Spirito di rinnovamento

Nonostante tutte le apparenze, anche quelle che sembrano tanto favorevoli e positive, attraversiamo sicuramente un periodo di profonda crisi religiosa.
Non è il caso e non è nostro compito, oltre che essere completamente al di là di una nostra competenza, l'indagare e l'approfondire le cause della crisi religiosa che sta attraversando questo nostro tempo. Vi sono gli studiosi di questo problema, le constatazioni pastorali che ognuno, se apre appena gli occhi, può fare con grande abbondanza, vi è anche lo stesso Concilio Ecumenico a compiere questa dolorosa fatica di scoprire e mettere a nudo, con una certa chiarezza spregiudicata, la pesante situazione religiosa del tempo in cui stiamo vivendo.
Quello che potremmo dire noi, povera voce di povera gente, non potrebbe essere qualcosa di più e di meglio, anche se forse, potrebbe essere voce particolarmente addolorata, gemito d'angosciosa trepidazione perchè il marinaio inchiodato sul basamento del motore a seguirne i palpiti possenti, avverte e trema per lo scricchiolio di cui si lamenta la nave, assai più di chi sta sul ponte di comando.
Ma non è che vogliamo lamentarci di qualcosa o anche semplicemente lamentarci per sfogare un innato pessimismo che vede tutto con scontentezza e sfiducia. E' sofferenza vera, è angoscia profonda perchè si ha l'impressione che un tempo di Grazia stia passando senza giusta, storica fruttificazione, perchè nel nostro tempo sembra che stia sempre più aggravandosi una responsabilità non coraggiosamente accolta e allora non si può non temere non tanto per noi e per questa generazione, ma per chi verrà, per le generazioni future condannate dalla nostra incorrispondenza a portare pesi che le schiacceranno, conseguenze che le soffocheranno.
E' problema di coscienza cristiana, individuale e collettiva, del tempo di una vita e di tutta un'epoca storica, misurare la responsabilità delle proprie corrispondenze al Dono di Dio, non tanto per quello che ne può venire a noi stessi, quanto in prospettiva futura, in ordine a tutto quello che ne verrà per gli altri che verranno dopo di noi.
Nella storia della Chiesa o, per meglio dire, nella storia dell'impegno degli uomini per il farsi nel mondo del regno di Dio, ciò che fa particolare impressione è spesso questa mancanza di prospettive future, di un lavorare nel presente rivolti all'avvenire, un cercare che venga, che si compia sempre più il Regno di Dio realizzandone sempre meglio le premesse, creandone più che sia possibile le condizioni.
Se ci chiudiamo nel nostro tempo, nel nostro momento storico, come nella problematica religiosa nostra personale, praticamente ci mettiamo fuori dalla misteriosa concatenazione dello svolgimento incessante e del continuo attuarsi del Regno di Dio.
Succederà che priviamo il crescere storico del Regno di Dio del contributo necessario della nostra età, di questo nostro tempo. Ci saremo aggiustati nella nostra pace interessata, saremo riusciti a difenderci dai pericoli che ci sovrastano, avremo arginato e momentaneamente impedito il travolgerci della fiumana, ma intanto non sono maturate posizioni nuove, non sono state stabilite basi più sicure, la verità non è cresciuta, la giustizia non è aumentata, l'Amore non ha comandato di più, il Regno di Dio, per quanto è dipeso da noi, non è andato più avanti.
Non abbiamo fatto nemmeno le rotture necessarie, non abbiamo voluto rischiare imprudenze, siamo rimasti sul «chi va là», a cercare di tamponare le falle, di rimediare ogni cosa con un paziente e sciocco rattoppamento, dimenticandoci che questo tentare di aggiustare tutto rattoppando sdruciture e strappi di otri vecchi e di mantelli logorati, non è il giusto metodo cristiano insegnato e vissuto da Gesù.
C'è una violenza e una logica di rinnovamento incessante, una necessità di fare ad ogni istante «nuove tutte le cose», bisogna «rinnovare continuamente la faccia della terra» per testimonianza dello Spirito Creatore di Dio che diciamo di avere dentro di noi, per fedeltà di corrispondenza alla potenza di Redenzione, cioè alla forza di salvezza fermentata in noi dalla dolce e prepotente energia del lievito che Gesù Cristo ha deposto in ciascuno di noi e nell'umanità intera e nella sua storia.
Ci sgomenta quando la Chiesa viene accusata di conservatorismo. Quando ci avvediamo che si ha paura perfino di spengere una candela per amore delle usanze. Quando non si vede un po' di coraggio per tentare «un aggiornamento». Quando si va a leggere il Codice di Diritto Canonico prima di rischiare qualcosa e non se ne fa di nulla se non si hanno le spalle bene appoggiate alla legge e il sedere ben sistemato sulla comoda poltrona delle consuetudine centenarie. Quando per stroncare e schiacciare timidi tentativi di nuove cose, nuove idee, nuovi modi di rapporti ecc. (e certe ricerche di un po' più di aderenza al Vangelo, chissà perchè son sempre considerate novità) basta bollare gl'interessati e t loro timidi tentativi di «innovatori» perchè tutto diventi imprudenza, quindi rischio, quindi roba da inquieti, da gente pericolosa da mettere saggiamente e «prudentemente» a riposo.
E' vero che c'è il Concilio a cercare questo rinnovamento: ma è spaventosamente faciloneria imperdonabile stare ad aspettare le novità sotto forma di leggi, di costituzioni, di formule studiate e elaborate sia pure sotto le auree volte dell'aula conciliare. Come se dalla legge potesse nascere lo Spirito e l'Amore e la Salvezza.
Vi è un'anima cristiana, uno Spirito di Dio, un esser nuovi sempre ogni mattina della freschezza della Creazione e della giovinezza della Redenzione che non sappiamo bene da che parte ci potrà venire e in quali maniere. Sta il fatto però, che il mondo dal Cristianesimo, dalla Chiesa e da ciascuno di noi aspetta questa novità, cioè questo Vangelo. E pensiamo che ne abbia tutto il diritto.


La Redazione


in La Voce dei Poveri: La VdP novembre 1964, Novembre 1964

menù del sito


Home | Chi siamo |

ARCHIVIO

Don Sirio Politi

Don Beppe Socci

Contatto

Luigi Sonnenfeld
e-mail
tel: 058446455

Link consigliati | Ricerca globale |

INFO: Luigi Sonnenfeld - tel. 0584-46455 -