Ho visto Gesù

Andando laggiù «sapevo» che mi sarei incontrato con Lui. Che l'avrei visto lungo le strade sassose. Dietro l'angolo delle case. Con l'ombra stagliata, netta, sotto il sole violento. A salire lungo il pendio pietroso delle montagne. Lassù, sotto le stelle così chiare, nelle nottate di solitudine e di adorazione.
Sapevo che mi sarei trovato ai suoi piedi. A guardarlo, anche se con occhi forse dubbiosi ma certamente consumati d'Amore. Mi vedevo a seguirlo di istinto come cane fedele: un cane fedele che non capisce, non sa rendersi conto perchè segue il padrone eppure gli sta alle calcagna senza perderlo di vista.
Sapevo che le sue parole mi avrebbero frustato a sangue e mi mettevano al rischio di fuggirmene via lontano, finalmente stanco di un infinito impossibile, di sogni assurdi, di pazzie inconcludenti.
Sapevo benissimo che era l'ultima prova, dopo anni di riprove e tutto poteva crollare come castello di carta: tutto, gli anni struggenti di preghiera, il lungo piangere nella solitudine, tutto l'angoscioso vincere la realtà concreta dell'immediato con sogni appassionati.
E' terribile avvertire sempre la presenza d'una alternativa, semplice, facile, sicura, normale, perché di tutti, mentre si cerca soltanto l'infinito, l'impossibile. E dopo anni è angoscia incredibile accorgersi che tutto è arrivato a misure di valore estreme da reggere ogni confronto: è allora che ci si accorge chi si deve sempre scegliere e decidere. Che la scelta può essere fatta in un istante, dopo un passo, stringendo una mano.
Dio stesso aiuta questo gioco di alternative e di scelte (in fondo è il bellissimo gioco dell'Amore) rivelandosi in tutto il Suo Essere misterioso e meraviglioso e insieme consegnando le Sue accessività di Amore, così rasentanti l'assurdo, alla nostra razionalità saggia e prudente. Nel frattempo accende purezze nell'anima come aurore limpidissime, colma di gioia per un sognare bellissimo, arricchisce di bontà una foglia, una stella e il cuore di un uomo o d'una donna. Chissà perchè mi ha reso capace di scoprire che tutto è buono e bello e meritevole d'essere vissuto. Chissà perchè ma forse è perchè io, dopo, scelga la sua povertà, la sua solitudine, il suo essere considerato nulla, l'orrore della sua croce e del suo essere mangiato come pane e bevuto come vino.
Mi ha allargato il cuore per gioie infinite, mi ha scavato la voglia che la terra sia tutta cielo, mi ha fatto credere che un essere umano vale quanto Dio... per farmi accettare che la terra sia come una pietra, per farmi aggrinzire il cuore a forza di delusioni, per darmi di incontrarmi con gli uomini soltanto per essere schiacciato.
Da tempo tutto questo contrasto di Dio e di uomo, di terra e di cielo, di sogni bellissimi e di cruda realtà, di carne e di spirito, di Gesù e di egoismo, di follia e di prudenza mi stava soffocando.
Sapevo bene che andare laggiù nella sua terra, correvo un rischio gravissimo perchè tutto sarebbe arrivato allo scoperto, su pianure e montagne, sotto un cielo azzurro di giorno e stellato di notte, senza ripari e nascondigli, faccia a faccia a tu per tu. Io e Lui.
Si, un rischio. Un rischio di perdere tutto, ma anche un rischio che tutto sarebbe potuto essere di più, di più. Così tanto di più da rimanere soltanto, unicamente, Lui. Un rischio per amare di più va sempre corso a cuor leggero. L'ho imparato da Lui, da Dio, a rischiarare tutto perchè tutto possa essere più Amore. E ciò che si è imparato da Lui va sempre bene, anche se non è troppo consigliabile a volte...
E poi Lui è venuto sulla terra, ad abitare fra noi, per farsi vedere e farsi vedere come Uomo, un uomo qualsiasi, nella totalità della condizione umana pur essendo DIO.
Avevo paura di vedere Gesù nella sua terra, nella realtà della sua povera storia, nei limiti così ristretti della sua vicenda.
Avevo paura che quelle montagne me lo soffocassero. Le vallate non potevano non sembrarmi troppo anguste per Lui. I sentieri laggiù sono tanto pietrosi e le distanze immense: avevo paura a vederlo camminare e camminare come un poveruomo spinto dalla fame, come uno straccione senza casa, come un disperato senza riposo.
Quel lago è un cucchiaio di acqua azzurra: cos'è per l'infinità di Dio? E così il fiume. Le rocce aride del deserto. L'orizzonte morto, senza speranza, immobile da millenni.
