Sono stanco di tutto quel gridare per le strade discorsi a nastro magnetico urlati negli altoparlanti come se fossimo dei sordi.
Mi fa terribile pena questo tentare di strapparsi gli uni con gli altri questo povero popolo. E con discorsi vuoti, accendendo entusiasmi sciocchi, a forza di retoriche inutili. Me lo trattano questo povero popolo come un branco di pecore che vanno dove la voce più grossa le spinge, come canne al vento che dalla parte dove soffia più forte si piegano. Lo so che il popolo è fatto così. E' povera gente per la quale le impressioni sono ragioni infallibili, ma vederle suscitare con trucchi e manovre, mantenerle con illusioni disoneste e sfruttarle con astuzia e furbizia, sgomenta e schiaccia di pena.
Le elezioni non sono cosa seria, così come si stanno svolgendo, per questa mancanza di rispetto verso la povera gente, per lo strano ma impressionante sfruttamento dei poveri per la troppa sfacciata furbizia di pochi che coprono d'ideali stupendi la loro ambizione personale e i loro interessi privati.
Povero popolo, a cui tutti promettono mari e monti per comprarne i consensi, ma che nessuno ama sul serio.
Il popolo è il grande tradito di sempre, l'eterno sfruttato, l'oppresso senza speranze. E' forse nel suo destino servire sempre alle ambizioni, agli interessi di pochi.
Ogni movimento parte con ideali per il bene del popolo, ma poi tutto rimane mangiato dall'ingordigia di pochi. Perfino le rivoluzioni che pur sono nate dal popolo e fatte dal popolo perdono presto le loro rivendicazioni popolari e il popolo rimane massa anonima, senza volto e senza diritti.
Mi fa tanta pena questo povero popolo perchè è ingenuo come un bambino, credulone come una donnetta, buono a nulla anche quando vorrebbe fare paura. E se ne approfittano tutti. Lo rivoltano di qua e di là. Lo mettono in piedi o seduto. Gli concedono la libertà e nel frattempo non lo considerano niente. Gli dicono di cercare il suo benessere e intanto gli fanno soffrire la fame. Lo esaltano dicendogli che lui è il padrone e intanto lo schiacciano senza pietà sotto i piedi. Dicono che il popolo sia perfino la sorgente dell'autorità ma intanto deve sempre obbedire. Gli chiedono i suoi rappresentanti ma poi questi rappresentano tutto meno che il popolo. La democrazia sembra una dittatura e la dittatura dicono che sia democrazia. Ma sia in un caso come in altro la gran massa del popolo non ha alcuna importanza.
Povero popolo a cui tutti la danno ad intendere. E' una palla che tutti si rimbalzano gli uni con gli altri. E' la grossa, turgida mammella da cui tutti mungono il latte. E' il campo dove si va a mietere ciò che non è stato seminato e tanto meno sudato.
E il povero popolo lo sa, è una storia vecchia quanto il mondo e tutti la conoscono e tutti detestano di essere popolo eppure questo povero popolo si ammassa ad ascoltare, si entusiasma ai discorsi, beve gli ideali, si sazia di speranze. E' come una donna innamorata il povero popolo che non si arrende, né si stanca nonostante i tradimenti, le percosse e gli abbandoni.
Dio deve avere tanta pietà del povero popolo, di questa massa immensa di popolo che Lui vede molto bene che è gregge senza pastore. Ha voluto anche Lui avere un popolo tutto per Se e lo ha infinitamente amato e prediletto nonostante l'enorme fatica d'Amore e la incredibile fedeltà di predilezione, che Gli è costata quel «popolo di dura cervice». Lo ha amato il Suo popolo con infinita tenerezza, con le attenzioni più care e le espressioni più dolci.
E poi ha amato il popolo fino a farsi anche Lui povero popolo. Sono per il povero popolo le Sue parole più belle, le difese più accese, gli impegni più formidabili, la Sua buona novella.
Questo povero popolo che Gli risponde a folle immense, a trionfi osannanti. Che Gli risponde chiedendone la morte, lasciandosi sviare fino alla pazzia.
Questo povero popolo. E' difficile amarlo sul serio perchè sembra che preferisca essere ingannato piuttosto che amato. A fargli del bene sembra che si riceva soltanto del male. E spesso ripaga con la dimenticanza e ingratitudine le premure più attente.
Eppure va amato. E non soltanto con l'Amore che vuol fare del bene a tutti i costi e secondo i propri programmi e in certi modi stabiliti dai nostri criteri. Va amato con lo Amore che sa dare tutto senza nulla pretendere. Con l'Amore che sa aspettare con la pazienza che mai si stanca.
Bisogna ascoltarne la voce del povero popolo che spesso è realmente voce di Dio, con serena umiltà e a cuore aperto.
E viverne tutto il destino non dalla posizione di comando e di guida, ma scendendovi dentro fino ad essere come tutti povero popolo.
Che di quest'Amore cristiano più di ogni altra cosa ha bisogno e diritto il povero popolo.
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in La Voce dei Poveri: La VdP novembre 1964, Novembre 1964
Luigi Sonnenfeld
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