Il cristiano, uomo di pace

Il cristianesimo ha per scopo d'introdurre nel mondo uomini nuovi. Saranno uomini rinnovati interamente prima di tutto nella loro struttura interiore, e ciò per mezzo della loro riconciliazione con Dio. La Bibbia parla poco della riconciliazione dell'uomo con se stesso e di quella pace interiore alla quale hanno aspirato i filosofi contemporanei delle prime ère cristiane. La grande rivoluzione, è la riconciliazione con Dio, ed è da questa pace, assolutamente radicale, che nascono gli uomini pacifici. Ne segue che la novità cristiana consiste nell'istituire una stirpe di uomini che rinunciano alla violenza, e che, rovesciando la politica di un mondo infranto, ricercano la pace per mezzo della pace.
I discepoli di Cristo saranno uomini disarmati, muniti solo dell'arma della parola, e che all'esempio del loro Maestro conquisteranno il mondo mediante la sofferenza e il martirio. Per grazia di Dio, la verità sarà più forte della violenza e la sconfitta apparente, del resto inevitabile, si trasforma in vittoria. La partecipazione dei cristiani all'opera di pace del mondo, è la loro esistenza di uomini umili, poveri, semplici, pacifici, senza orgoglio, senza avidità di potenza, sparsi per il mondo.
E' un fermento che deve impregnare la massa, farla lievitare a poco a poco, e lo può fare. Perchè Dio non promette alla Chiesa la sconfitta, Dio non la rende inutile; il fermento deve animare la massa, e se i processi storici son talmente lenti che, ad occhio nudo se ne percepiscono appena le trasformazioni, tuttavia è stato introdotto nel mondo un elemento che deve inaugurare un nuovo modo di risolvere i conflitti ed i problemi della vita comune sulla terra, ed istituire a poco a poco quello stile nuovo, stile di pace che sarà quello del mondo della Resurrezione.
I discepoli di Gesù non sono pacifici solo nella vita privata, o nelle relazioni personali, ma in tutti i campi, a tutti i livelli e secondo l'estensione delle loro responsabilità. «Beati i pacifici». Niente limita le applicazioni di questa esigenza. I cristiani devono edificare tanto le nazioni pacifiche, quanto le famiglie pacifiche o gli individui pacifici. Non solo devono essere pacifici nella loro nazione, ma rendere la loro nazione pacifica. Certo non sono i soli. Appena si affiancano ai loro fratelli, si trovano immersi in mezzo a forze che essi non dominano. Si trovano alle prese con l'urgenza di aggressioni e di conflitti a cui la violenza apporta un rimedio immediato, ma senza stabilire realmente la pace. Ad ogni istante, bisognerà conciliare l'aspirazione alla pace attraverso la pace con la necessità della pace attraverso la guerra. Del resto, i cristiani non sono anch'essi divisi nella loro vita interiore? La linea di demarcazione tra i pacifici e i violenti non passa attraverso ciascuno di noi? Da tutti questi compromessi risulteranno le cristianità, che si potranno o condannare per i loro compromessi con la violenza, o ammirare per i loro sforzi di purificazione che hanno realizzato in sé.
Ma storicamente, gli uomini nuovi, pacifici, non avranno altre possibilità concrete che di stabilire delle cristianità, o piuttosto di rifarle man mano che si disfano a causa dei difetti, e, di tentativo in tentativo, impregnare a poco a poco della loro volontà di pace la dura pasta delle istituzioni umane. La pace, e solo la pace è al termine, come era all'inizio. In Dio vi è la pace, e niente altro che la pace. Ma non sarà invano che Dio avrà fatto intravedere il porto futuro. Non se ne può realizzare qualche cosa fin da ora? La storia non è determinata. Nessuna guerra è fatale; non dipende che dalla volontà degli uomini e specialmente dagli uomini di buona volontà, che la città degli uomini si accosti alla città di Dio, secondo la sua vocazione.
Per lo meno, niente potrà mai scusare i discepoli di Gesù Cristo di non aver tentato tutto perchè ci fosse. Se non è dato loro di riuscire, non sarà loro perdonato di non aver tentato.


J. Comblin


in La Voce dei Poveri: La VdP luglio 1964, Luglio 1964

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