E poi tutta la storia che gli uomini hanno accumulato su quella terra. Ha levigato le pietre delle macerie. Ha distrutto, riedificato, ridistrutto innumerevoli volte, per motivi d'Amore e di odio, di devozione o d'orrore. E sapevo che anche ora tutto è così conteso e diviso, motivo di rancore, pietrame e terra di conquista. Perfino dove è nato l'Amore, nella mangiatoia, e dove è morto, sulla croce.
Avevo paura. Ma sono andato. E' stato come se Lui mi chiamasse di laggiù. La stessa parola detta a Andrea e Giovanni, invitandoli a casa: vieni a vedere. La stessa parola detta a Levi: vieni. La stessa parola rivolta a Pietro, quando l'ha chiamato sull'acqua: vieni.
Sono andato a vederlo.
E mi sono incontrato con Lui, con Gesù. Siamo stati insieme molti giorni. Con calma serena, senza emozioni, senza fervori. Quando si è insieme, si è insieme e questo è tutto. Cos'è che può avere importanza?
Non abbiamo parlato molto. Anzi quasi niente. Nemmeno mi sono fermato a leggere il Vangelo, Non ce ne era bisogno. C'era Lui e Lui è più di ogni parola. E' vero che Lui è proprio la Parola, la Parola fatta di Lui, Lui stesso. E Lui ha parlato sempre senza pronunciare parola, o quasi.
Mi sono molto perduto invece a guardarlo. A cercar di vederlo bene, con chiarezza, con dolcezza, con Amore. Con semplicità d'affetto. Lo conoscevo bene, già da molto tempo e non lo guardavo per scoprire in Lui qualcosa di nuovo, non cercavo di sapere di più di Lui di quello che già sapevo, lo guardavo con uno sguardo d'insieme, con uno sguardo che abbraccia, che si allarga a ricevere, ad accogliere interamente. E lo vedevo insieme alle montagne, alle vallate, a tutto il lago, con tutto il giro dell'orizzonte, insieme al cielo azzurro e al brillare delle stelle.
Lo vedevo dentro al Mistero di Dio e degli uomini. Cosa Sua, di Dio e cosa nostra. Il cielo e la terra insieme. Io e tu e gli altri e tutti in Lui. Ho visto il tempo in Lui e i millenni della storia. Ho visto l'universo della creazione, guardandolo, ma non come riflesso e tanto meno come sintesi, come è realmente, così vasto e misterioso. Ma specialmente ho visto l'umanità tutta, quando mi perdevo dietro a Lui e lo vedevo camminare lungo i sentieri di pietre, un punto quasi invisibile, nelle vallate riarse di sole, salire e scendere i crinali delle montagne. Povero. Solo. Colmato d'infinità. Segnato da un destino. Senza riposo né quiete. Stanco, polveroso, affranto, affamato. E sempre solo.
Il più povero di tutti gli uomini perchè spogliato dal suo essere Dio.
Ho visto la tristezza del suo parlare, con obbedienza alla Verità, ma senza speranza. Ho capito, perchè l'ho visto, il coraggio delle sue parole. Perchè assolutamente l'ho visto sempre solo. Senza le folle. Come se non avesse avuto nessuno con sé e nessuno ad ascoltarlo. Era come se parlasse al vento. Alla distesa delle pietre. Sulla superficie increspata del lago. Mi pare di averlo visto soltanto pregare, camminare, parlare. E lasciarsi portar via da Dio e dagli uomini. Uno che è di tutti e di tutto come lo può essere soltanto Dio.
Non so, ma specialmente i primi giorni mi ha sgomentato. Sono rimasto come schiacciato. L'impossibile è qualcosa che non si può accettare facilmente e tanto meno subire.
Bisogna superarlo, vincerlo rendendolo una logica serena, dolce, una verità normale, una possibilità di tutti i giorni. E forse il modo migliore per riuscire è abbandonarcisi all'impossibile, giocarvi tutto con tranquilla disinvoltura.
E' dura questa decisione. Somiglia molto da vicino alla morte. E' come affidarsi alla pazzia per risolvere le impossibilità della ragione. Si chiama Fede ed Amore. E nel Mistero cristiano è tutto.
La Fede mi ha dato di incontrarmi con Gesù, di vederlo in piena luce, di sapere tutto di Lui. E ho saputo cose stupende, meravigliose, inimmaginabili. Ho visto ciò che di più bello agli occhi, ma specialmente al cuore, è dato di vedere. E me ne sono innamorato. A poco, a poco, con indicibile soavità e violenza. Finché l'Amore soltanto è rimasto. Da allora siamo stati insieme io e Lui. Come la cosa più normale del mondo.


don Sirio


in La Voce dei Poveri: La VdP dicembre 1964, Dicembre 1964

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