Un amico ci ha inviato con l'autorizzazione di pubblicarle, queste tre lettere di Giuseppe Gozzini, l'obiettore di coscienza condannato da un tribunale per essersi rifiutato di prestare servizio militare in obbedienza all'ideale della non violenza da lui così seriamente e profondamente sentito come norma di esistenza cristiana.
La pubblicazione di queste lettere è chiaro che per noi vuol dire profonda simpatia per Giuseppe Gozzini e solidarietà con l'ideale cristiano della non violenza.
Le lettere sono state scritte dal carcere durante l'attesa del processo.
d.S.
Ospedale Militare reparto neurologico
Caro don....
sono qui in uno stanzone che rappresenta il manicomio di questo ospedale. Sto mangiando una mela scacciando il pensiero di essere un po' abbandonato da tutti.
Devi sapere che oggi soltanto ho ricevuto la tua lettera, che ho divorato. Poi ho appeso la preghiera al letto. Finora mi ha scritto solo T. che non conosci (più che ateo è un nostalgico di Dio) e gli ho risposto di non fare molto baccano.
Poi, insieme alla tua, anche una lettera dei miei.
Qui è diverso dalla cella di rigore perchè almeno mangio e dormo, ma è anche più triste perché non si può chiudere gli occhi sul " campionario giovanile" che c'è qui dentro: pazzi, falliti, delinquenti, truffatori deliranti con la camicia di forza, ecc.
C'è una suorina luminosissima che pare sia rimasta molto scossa dalle mie parole e, dopo molti dubbi, interrogativi ecc. mi ha detto che sono un prediletto. Vai a capire le suore! E' comunque una figura « incantevolmente straziante» e ci sa fare in questo ambiente. Purtroppo è tagliata fuori perché viene solo a cena e a pranzo. Ti scrivo un po' male perchè sono sul letto.
Non sono meno chiuso che in cella, ci sono sbarre dappertutto, ma dentro ci sono persone vive cui parlare. Sapessi quanto poco riesco a fare per loro, come ci si sente impotenti, mentre loro mi sono così vicini. È necessario che vinca le poche briciole di orgoglio che mi sono rimaste, continuamente stuzzicate, perchè non ho fatto finora che riscuotere la simpatia di tutti. La cella era diventata addirittura un luogo di incontri e di amicizie e venivano in dieci a portarmi da mangiare. Non sai i colonnelli, capitani ecc. che mi hanno voluto " convincere"; non pochi ricorrevano a mezzi subdoli, come " ricatti sentimentali", « tirate patriottico-sociali» ecc.
Continuo ad essere irremovibile, non solo perché la lezione di X mi è proprio entrata nel sangue, ma perché - anche se mi sento molto indegno - penso che nella nostra testimonianza cristiana (si tratta di incarnare una Parola) non possiamo passar sopra alle strutture « storiche» che l'hanno falsata, come resistiamo attivamente nelle piccole « contingenze» che fanno la nostra vita quotidiana. Quanto alle leggi, così assurde nel mio caso, dobbiamo lasciare bagnare il naso da Socrate o dobbiamo proprio ricorrere al mito di Antigone, per capire che sono opera degli uomini e che bisogna superarle quando contrastano con la nostra coscienza? Sono molto stanco, caro don..., perchè sono stato troppo martellato. Il colonnello comandante.... mi ha già regolarmente denunciato e deporrà contro di me al processo di... Sono qui perchè vogliono fare molto in fretta (a... parlavo troppo) e cercano di mettere a tacere la cosa. Il medico dei pazzi, un tipo buffissimo per nulla stupido, mi ha offerto questa mattina (sono arrivato ièri) di «dichiararmi matto» ; infatti tu sei matto - mi ha detto. E' chiaro che non accetterò mai di essere esonerato per tale motivazione (anche se mi ha detto che non dovrò firmare nulla e non mi nuocerà affatto perchè non lo saprà nessuno). Mentre sarò ben felice se per la mia « gastrite duodenale» sarò rimandato a casa, perchè è vera e non presunta soprattutto ora. Nella tua lettera ti sento molto " vivo", presente.
Ciao, ti abbraccio.
Carcere militare
Caro don....
ti scrivo subito per comunicarti il mio nuovo indirizzo... E' una sistemazione anche questa no? Non ho voglia di dirti nulla, perchè a volte gli amici si sentono così presenti (come quésta sera) che il ricordarli è come se si fossero dimenticati.
A parte gli scherzi, qui fa così freddo in cella che riesco appena a tenere in mano la penna.
Voi come state?
Riesco a pregare molto, ma c'è il rischio di pregare da soli, cioè di sentirsi soli nella preghiera. Poi la Chiesa è a portata di mano (ce ne è una ma è " vuota") La presenza di Cristo sulla terra, dapprima nella sua breve vita terrena poi nel Corpo Mistico che è la Chiesa, è oggi misteriosa anche nell'Eucarestia.
Quest'ultima « presenza» è quella che mi manca di più nelle mie condizioni di vita e di salute.
A voi " fortunatissimi", tutta la mia invidia « santa e fraterna». Mi hanno portato qui ieri sera « ammanettato» e sono in attesa della sentenza: il processo è già nella fase istruttoria. Spero di essere giudicato prima di Natale. Vi terrò informati. Posso essere comunque « visitato» (è anche un'opera di misericordia), salvo nuove formalità.
P.S. Mio avvocato difensore è ...direttore de « L'Incontro». Una delle cose più dure per me è che, dovunque vado, metto un po' le radici, mi faccio degli amici e poi non sai quanto mi costa lasciarli. E poi ogni uomo che entra nella tua vita è come se mettesse in discussione tutto, anche se lo incontri sul treno.
Qui la necessità spinge per forza ad « adattarsi», ma c'è il rischio che la vita di galera diventi" normale", ed allora vuol dire che si è dimenticato troppo della vita fuori, che è poi quella vera e normale.
Ti abbraccio.
Carcere Militare
Caro Don...
prima avevo un po' più di tempo per scriverti, ma ora, essendo in una cella mi hanno tolto tutto (le stringhe delle scarpe, la cinghia dei pantaloni, la penna, i libri, l'orologio).
Così riesco a scrivere due righe quando viene qualche « caporale buono» a portarmi da mangiare e mi porta l'occorrente.
Non so come riassumerti la mia posizione di obiettore di coscienza, ma ritengo comunque che sia mia vocazione personale, di cui devo rispondere di fronte a Dio, vivere l'insegnamento evangelico della non violenza.
Sono anche un povero uomo malato, in attesa di processo. So che a Firenze sono duri e mi beccherò non meno di due anni a Gaeta. Tu come stai? È troppo che non ci si vede e non ci si sente e il caporale mi fa già fretta.
Qui il cibo è indecente e quasi sempre freddo, la cella è umida, il tavolaccio è duro. Prego tanto anche per te e sono abbastanza su di morale forse perché faccio questa vita solo da cinque giorni.
Ti abbraccio.
Giuseppe Gozzini
in La Voce dei Poveri: La VdP gennaio 1965, Gennaio 1965
Luigi Sonnenfeld
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