Diciamo «lontani» tanto per intenderci, non davvero per fare classificazioni e tanto meno per distinguere noi pensandoci «vicini».
Chi è lontano e chi è vicino?
Trattandosi della misura di rapporto con Dio, solo Lui può giudicare. Guai a noi se ci accaparriamo i primi posti, quelli che stanno giro giro intorno a Lui, e ci mettiamo a sedere sulle comode poltrone della nostra sufficienza e tranquillità di coscienza, fidando di avere posato sopra la nostra fedeltà il compiaciuto, benevolo sguardo del Padre Eterno. Non siamo degli eletti per fare un comitato d'onore intorno alla Maestà di Dio, riportandone gloria e prestigio e privilegio.
Perché allora sicuramente non saremo vicini, ma spaventosamente lontani. Lontani come nessun altro essere umano può essere lontano da Dio.
Se poi guardiamo il problema dei lontani e dei vicini, riferendoci al Mistero di Gesù - Dio fatto uomo per venire vicino agli uomini, in mezzo a loro - allora è possibile precisare con una certa chiarezza chi sono i vicini e i lontani.
I sommi sacerdoti, gli uomini del Sinedrio, i responsabili della politica, gli uomini della cultura, i potenti, i ricchi, i dominatori, gli sfruttatori, i sistemati, i calcolatori, i prudenti, i saggi... sono rimasti decisamente lontani da Gesù. Così tanto lontani che hanno voluto che vi fosse fra loro e Lui la lontananza terribile della morte. E hanno creduto di risolvere ogni problema levandolo di mezzo.
E questa lontananza è continuata. E non può non continuare perché il cristianesimo non è fatto per questi lontani. Se rimangono quello che sono non possono che rimanere lontani.
Per potersi avvicinare bisogna che diventino poveri, piccoli, umili, semplici, pacifici, puri di cuore... generalmente non se la sentono e rimangono lontani. E sono lontani anche se danno un'offerta «cospicua» per la costruzione di una Chiesa o se portano un cero nelle processioni del S.S. Sacramento.
Ma sono altri «lontani» problema angoscioso, motivo di pena infinita, perché rattrista in modo terribile costatare che sono ormai lontani quelli che sono stati vicini a Gesù.
I pastori di Betlem, la povera gente di Nazaret, quei pescatori, le folle senza pastore, i bisognosi di tutto, dalla guarigione fino al pezzo del pane, i pubblicani, le meretrici, alcune donne, il povero popolo... il cireneo a portarGli la croce. I due ladri a morirGli accanto... E gli sono vicini perché ha scelto la povertà come esistenza, l'umiltà, il lavoro, l'essere niente, l'essere schiacciato e vinto, il morire sulla croce, solo, abbandonato da tutti...
Chi è povero, chi vive delle sue braccia, chi è nulla, chi è sfruttato e sopraffatto, chi soffre soltanto e sempre, chi vive giorno per giorno come gli uccelli dell'aria, chi muore continuamente sulla croce della fatica..., non può essere lontano da Lui. Gli è vicino come nessun altro gli può essere vicino.
Gli appartiene questa gente, è cosa sua. Sono cristiani di diritto e di fatto. Sono il suo popolo.
Perché i poveri si sono allontanati da Lui?
Perché i lavoratori sono ormai così lontani, fino ad essere «i lontani»?
Perché il povero popolo abbandona sempre più la Chiesa e Gesù Cristo?
Perché va a cercare altrove, lontano da Lui, la speranza e la fiducia?
Sono questi lontani l'angoscia che colma il cuore fino all'impossibile perché vogliono dire che Gesù è «lontano» ormai dalla vita concreta, reale, storica, di ogni giorno. Lontano dalla vita dell'uomo della strada. Dall'operaio nell'officina. Lontano dalla casa popolare di periferia. Lontano da chi soffre la fame, da chi patisce ingiustizia, da chi è inchiodato alla croce. Da chi è vinto dalla disperazione. Da chi è tradito e rinnegato da tutti. Lontano dallo svolgimento della storia. Dalle liberazioni dei popoli. Dalla ricerca di giustizia. Dalla voglia infinita di pace che logora il cuore dell'umanità.
E' Lui, Gesù, che è ormai lontano. Anche se è vicino, lì, sull'altare fra le candele e i mazzi di fiori.
Gesù, Dio che si è fatto Uomo per venire ad abitare fra noi.
La Redazione
I figli della luce dovrebbero far leva sul buono che è in un lontano come in ogni oppositore del Vangelo: dovrebbero puntare su questa innata rettitudine, sulla sincerità dei loro atteggiamenti iniziali e renderseli inavvertitamente alleati e benevoli Invece, par che ci troviamo gusto a irritarli e ad amareggiarli con giudizi generici ed umilianti, i quali non rispettano le naturali oscurità né le squisite sofferenze della ricerca.
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Il Cristianesimo è l'inquietudine più grande, la più intensa. Esso inquieta l'esistenza comune nel suo fondamento. Dove deve nascere un cristiano, vi dev'essere inquietudine: ove un cristiano è nato, c'è dell'inquietudine.
don Primo Mazzolari
in La Voce dei Poveri: La VdP aprile-maggio 1965, Aprile 1965
Luigi Sonnenfeld
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