Una lettera dalla clausura

Don Sirio,
..rieccomi! ..Come va la vita?... Ho ricevuto il suo giornale dì ottobre e la ringrazio. Mi è piaciuto, molto, tutto ed in particolare quel suo pezzo sulla "stagione dei frutti"..
Sa che ho ripensato molto spesso a quell'unica «certezza» di cui abbiamo parlato?
Anche questa volta... ha ragione lei!... Il sapere che «Dio è buono» deve bastarci, è vero. Ed è questo che risolve tutto e fino in fondo.
Ora: eccomi qua! Si, è vero: è la stessa, identica cosa che se fossi a ** o anche (...come insinua lei...) in... Brasile. Ma intanto: sono... qua, ed è qua che devo vivere il mio «oggi» in piena apertura al Suo amore (ed insieme), al mondo intero. Dopo tutto, non dovrebbe essere... impossibile. Si tratta, ancora una volta, di accettare continuamente la Sua ingerenza nella nostra povera vita e di credere, credere e poi ancora.. credere. Non è così?
Ed è ancora giusto che sia duro, perchè si sia partecipi della fatica di ogni uomo che cerca Dio senza saperlo ed anche senza volerlo. Allora per noi, amare significa semplicemente lasciare a Dio la possibilità di fare di noi tutto ciò che vuole, e questo su un piano estremamente concreto e senza importanza. Dalla "vita comune" alle galline livornesi da allevare (...è una delle mie nuove occupazioni...), dalle piccole complicazioni di ogni giorno, ai disagi continui del freddo e della povertà, tutto diventa suscettibile di infinite possibilità di accoglienza e di offerta. Mi sembra un vero dono di luce quando tutto comincia ad orientarsi verso una unificazione sempre più essenziale ed ogni cosa, perdendo le apparenze accessorie e marginali, si rivela nel suo carattere più vero ed eterno: possibilità di amare. Allora si scopre che non esiste proprio niente di poco piacevole e neanche di indifferente. Forse è l'unica via per entrare, in qualche modo, nel piano dell'Amore di Dio che Mistero è, e Mistero rimane.
Se poi capita di pensare di aver perduto la... testa!... Beh... è del tutto normale, o, comunque ne vale la pena...
Questo, di **, è un vecchio monastero santificato da generazioni di monache, e si direbbe che i muri stessi ne parlano... Un edificio molto decadente, mancanza quasi assoluta, di... "comforts moderni", clima più freddo del nostro, una vasta clausura di boschi incolti (e..meravigliosi!), un ambiente naturale di solitudine e silenzio ideali. Questo è il panorama.. esteriore. Interiormente: una grande distensione e fiducia, condita da uno spogliamento progressivo.. nella pace. Vivo: questo è tutto. Il «come» mi interessa sempre meno, e la gratitudine sembra divenire uno degli elementi dominanti del mio vivere.
Si abbia tantissimi auguri, in Lui


Suor ***


in La Voce dei Poveri: La VdP gennaio 1964, Gennaio 1964

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