La dolce pietà di Dio

Sempre più risolvo l'angoscioso Mistero del mondo e di questo esistere umano, invocando, a gran voce, fin dal di dentro il midollo del dolore, la dolce e sicuramente infinita pietà di Dio.
No, non voglio guardare da un'altra parte per non vedere, né tapparmi gli orecchi e più ancora chiudere il cuore, per non ascoltare, non voglio cercare d'indurire l'anima mia, anche se violentemente vi sono spesso tentato perchè forse sarebbe l'unica maniera per non soffocare. Lo so bene che è più difficile credere in Dio e è più assurdo accettare che vi sia una logica nel mondo, ma pure voglio essere esposto ad ogni vento di tempesta, disarmato contro ogni violenza, parte viva, coinvolto, in ogni tragedia.
Ho incontrato quel pover'uomo - è buono da non far male a una mosca e serio e onesto - che l'altro giorno ha ucciso con la macchina due povere donne e una portava in seno un bambino e ne ha ferito una terza gravemente. Non ha colpa lui, non hanno colpa loro: è certo. Ma sono morte e lui è più morto di loro. Perchè, gridava, perchè. Già, perchè. E sono andato a trovare quel povero babbo e quella povera mamma - era tanto tempo che dovevo andare ma non avevo ancora trovato il coraggio - che hanno perduto in mare il loro ragazzo di diciassette anni: si era gettato in mare agitato a salvare due tedeschi e ne ha portato uno alla spiaggia e è tornato ancora fra le onde sconvolte a tentar di salvare anche l'altro finché la rabbia del mare l'ha sopraffatto e vinto e portato via. Tre giorni l'hanno cercato quel povero corpo sulla spiaggia e sotto gli scogli. Un bravo ragazzo generoso e serio, già colmato di consolanti speranze per quella famiglia di povero operaio manovale. E la mamma piange ancora pur non avendo più lacrime. Quanti angosciosi perchè, duri e spietati come scogli battuti dal mare implacabile.
Poi ho letto nel giornale di pochi giorni fa di quell'ondata spaventosa fuggita sotto il crollare improvviso di mezza montagna e quella povera gente dormiva tranquilla, fiduciosa e l'ondata spietata l'ha travolta e seppellita, a migliaia, in tutta la vallata. Ora cercano le responsabilità e va bene. Ve ne sono senza dubbio. Anch'io forse ne sono responsabile ogni volta che accendo la luce di camera mia. Ma ciò che spaventa e smarrisce e annienta è quel Mistero di fondo troppo senza controllo e senza ragione, infinitamente più grande di noi e di tutto ciò che esiste. Non vedo, non so, non riesco a trovare motivi che spieghino, che diano un senso, un pur piccolo significato, un'ombra di valore. Trovo soltanto che sempre più si scava nell'esistenza l'abisso del dolore e sembra sempre più incolmabile. Mi accorgo che si cammina soltanto per andare a sbattere contro la disperazione di un Mistero troppo grande per noi. C'è qualcosa - e mi sembra che sia tutto - che ci rende poveri, miserabili, nulla. Ci spoglia fino alla nudità della nostra verità più spietata.
No, non mi ribello. Non dico di no. Non si sta spengendo la Fede, né mi abbandonano la fiducia e la speranza. Dico di sì alla corrente del fiume che mi porta anche quando rapide improvvise mi travolgono in gorghi tremendi e dico di sì al vento di maestrale o di libeccio, di cui, povera foglia morta, sono in balìa. E dico di sì con Amore. Se domani il mondo si spaccasse in quattro, vorrei che una sola parola dal mondo spaccato in quattro uscisse: Va bene, Signore. Sì.
E' debolezza? E' passività vigliacca? E' nascondere la testa sotto la sabbia? Può darsi ma per me è accettare Dio come Dio e io e noi e tutti e tutto, per ciò che noi siamo e ogni cosa è.
Credo che forse è perchè ci sia concesso di acquistare il diritto alla Sua infinita dolce, paterna, anche se tanto misteriosa, pietà.


* * *


in La Voce dei Poveri: La VdP ottobre 1963, Ottobre 1963

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