Tempo di passaggio

Sono giorni di pioggia questo ferragosto e inizio di settembre. Cielo pesante, grigio, acquoso. Anima chiusa, nebbiosa, soffocata. Perchè il tempo bello è passato, l'azzurro è coperto e il sole fa giorno ma non splende violento e appassionato a incendiare di luce e di fiamma. Si vedono le cose e si intuiscono ì problemi, ma in modo annebbiato, confuso, quasi ovattato e assonnato.
Da una stagione all'altra il passaggio è gravoso, veramente carico di fatica. Forse è la fatica che fa la terra a muoversi da una sistemazione stagionale all'altra, è la pena degli alberi, l'angoscia degli animali, lo spavento del tempo che passa, il mistero di tutte le cose che si aggrava, forse è la fatica dell'andare avanti dell'esistere che dà questa strana oppressione, questa stanchezza profonda, questo riuscire a vivere solo per via della speranza.
Eppure tutto è stato chiaro, splendente, radioso. Anche nell'anima, nel mondo misterioso del cuore, nel cielo sconfinato dello spirito.
C'è qualcosa che ha invaso con violenza, ha tutto occupato e tutto sopraffatto, ma non come un estraneo che entra e si approfitta prendendo tutto il posto, ma come se non gli fosse dovuto. No, gli appartiene, è chiaro, è evidente e bellissimo.
E a pensarci bene, la stanchezza e la fatica di adesso è perchè non si è occupati, presi di violenza e sopraffatti.
Non sono capace di andare avanti da solo. Lo so bene ormai che non ho un filo di coraggio, né un'ombra d'iniziativa intelligente. Sono povero bambino che sa soltanto cercare il seno da succhiare. Un povero mendicante che sa soltanto tendere la mano con occhi supplicanti. Un malato rassegnato a implorare un bicchiere d'acqua e una fasciatura pietosa a piaghe inguaribili.
Portami per mano perchè altrimenti non farò un passo avanti. Non vedi che sono cieco pur avendo gli occhi spalancati, ma solo dalla paura?
Non riesco a dire parola che non sia implorazione sia pure dolce e serena. Non ho pensieri e quelli che mi nascono sono già stanchi e sono soltanto pensieri di fiducia e di attesa. E non ho cuore coraggioso ma soltanto aperto, tanto aperto che quasi mi spaventa, e vuoto così tanto che non so come potrà essere colmato.
Sono ancora terra - pur avendo età già così lunga - sono ancora terra che non ho provato le ferite dell'aratro e della zappa e poi la pioggia a ondate fragorose dal cielo e il sole che brucia e riscalda fin dentro. Per questo il buon seme che ritorna generoso di speranza ad ogni stagione, non mette le radici e non fruttifica il cento per uno.
Sono il povero - e forse non è più giusto che sia così - che riceve il tozzo del pane e gli spiccioli e la Bontà e l'Amore, ma poi tutto rimane consumato e speso e al mattino - o passata la buona stagione quando è più facile ricevere ricchezza d'Amore - sono povero ancora, anzi più
povero perchè io ho più bisogno, ma gli altri trovo necessariamente più stanchi nell'Amore per me.
E' passata l'estate. Ecco, adesso tutto è proprio diverso. Forse è come dopo una esaltazione appassionata. Tutto un sogno acceso e vastissimo e risonanze imprevedibili e inimmaginabili, chiuso, spento, svanito all'improvviso: adesso rimane soltanto alzarsi dal letto, vestirsi, lavorare, lottare, soffrire, affrontare concretamente la vita. Il passato, ciò che è stato ieri, un mese fa, in piena estate, è spesso - almeno qualche volta - come il ricordo di una ubriacatura: fissazioni esaltate, visioni accese, irrealtà immaginose eppure concrete, realmente vissute fino all'entusiasmo, alla gioia, a cantare di felicità. Poi tutto adesso è tornato piccolo, gretto, meschino, crudele, impossibile a essere così.
