Una lettera al Papa
Volevo scrivere al papa. Gli volevo dire tuta la pena, la sofferenza e la vergogna che sento in cuore per il suo «silenzio». Non che il papa non parli: la sua voce non la sento chiara e precisa, come di parola che chiami ogni cosa col suo nome. Mi sembra troppo generica, diplomatica, quasi timorosa di abbattere, sradicare, spezzare i falsi legami che avvincono i cuori degli uomini e compromettono la Chiesa di Gesù con il «mondo» per cui Egli non ha voluto pregare.
Gli avrei voluto dire di fare qualcosa di preciso per quello che succede da troppo tempo, in modo così spaventosamente assurdo e terribile, in quel pezzo di terra insanguinata del Vietnam...
Avrei voluto comunicargli la pena immensa che mi brucia il cuore di sapere che laggiù, fra i soldati americani mandati a uccidere e ad essere uccisi, ci sono dei preti come me, consacrati dal Sacerdozio di Gesù, dall'amore di Gesù, che celebrano la Cena della Riconciliazione e dell'Alleanza nel Sangue di Cristo in mezzo a tutto quel sangue di fratelli. Dei preti come me, che in quella terra lontana sostengono spiritualmente degli uomini che sono agli ordini degli assassini che li manovrano da lontano, a loro piacere: il Sacerdozio di Gesù, quindi, messo a servizio della crocifissione tra fratelli, invece che della loro risurrezione...
Volevo chiedere al papa di dire a tutti i cappellani americani che sono nel Vietnam di tornare a casa, di lasciar soli quegli uomini, perché dove ci si ammazza, Dio non può abitare («chiunque odia il suo fratello è omicida, e l'amore di Dio non è in lui » - 1 Giov.).
Ne abbiamo parlato una sera fra noi della comunità. Ci siamo detti le cose con grande franchezza e tanta sofferenza. E' un peso che sentiamo tutti nell'anima e portiamo dentro da tempo. Ma abbiamo dovuto constatare, alla fine, che non sarebbe servito a nulla scrivere al papa. Sarebbe stato come gettare acqua in mare, perché la lettera nemmeno sarebbe arrivata a destinazione. Perché non è possibile per dei preti scrivere una lettera a chi nella Chiesa dovrebbe essere così vicino e raggiungibile perché all'ultimo posto (essendo il primo) e sperare che la lettera giunga sul suo tavolo e parli al suo cuore.
Allora abbiamo pensato che bisognava affrontare questo grosso problema allo scoperto, con i poveri mezzi che abbiamo, dalle pagine di questa «lettera aperta» del nostro giornale.
Perché bisogna assolutamente che ciò che ci è stato sussurrato agli orecchi, venga gridato dai tetti, unicamente per amore.
Uno della Comunità
Dio responsabile della guerra?
Anche le cose più terribili si sopiscono facilmente: si accendono sensibilità a fiamme e fuoco e subito dopo è un po' di cenere che raffredda rapidamente. E' la spaventosa potenza del tempo che riesce sempre a livellare tutto e a far tutto cadere nella dimenticanza.
E' nemica di Dio questa potenza narcotizzante del tempo. E' disgrazia per l'umanità. Perché è da qui che viene fuori quella terribilità di ricominciare sempre da capo, come se il passato non fosse esistito.
Mi ha molto impressionato la vicenda del processo a Calley per la strage a My Lai, nel Vietnam. E' già stato tutto dimenticato, tutto superato. I morti (gli Americani del processo ma tutta - o quasi - l'opinione pubblica) hanno seppellito i morti coprendoli di documenti processuali, di pagine di giornali, di lettere a fasci e di telegrammi. Chi non è stato «seppellito» è Calley e cioè la guerra del Vietnam e cioè la guerra e cioè l'esercito, il militarismo, le fabbriche di armi, l'economia-sfruttamento dell'assassinio legalizzato e benedetto.
