Lettera fra amici

Caro don Sirio,
non ha molta importanza che da un sacco di tempo io non le abbia più scritto: la strada che lei mi ha indicato, la strada che ora condivido con lei e le persone che le sono vicine è sempre la stessa, pulita e da percorrere tutti insieme con serietà e gioia. Mi è arrivato stamattina il giornale, di settembre, parlava del Concilio (e un po' dopo del rischio): le ho scritto subito perchè quello che ho letto non può che aumentare la fiducia e l'amore per tutto, e il desiderio di camminare in comunità. Non che sia necessario essere con tutti, per il nostro conforto personale, ma è che è doveroso essere tutti, per il regno di Dio: e essere da soli fa paura, perchè si fanno tanti sbagli, perchè si finisce a fare tutto a titolo personale e un poco polemico. Le ho scritto perchè ho tanto bisogno di essere completamente umile, e una fra tanti altri, fra tutti gli altri: la ragione, anch'io ho il mio Concilio Ecumenico da vivere, devo essere una laica da concilio ecumenico, come tutti, e le questioni, nel campo spirituale e per noi nel campo temporale e politico e pratico, sono tutte da risolvere con l'intuizione, ecco la fatica, non ci sono schemi già pronti: per noi laici ancora meno che per i preti. Siamo stati i più pigri, per lunghi secoli di storia, ci siamo lasciati passare addosso gli illuminismi i razionalismi i liberalismi li individualismi ad alto livello filosofico e ad alto livello di egoismo. Siamo dei poveri laici abituati a chiedere tutto al prete, meglio se al Vescovo che ha più autorità, perfino per il nostro impegno storico, per la nostra politica, per le nostre rivoluzioni popolari mai fatte. Non è colpa dei preti e dei Vescovi, la gerarchia, soprattutto i giovani, muore di lavoro e di mancanza di tempo. E' colpa del nostro scaricare le responsabilità, del nostro individualismo attendista, del nostro riservarci le critiche, vivendo alle spalle dell'azione degli altri che si sporcano i piedi col fango. Quasi sempre per amore.
Le sono molto riconoscente del giornale, un giornale senza notizie, non fatto per informare ma per individuare una tensione, una strada per vivere secondo lo spirito.
Si ricorda l'epistola di Compieta? «tutte le vostre cose fatele per amore»: mi basta davvero per essere più convinta, più felice che lei una volta al mese me lo ricordi, è una vera vita di comunità più di tutte le altre vite (di gruppo, di associazione, di lavoro) che si intrecciano ogni momento nello spazio delle mie giornate.
Le sono molto riconoscente di tutto: posso pregare anch'io con lei e con tutti per una crescita di amore, anche se io sono ancora tanto indietro, tanto vicina all'inizio, al poco.
So che l'amore, l'ansia e la sofferenza per la contraddizione che ci fanno andare avanti, sono solo Grazia, quasi tutto Grazia perchè noi (io per lo meno) diamo sempre pochissimo: io ho ancora molta, troppa paura delle responsabilità, degli sbagli che posso commettere, dell'orgoglio nascosto.
Spero di diventare molto umile e poi di non avere più paura di rischiare: certo è un grosso dono e so che da sola non potrò mai meritarlo.
Posso chiederle di pregare per me? (anche per me, quando prega per tutti gli altri, non apposta solo per me, per favore).
La saluto e la ringrazio con affetto.


A. F.


in La Voce dei Poveri: La VdP ottobre 1963, Ottobre 1963

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