Pierre Lyonnet S.J.

I testimoni della Chiesa dei poveri

di lui hanno detto gli amici: «Egli non amava le particolarità e non riservava nulla per se, ma si donava sempre a tutti». Questo uomo, che si vedeva camminare quasi sempre curvo a causa dei suoi tremendi mali di stomaco: o che seduto, con le braccia conserte si comprimeva lo stomaco, che sul letto di morte confesserà di «non aver vissuto, in dieci anni, un ora sola senza sentire atroci dolori», era ancora capace, alla fine di una giornata e in una estrema prostrazione fisica, di giocare ai maestri o alla bambola, con dei bambini, di dedicarsi interamente agli amici.
Del resto, egli frequentava quasi sempre soltanto povera gente, coloro che non avevano nulla o che non si stupivano di nulla. Erano i poveri i suoi veri amici. Erano sempre sulla sua bocca.
Così, quando egli si accingeva a predicare, tutti sapevano che avrebbe parlato dei Poveri. La terribile notte che precedette la sua morte, agitato ed immerso in un bagno di sudore, pur privo di forze, ad un certo punto si voltò bruscamente verso coloro che lo assistevano dicendo: «su, facciamo cinque minuti di ricreazione... parliamo un po' dei Poveri». Era solo questo che poteva farlo riposare: parlare dei poveri, essere in mezzo ai poveri, fra tutti coloro che si trovavano nel bisogno: o perchè privi di cibo o di riscaldamento, o perchè ammalati, o perchè abbandonati da tutti, o perchè disperati.
Era facile essergli amico. Bastava non avere un cuore chiuso. Ecco la ragione della sua predilezione per i fanciulli, per i poveri, per gli ammalati, i fidanzati, le famiglie dove ci si amava... per tutto ciò che era aperto o che si apriva all'amicizia, per tutto ciò che ricordava la povertà o qualcosa di non soddisfatto.
Era spietato, invece, con la durezza di cuore e con tutto quanto dimostrava ostinazione, indifferenza, sclerosi, impermeabilità. Allora le sue collere erano terribili.
Qualche volta l'amore esplodeva in Lui. Bisognava averlo udito tuonare (il termine non è eccessivo) contro l'ingiustizia, l'egoismo, il denaro. Chi della carità ha un concetto limitato da reticenze o da compromessi, e non sa che anche l'amore è collera, ne era scandalizzato. Veniva scandita allora l'imprecazione: «Guai a voi» indefinitivamente ripetuta dal discorso della montagna, o l'imprecazione di Gesù «Guai a voi, o ricchi»...
Aveva una spaventosa avversione al denaro, per esso concepiva una specie di odio: egli capiva che il denaro è il grande ostacolo dell'Amore, il grande artefice dell'insensibilità, dell'indurimento dei cuori.
Tanta era l'angoscia che gli causava il pensiero del denaro - sempre ingiusto quando viene accumulato, perchè è un insulto alla miseria e perchè rende impossibile la fraternità a causa delle differenze che provoca fra gli uomini - da esclamare qualche ora prima di morire «due ostacoli impediscono il riavvicinamento delle classi: il denaro e la durezza di cuore, ciò mi fa morire... mi fa morire...».
Moriva veramente sfiancato da tante corse, nonostante il male che dentro lo rodeva, dai tanti colpi che aveva battuto alle porte in cerca di denaro per chi non ne aveva.
Sì, fu in quel momento veramente che trovò la sua fisionomia definitiva, il suo volto di indigente, di errante, di affamato. Fu proprio allora che compì la sua vocazione di piccolo povero dell'amore di Gesù e dei suoi fratelli.
Non doveva cadere in altro modo: avvenne la sera del mercoledì 19 Gennaio a Lhorme, dopo aver bussato a un ultima porta: nel gesto del mendicante.
Aveva 43 anni. «Egli possedeva l'immaginazione di chi sa amare, l'immaginazione della sua passione per Gesù Cristo»: così siglano la sua vita, gli amici.


d. R. M.


in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1965, Febbraio 1965

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