E l'umanità continua ad essere sempre la solita umanità che trova giustificazioni per tutte le cose, pur di salvare le sue possibilità di continuare ad essere disumanità.
Mi ha molto impressionato una frase dello psichiatra di difesa della corte marziale, il quale, dimenticando il significato e il valore del processo di Norimberga, ha detto: «E' la guerra. Se si deve dare la colpa della guerra a qualcuno, tanto vale prendersela con Dio. Non si può dare la colpa agli individui o alle nazioni ». (Panorama del 18 marzo 1971, pag. 33).
Mi sgomenta questa dichiarazione di colpevolezza di Dio nei confronti del crimine più spaventoso e assurdo che è la guerra. E mi viene in mente la fibbia del cinturone di cuoio delle SS tedesche dove era inciso: Dio è con noi. E rivedo gli scudi crociati e le bandiere crociate delle guerre sante...
E mi ricordo delle benedizioni delle armi, delle Messe su tutti i campi di battaglia, di cardinali in visita alle truppe, di generali con tutti i privilegi del grado, e sono vescovi. E preti e frati con stellette e spalline e la croce sul petto, e sono i cappellani militari.
Non ho voglia di confondermi in disquisizioni teologiche ed esegetiche o filosofiche e accidenterie del genere, per dimostrarmi (a me prima di tutto perché mi sia possibile conservare la Fede e poi trovarmi nella condizione indispensabile per proporla agli altri) per dimostrarmi che Dio non è il guerrafondaio che provoca e guida le guerre. Non è Lui il responsabile della disumanità degli uomini.
So bene chi è Dio e quali sono i veri rapporti fra Dio e l'umanità quando a Dio è stato possibile manifestarsi agli uomini, direttamente e immediatamente e cioè personalmente, in Gesù Cristo, suo Figlio, cioè l'espressione, l'essere vero e totale di Dio nella realtà umana: e non più condizionato da uomini e dalla loro storia, cominciando da Abramo, il popolo eletto, Mosé, Giosuè, David e tutta la Bibbia: racconto di Dio e dell'umanità prima e in attesa della pienezza dei tempi e cioè delle misure estreme al di là delle quali era ormai impossibile ogni altra manifestazione di Dio agli uomini, altro che attraverso una sua personale venuta.
Dio, per chi vuol sapere ciò che unicamente e in maniera assoluta Dio possa essere, è Amore.
E l'annuncio di Dio e la dimostrazione della sua esistenza e del suo essere, all'umanità, è nella misura in cui Dio viene scoperto, conosciuto e amato come Amore.
Gesù ha chiamato e vissuto Dio, Padre suo e nostro, e ha così testimoniato di Dio manifestandolo nella luce più pura e trasparente nella quale soltanto è possibile «vedere» Dio.
Vi sono distinzioni di valori che si impongono sempre più. E' un processo di liberazione semplicemente adorabile questo precisarsi a caratteristiche inequivocabili di ciò che è di Dio e di ciò che non è di Dio e nemmeno a Dio riducibile, anche se affogato nell'acqua santa.
La Chiesa dai segni dei tempi e dalla violenza dello Spirito Santo che la sta scuotendo dalle radici, è chiamata ad annunciare che cosa vuol dire Dio e chi è Gesù Cristo: è presenza profetica ormai la Chiesa nel mondo. Non è più possibile ogni compromissione sia pure a scopo di beneficenza, ogni collusione anche se per amministrare sacramenti, perché queste intenzionalità finiscono per giustificare il sacrilegio, cioè il confondere e fare tutt'uno di Dio e del diavolo o se non altro tentare, in qualche modo, di metterli insieme e farli andare d'accordo.
Sempre più la storia scopre, strappandogli via le sacre vesti di cui si è sempre rivestito molto furbescamente, quel mondo per il quale Gesù Cristo, la sera prima di andare a morire, e quindi nel momento più supremo del suo essere Amore, si è rifiutato perfino di pregare e per il quale sicuramente non è risuscitato con Lui e non può e non deve vivere della sua vita personale e della sua vita storica che è la Chiesa.
