Il tempo ci fa tutti poveri

Ci illudiamo coscientemente nel giudicare la nostra vita come un blocco unito e compatto. La sentiamo così e ad ogni momento crediamo di possederla tutta insieme. Consideriamo in questo modo anche quella parte di esistenza che ancora ci rimane e forse penseremo così anche quando ci rimarrà un giorno solo di vita. Non avvertiamo il suo sbriciolarsi di ogni giorno e il pericolo che tutto in un colpo si sgretoli per spaccature improvvise.
L'istinto ci difende da un terrore che ci farebbe impazzire e l'incoscienza ci sistema nell'impressione, strana che il finire sia rimandato sempre più indietro, sempre più indietro.
Forse ci aiuta in questa strana impressione il senso di doveri da compiere, le cose importanti da fare, l'ideale da raggiungere, il sogna da realizzare... E chiudiamo il finestrino aperto sul paesaggio per non guardare che gli alberi e le case e le montagne fuggono via perché il treno corre e non si ferma mai.
Vogliamo sentirci sicuri ed è pietoso questo impazzimento generale mentre è condizione umana fondamentale non poter essere sicuri di niente. E spesso forse nemmeno sicuri del proprio esistere o no. Siamo sicuri soltanto di non poter essere sicuri di nulla?
Pessimismo, visione nera della vita, tentativo di demolizione dei valori umani e terreni, angoscia sconfortata e senza speranza... può darsi. O è sofferenza terribile per il peso di un mistero che ci schiaccia, di una esistenza che somiglia troppo alle onde spinte una dell'altra a perdersi sulla spiaggia senza lasciare nemmeno il più piccolo segno?
II tempo costringe ad essere a fianco con tutti, lungo il grande viaggio. E il cammino è a piedi. Senza scarpe e senza valigia e si mangia come il bove che lavora nel campo strappando un ciuffo d'erba dal ciglio della fossa. Tutto si fa camminando in questo grande viaggio, come spinti da una fuga indeterminabile e senza riposi. La fatica non può essere sollevata da nulla e da nessuno: ognuno cammina da sé e necessariamente smarrito dentro una moltitudine sterminata. E porta da solo il peso della fatica che cresce ad ogni passo. Tutti uguali e qui tutti poveri cioè soli con sé stessi. L'unica luce negli occhi di tutti è una strana disperata speranza senza però sapere esattamente di che cosa. Tutto il resto viene abbandonato a poco a poco perché cammin facendo ci si accorge che non serve più
Su questo lastrico consunto e levigato da secoli e millenni di cammino di una folla infinita, cos'è che potrebbe dividere? Cos'è che può creare differenza e quindi dolore? Riesce soltanto l'istinto terribile dell'illusione. E la più tragica illusione è ogni tentativo di fermare il tempo. E' di qui che comincia il mio e il tuo e l'avanzare spietato di diritti e pretese. E' il mettere le radici che rovina. Il circondare di siepi il campo, e di mura le città e di confini la terra. E di egoismo il cuore e di interessi unicamente personali il proprio dovere di vita. Tutto in lotta disperata di resistenza abbarbicata a un sasso a una zolla di terra, contro 1'essere strappati via dal tempo e portati chissà dove come una foglia dal vento d'autunno.
E' inutile, non serve. E' roba da matti... Ma è così e ricominciamo decisi ogni mattina.
C'è una sicurezza invece che deve essere scoperta. La sicurezza che deriva dal riconoscere e accettare con serenità e libertà la propria insicurezza e quella di tutte le cose. Poi bisogna umilmente e fraternamente appoggiare questa nostra insicurezza alla insicurezza di tutti e permettere sorridendo che gli altri facciano altrettanto con noi. Di qui forse non ne verrà una forza ma la gioia dei poveri che non hanno nulla e che fraternamente si dividono il pezzo di pane, questo sì. Ed è soltanto così che nasce l'Amore. Sembra strano ma l'Amore nasce e fiorisce soltanto nella insicurezza, in questa misteriosa povertà del cuore umano serenamente accettata e dolcemente offerta. Per questo forse Dio ci ha creati nel tempo che passa cioè nella condizione in cui tutto oggi è e domani non è, perché l'Amore ha bisogno di libertà. E forse liberi sono soltanto i poveri. Il tempo che passa. E pensare che è questo tempo che passa che può renderci veri amici cioè ricchezza gli uni degli altri in pieno dono scambievole. Il suo passare dovrebbe portarci via le incrostazioni di egoismo, la vergogna di ripiegarci sempre sopra di noi, lo sporco di tanto individualismo e la peste di un rancore sordo e implacabile, lavandoci nell'onda chiara del suo fluire calmo e continuo.
Se noi glielo permettessimo il tempo ci trasformerebbe a poco per volta, proprio come è nella sua natura.
Può cambiare i nostri pensieri e rovesciare tante situazioni incresciose. Ammorbidire ed attenuare ogni durezza. Addolcire tanti dolori. Aprire e allargare tanti orizzonti. Piega tutto e prima o poi libera da tante illusioni e falsità e cattivi propositi. A poco a poco alza il velo di mistero e aiuta, senza nemmeno che sembri, a scoprire la verità. Ci spoglia di qualcosa ogni giorno e di qualcosa ogni giorno ci arricchisce. Tende a riportarci all'essenziale scavandocene dentro, come una goccia la pietra, profonde e misteriose esigenze. E conclude in ciascuno valori comuni a tutti: quei valori per cui l'uomo è uomo.
E' tutta colpa delle apparenze ogni differenza o ingiustizia ma il tempo quando pazientemente le ha tolte tutte ad una ad una. scopre rassomiglianze perfette. Non possiamo rassomigliarci ed essere uguali per quello che abbiamo ma perfetta identità è in quello che tutti sicuramente non abbiamo e di cui tutti andiamo in cerca con ansia terribile: l'assoluto, l'immutabile, l'eterno.
Questa dolce, adorabile povertà, immenso abisso scavato dal tempo che passa perché l'eternità lo ricolmi e sovrabbondi di infinito.

don Sirio


in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio - marzo 1960, Marzo 1960

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