il proprio dovere
Signore, uscendo dalla stazione, tra la folla, ho desiderato di fuggire.
Fuggire gli uomini e fuggire te. E' la stessa cosa, del resto. Ma perchè mi hai chiamato a saperne di più, a un grado di perfezione maggiore degli altri?
Sarei stato molto più felice, se avessi avuto la sorte di tutti! Ci fu un tempo in cui non la sapevo così lunga, in cui non portavo tanto peso.
Avrei potuto essere così tranquillo. Perchè è stato necessario che andassi a cercare così lontano?
Talvolta mi domando se non ho forse voluto fare troppo bene... Sempre progredire, sempre avanzare, sempre tendere a questa perfezione intravista quando non sapevo ancora tutto ciò che essa avrebbe implicato. Che avvenire, mio Dio!
Signore, vedevo la folla che usciva dalla stazione. Un momento ho desiderato di perdermi.
Ma che significa perdersi? Diventare quel brav'uomo che esce dal suo ufficio, quel padre di famiglia grande e grosso cui tu certamente non hai chiesto quanto hai chiesto a me.
La perfezione, il dovere...
Signore, fa forse parte della perfezione questo desiderio di fuggirla, di andarsene senza rumore in un luogo tranquillo, senza posta, senza miserie, senza esempi da dare, senza preghiere, senza...
Sì, forse. Una sera lontana, anche tu, Signore, hai detto: «Padre mio, se è possibile, passi lungi da me questo calice!».
Oh! è certo, ciò che ti attendeva era più duro, infinitamente più duro. Non pretendo certo di paragonarmi a te. Ma, nonostante ciò, Signore, mi rassicura il fatto che tu pure l'abbia chiesto, prima di dire: «Però non come voglio io, ma come vuoi tu».
Lucien Jeaphagnon
(dal volume « Nostre Preghiere », Ed. La Locusta, L. 500).
in La Voce dei Poveri: La VdP gennaio 1964, Gennaio 1964
Luigi Sonnenfeld
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