La responsabilità della Chiesa, popolo di Dio, corpo di Cristo, dai fedeli fino ai vertici della Gerarchia, sono gravissime nel rifiutarsi di prendere coscienza di questa maturazione e crescita di Regno di Dio nella storia e di non operare ancora rotture chiarificanti e liberanti, in modo che sempre più la Chiesa abbia scopertamente il volto di Dio e sia Cristo vivente fra gli uomini.
Il problema della presenza della Chiesa e della sua gerarchia, ma specialmente del sacerdozio, ufficialmente, nell'esercito, cioè nelle forze armate, cioè fra i mitra e i cannoni e l'ingranaggio del militarismo che li manovra, non è problema disinvoltamente risolvibile con la pastorale presso i militari.
C'è qualcosa che conta di più della pastorale spicciola della buona parola, dell'assistenza fraterna, dell'amministrazione dei sacramenti, ecc.. Di tutto quello, insomma - e lo dico con profondo rispetto - che i cappellani militari, di bene e di sacerdotale, compiono nelle caserme.
C'è qualcosa che conta di più. Che Dio sia liberato dall'essere compromesso nella guerra, dall'essere tirato da una parte o dall'altra perché aiuti ad uccidere meglio e di più i fratelli. C'è l'annuncio del Vangelo che è realtà di Amore e di pace anche a costo della Croce. E non se ne possono strappare delle pagine per nessun motivo al mondo.
La Chiesa non deve più predicare la pace, ma condannare la guerra. Maledirla in tutto quello che guerra è e a guerra porta, perché è spiegabile e giustificabile soltanto con la guerra.
Diversamente la Chiesa continuerà a portarsi nella sua storia la responsabilità, pesante e agghiacciante, di fronte al mondo e al problema della Fede, di coinvolgere Dio e Gesù Cristo negli orrori della guerra fino a sospetti e giudizio di colpevolezza di Dio, da raggiungere i limiti spaventosi del più orribile sacrilegio.
E' un discorso lungo (perché può iniziare da quando le croci apparvero sui labari dell'esercito di Costantino) e complesso (perché vi sono coinvolti problemi di pastorale, di imprese eroiche, d'interessi di privilegio e di meccanismi politici ed economici) è un discorso lungo e complesso quello dei Cappellani Militari e della compromissione della Chiesa col mondo militare e cioè con tutto quel mondo tenebroso che è la guerra che si rifà alle radici della peggiore istintività dell'uomo, si svolge e fiorisce nei propagandismi patriottici e ideologici, fruttifica in cataclismi sempre più inimmaginabili di disumanità: il tutto raccolto dalla ragione economica e spinto fino alla pazzia da uomini pazzi, ma lucidissimi, nell'allagare il mondo di sangue innocente. E si conclude in medaglie al valore, in potenze classiste e razziste e in cimiteri da ricoprire tutta la terra.
Allora, arrivati a questo punto, è giusto sui cimiteri mettere foreste di croci.
Ma sarebbe molto più giusto togliere via anche il minimo segno di croce da tutto ciò che questi cimiteri prepara e costruisce perché non ha altro significato e motivo che la guerra, questo spietato carnefice dell'umanità.
Gli uomini facciano quello che la loro disumanità li spinge a fare, ma non mescoliamoci Dio.
E' di qui che deve cominciare la liberazione di Dio da tutto quello che gli uomini hanno fatto e fanno perché sia impossibile perfino l'idea che Dio esista. E Gesù Cristo un assurdo.
E' scandaloso che la Chiesa gridi e preghi pace e nel frattempo continui ad essere nell'ingranaggio spietato della guerra.
Don Sirio
in La Voce dei Poveri: La VdP aprile 1971, Aprile 1971
Luigi Sonnenfeld
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