Tempo di Benedizione

Stasera sono stato a portare la benedizione pasquale alle famiglie dei contadini della mia parrocchia di montagna. Sono le famiglie più lontane dalla chiesa parrocchiale, sparse fra i boschi di castagni e di querci. E sono anche le famiglie più povere di questa comunità cristiana, fatta per la maggior parte di boscaioli, contadini e manovali. I contadini sono rimasti in pochi: i campi strappati al bosco rendono poco, metà raccolto se lo prendeva il padrone, ed allora hanno preferito cercare lavoro verso la città.
Lungo il sentiero tutto coperto di neve bianca e leggera, in mezzo al grande silenzio del bosco, mi sono arrampicato fino ad una casetta dove vive un uomo solo. I suoi sono andati via qualche mese fa; ma lui è voluto restare lassù, in mezzo ai suoi boschi, in quella casetta costruita con le sue mani, a finire i suoi giorni nella terra che la sua famiglia ha abitato quasi da 600 anni, Gaspero, è l'ultimo: dopo di lui, quella casetta e quei pochi campi in cui con tenace pazienza ha piantato le viti, seminato il grano e il foraggio, resteranno nella più completa solitudine.
Sono arrivato alla casetta di Gaspero tutto sudato e stanco: avevo camminato più di mezz'ora nella neve, ancora intatta, alta quasi 30 cm. Lui mi è venuto incontro sulla porta di casa: era meravigliato e stupito che io mi fossi spinto fin lassù su tutta quella neve «Ormai - mi ha detto - credevo proprio che quest'anno sarei rimasto senza benedizione». Ma Gaspero la benedizione ce l'ha già da molto tempo; quella che Dio riserva ai suoi poveri. Perchè Gaspero è un povero, uno di quei poveri a cui il Vangelo assicura il dono della Beatitudine.
Questo l'ho capito, mentre seduto al fuoco, ascoltavo il racconto della sua vita dura e tessuta di tanta sofferenza. Ha combattuto nella prima guerra mondiale; e poi è tornato ai suoi campi ed è sempre vissuto in questa povertà essenziale, la povertà dell'uomo che si guadagna giorno per giorno il suo pane, con la propria fatica ed il proprio sudore. In gioventù è stato un uomo violento: ma ora, dopo tanta sofferenza e tanto lavoro, è nella pace dei poveri. E nonostante sia lassù, in mezzo ai castagni e alle querci, Gaspero ha il cuore allargato sul mondo e l'anima aperta alla sofferenza, all'ingiustizia, alla pena degli uomini. Mi diceva che bisognerebbe che i poveri fossero amati e rispettati di più. «Perchè sono loro che danno da mangiare a tutti, anche ai ricchi e ai signori. E anche il Papa, che sta a Roma, e che non si sa quanti soldi abbia, anche lui lo campano i poveri».
Diceva queste cose con dolcezza, senza violenza né odio; sentivo solo la tristezza, nella sua voce, per questa situazione così tanto penosa, per questa poca considerazione, rispetto, amore che hanno i poveri. «E poi - diceva ancora Gaspero - l'unica cosa che conta è la fratellanza. Che importa se uno è ebreo, negro, russo o americano: siamo tutti fratelli; nelle vene ci scorre lo stesso sangue». Forse Gaspero non sa che siamo fratelli soprattutto perchè da quando l'Amore di Dio si è incarnato in Gesù, ogni uomo è qualcosa di Lui, e porta dentro di sé il Mistero stesso di Dio. Ma che importa? La Verità non è fatta di parole, e il Regno di Dio non appartiene a chi dice «Signore, Signore», ma a chi vive seconda la Volontà del Padre che è nei cieli.

Ed è stata gioia grande e profondamente dolce trovare lassù nella piccola casetta sul monte, quest'uomo che vive come un eremita, col cuore così aperto alle Verità fondamentali dell'esistenza umana.
Accanto a lui, vicino al camino acceso, bevendo insieme il buon vino delle sue viti, mi sono sentito felice. Sentivo che la prima Beatitudine, quella che assicura ai poveri il Regno dei cieli, era vera. Gaspero la porta dentro, in fondo all'anima, forse senza saperlo.
E mentre scendevo verso la valle, nella neve che rispecchia il suo chiarore nel crepuscolo della sera, ho ringraziato con tutto il cuore Dio, per la benedizione di cui mi aveva colmato l'anima. La benedizione dolce e profonda del suo Amore di Povero, che i poveri di questo mondo seminano ogni giorno lungo le strade della terra.


don Beppe


in La Voce dei Poveri: La VdP marzo 1964, Marzo 1964

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