raccolto e vissuto nel Mistero di Gesù, nel Suo Sacerdozio attraverso voi, i Suoi Preti; niente e nessuno può sostituire questa vostra vita vissuta così.
Ho sempre sognato dei Preti che venissero insieme a Lui a «perdersi» nel mondo del lavoro, a morirci dentro, non a parlare, a incoraggiare, a guardare la corrente e a sorvegliare il limite di guardia... ma a gettarcisi dentro, come ha fatto Lui, Gesù, perché Lui non deve essere soltanto «annunciato», «predicato» o «commemorato» nelle feste comandate. Deve essere vissuto, deve essere vivo e vero, incarnato nei Suoi, pur rimanendo nel Suo Mistero; gli uomini hanno bisogno d'incontrarlo subito, sentirlo vicino a loro, devono poterlo chiamare, stringergli la mano, guardarlo negli occhi, indovinarne tutto l'Amore, sia pure in maniera confusa e forse senza sapere che è Lui.

una sorella operaia



in La Voce dei Poveri: La VdP aprile 1971, Aprile 1971

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