«Giovanni XXIII è stato per gli uomini di ogni fede e condizione, dai grandi della terra ai popolani delle borgate romane, un fratello in cui riconoscersi e una grandezza a cui inchinarsi... Oggi - non è retorica dirlo - il mondo intero piange. Aveva liberato forze nuove al progresso, aveva gettato a piene mani semi di pace. Per la prima volta uomini di nessuna religione si chinano riverenti dinnanzi ad un Papa». (G. Pieraccini).
«Il fatto che gli uomini abbiano corrisposto al suo amore, dimostra che le inimicizie e dissenzi dell'umanità non costituiscono la realtà completa della condizione umana.
Sappiamo che il miracolo compiuto da Papa Giovanni non trasformerà il mondo: non diventeremo di colpo «uomini nuovi»; ma l'eco universale suscitata da Papa Giovanni dimostra che per quanto l'uomo possa essere incline al male, permane in lui un attitudine alta bontà. Per questo non dobbiamo mai disperare che il mondo possa diventare migliore » (W. Lippmann).
«La gente semplice di ogni paese del mondo ha più o meno consapevolmente compreso e apprezzato ciò in Giovanni XXIII, e perciò, in primo luogo, gli ha voluto bene.
Ma gli ha voluto bene anche perchè, disabituata a tali immagini, essa ha apprezzato in Lui, quel suo essere e sentirsi figlio di contadini, quella sua spontanea ma anche calcolata capacità di assomigliare più ad un parroco di campagna che ad un sublime potentato della Curia Romana» (M. Alicata).
«Di più: con mia grande sorpresa, e quasi non credevo ai miei occhi e alle mie orecchie, ho constatato quello slancio spirituale in uomini del tutto miscredenti, addirittura cinici, usi a farsi beffe delle cose più sacre. E che cosa vedevano in Lui di tanto straordinario?
In Lui vedevano, o forse scoprivano per la prima volta, la bontà, da cui si sentivano travolti». (D. Buzzati)
in La Voce dei Poveri: La VdP giugno 1965, Giugno 1965
Luigi Sonnenfeld
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