La mano di Dio e la mano di Adamo... Non è facile trovare nelle figurazioni artistiche un'opera che esprima così plasticamente il senso dell'uomo e della sua missione, quanto la creazione di Adamo di Michelangelo. Vi è come accennata una continuità misteriosa. Adamo che, quasi proiettato da Dio nel mondo, a Lui si protende con l'invocazione silenziosa della sua mano e del suo sguardo. Mano di Dio - mano di Adamo: una consacrazione figurativa al ruolo d'« immagine »... Quella mano, che si tende come invocazione e nostalgia, è già ritorno. Il silenzio delle due mani...: una consacrazione accolta nel dono proprio dell'uomo davanti a Dio, e che dice ammirazione, dipendenza adorazione... Smarrire questi sentimenti è smarrire il perchè stesso della nostra umanità.
Il silenzio - afferma M. Picard in una sua suggestiva opera - non consiste nel fatto che l'uomo, ad un certo punto cessa di parlare. Esso comincia là dove la parola finisce. Ma non comincia «perchè» la parola finisce, ma soltanto perchè in quel punto si manifesta: e la parola muore se perde il suo legame col silenzio. Nulla in questo nostro tempo ha tanto mutato il volto dell'uomo quanto la perdita del silenzio, la rinuncia al proprio mondo interiore, a quella «segreta» dimora dello spirito che è il vero motivo della sua grandezza.
E l'uomo che ha perduto il silenzio non ha perduto soltanto una sua proprietà, ma ne è stato modificato in tutta la sua fisionomia interiore. Perchè il silenzio non è semplicemente un fenomeno, qualcosa di negativo... quasi - come a volte si dà - fosse una amputazione, un'incapacità dello spirito che non sa donare una parola...
No. Il silenzio appartiene alla natura stessa dell'uomo. Esso nasce e si alimenta nel mistero stesso dell'uomo e di Dio. E la parola che nasce da questo silenzio è sempre qualcosa di essenziale e di divino.
Ma il silenzio non è più un «fatto» tra noi: oggi esso va edificato, attraverso una vigilanza continua dello spirito. Il mondo dell'uomo moderno deve, ad ogni istante e forse più che in passato, ritrovare le modalità del suo silenzio, ricrearsi tutte le possibilità di recupero attraverso gli ostacoli che si oppongono ad esso. Esteriorità, evasione, attivismo e culto dell'effìcacità concreta, il peso dell'utile... quasi l'uomo si sfuggisse indefinitamente.
A qualsiasi piano... il silenzio può compiersi in Dio. Senza la capacità di tacere e d'accogliere la verità stessa sembra sfuggire alla capacità di comprensione dell'amore, così come una testimonianza perdere la sua autorità persuasiva.
Non è la parola che si oppone al silenzio, perchè esso ne è ambito di pienezza interiore. Si può dire «nel» silenzio!... E la parola umana vera, autentica, quella che esprime più che le semplici banalità della vita d'ogni giorno... tale parola ha la sua origine nel silenzio. Perciò il silenzio è sempre qualcosa di significativo, mentre il linguaggio e la parola ne sono la risonanza esteriore, un dono della persona alla persona, una mano offerta alla mano nello stesso cammino...
Vi sono momenti dell'esistenza umana in cui l'uomo deve parlare nel silenzio. L'incontro con Dio nel mistero di un espandersi filiale del Cuore in Lui, la preghiera. Il «sì» del consenso coniugale ed il mistero di una nuova nascita. Il «sì» della Vergine silenziosa che accoglie il Verbo - la Parola di Dio! - nel suo seno: un silenzio verginale abitato «corporalmente» da Dio... Il silenzio della Culla di Bethlehm... Davanti a Gesù Bambino, forse soltanto il silenzio può dire qualcosa, perchè siamo davanti ad un mistero avvolto nel silenzio, la presenza dell'Ineffabile a se stesso. Davanti alla sua Culla il silenzio dice contemplazione, come lo svelarsi di una pace incontaminata colma d'amore che solo l'innocenza accoglie e gode... Immensità fragile di un Dio Bambino così serio, terribilmente serio nel suo amore.
Il silenzio dunque ha un suo linguaggio. Certi sguardi hanno il privilegio di lasciar presentire nel loro casto offrirsi come un livello di una vita profonda: quello in cui i limiti della nostra opacità sono valicati perchè fluisce già in Dio. Qui soltanto, nell'intimo del cuore, è la parola unicamente degna di chiamarsi tale: una parola-silenzio che emana da una intensità vissuta di grazia. Una parola-silenzio che ha la sua radice là dove è il nucleo primo dell'essere stesso: tale silenzio è un silenzio religioso, interiore, come il santuario dello Spirito di Dio.
Parlare allora, si «dirà» Dio: perchè le nostre parole non saranno che il silenzio del Dio del nostro cuore reso udibile!... L'uomo è creato come uditore di «questa» parola!... Accoglierla come tale, è la preghiera. Al silenzio della nostra preghiera non si oppone la parola, ma la molteplicità. Quando l'attenzione si concretizza su Colui che è silenzio, riposo, Dio della pace... allora le formule che prendono tanta parte della nostra preghiera, ci parranno null'altro che un brusìo chiassoso che fan da schermo alla ascesa filiale del cuore a Dio, nostro Padre. Le formule allora - a meno che non ci vengano dal cuore stesso di Dio, come il «Pater» - sono quanto di più povero noi si possa offrire a Dio. Ma esse sono l'espressione della nostra povertà, per questo vanno amate, così come amiamo il nostro nulla e tutto quanto in noi è capace di servire di sostegno a Dio...
Esiste un legame organico tra silenzio e preghiera. Il silenzio come clima interiore, spirituale soltanto nel quale la nostra preghiera è possibile. Questo «clima d'accoglienza» è un silenzio popolato, abitato da Dio... e da esso scaturisce l'efficacia vera della preghiera. Non si può entrare in questo silenzio senza vederlo trasformarsi in preghiera. La preghiera di Gesù, spesso, si alimentava così, là nel silenzio dei monti e delle notti.
Il silenzio sigilla questa dimora dello Spirito che abita il nostro nulla, e ci rivela figli misteriosamente ormeggiati al cuore suo di Padre. E' questo silenzio la dimora interiore, quel «segreto» cui Gesù, in Mt. 6,6 allude e che Egli pone come condizione della Preghiera Cristiana.
Se il silenzio, che il nostro incontro con Dio ci impone, avrà il dono di farci toccare il senso della nostra dipendenza... allora anche la nostra preghiera sarà qualcosa di divino e di fecondo per l'edificazione della Città di Dio nella e attraverso la città dell'uomo; sarà un tempo interiore e spirituale, intenso e sacramentale. Permettiamo - col nostro raccoglimento - alle cose di trasparire quella capacità che esse hanno per noi di appartenere al linguaggio interiore della Parola di Dio, procurando così al suo Amore infinito la gioia di ripetere fuori di sé la Parola e il movimento di luce che sono la Sua Vita Eterna.
T. Renato Marmolino m.S.C.
in La Voce dei Poveri: La VdP gennaio 1965, Gennaio 1965
Luigi Sonnenfeld
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