Si parte felici, con tutto il mondo in tasca e l'infinito palpita nell'anima per una gioia incontenibile perchè senza motivi. Non si va a cercare qualcosa, che allora tutto sarebbe preciso e facile ad aversi e comporterebbe misure di ritorno sicure perchè limitate. Si va invece verso l'imprevedibile, spinti dal vento appassionato dell'avventura. Si sa soltanto una cosa, che non potrà accadere nulla di limitato, di gretto, di egoistico, di così e così, o almeno questo si sogna. E' partire senza indirizzi di recapito, ma soltanto con la carta geografica sott'occhio. Senza programmi, ne impegni, né doveri. Ma si sa benissimo che si scaleranno le nuvole, che si prenderanno le stelle con una mano, si camminerà sempre al di là del filo dell'orizzonte, sempre oltre tutto ciò che è di questo mondo, di questa povera e meschina esistenza particolare di ogni giorno. Perchè si può vivere - sia pure come eccezionalità, anche se dopo il rientrare nel normale e adattarsi sarà molto duro e faticoso - si può vivere come all'inizio, prima che la storia fosse, la storia fatta dagli uomini, dai loro egoismi e grettezze e vergogne. Come nemmeno si fosse sentita raccontare, mai conosciuta oppure totalmente dimenticata come un brutto sogno d'incubi.
Allora soltanto il cielo azzurro è azzurro. Il sole è sole. E tutto è nella serena luce della libertà perchè tutto è buono e bello. Splende e trionfa di pienezza scoperta, un filo d'erba, il mio corpo, quell'albero, il gridio delle rondini, perchè l'anima è libera e sovrasta serena, meravigliosa regina dell'universo, per tutto, assolutamente tutto raccogliere davanti al trono di Dio a dire a Lui la Sua Gloria perchè tutto sta adorando, in sacerdozio universale, l'infinita Maestà divina.
Allora si può essere scoperti da ogni velo, liberati da ogni limite di timore perchè si è vestiti dell'azzurro del cielo, del verde dei poggi e degli alberi, di luce e di sole. Avvolti dall'infinito Mistero che avvolge la terra, il mondo, l'universo e gli uomini tutti e ciascuno. Scende dì lassù come un mondo meraviglioso da un trono di Gloria a raccogliere sotto la Sua grandezza infinita anche le più povere cose come siamo noi poveri uomini.
Ma questa stagione d'estate è passata. Forse è stata questione d'istanti, di brevi momenti, come lampi a sprizzare luce, improvvisi. Ma resta nell'anima l'esperienza profonda a segnare, incancellabile, il vero personale destino.
E diventa un richiamo, un invito incessante, un dovere terribile. E' scavata l'esigenza ormai e un bisogno spietato. Non si può e non si deve aspettare nemmeno un minuto. E è giusto giocarsi tutto sorridendo, perchè niente altro può avere importanza.
E' molto bello che succeda qualsiasi cosa, se poi da qualsiasi cosa fiorisce la dolce e meravigliosa Verità che Dio è tutto, che Lui soltanto è tutto e s'impone, concreto e violento, il dovere di un Amore totale.
L'ho capito sotto il cielo azzurro colmato di sole. Sui poggi freschi di verde. Alla sera, e la vallata distesa a ovale immenso ormai nel velluto dell'ombra, si andava disseminando di luci. Di notte, e le stelle lassù si potevano raccogliere con le mani, come i fiori in un prato. Nel respiro, lungo e profondo, della terra che dormiva abbandonata a tutto il suo inimmaginabile mistero. Allora si allargano il cuore perchè tutto entri liberamente e senza paura: cos'è che non ci appartiene e non è fatto per noi? Perchè tutto ciò che è Suo è nostro perchè possa essere ancora Suo e molto di più perchè dopo è arricchito, traboccante d'Amore.
Adesso il cielo è scoperto e un sole nebbioso sbianca di luce opaca le cose. Nell'anima hanno ripreso posto e vorrebbero soffocarla - le trite miserie e i vuoti problemi di ogni giorno. La strada fatta di sassi e intorno le siepi hanno le spine. E gli uomini vogliono essere a tutti i costi nemici sforzando i loro egoismi.
Guardi d'intorno e cerchi di poter sognare, almeno sognare, ma è roba da pazzi. Hai bisogno di vedere la Verità e vuoi toccare con mano l'Amore, ma poi scoprì dolorosamente che era illusione. E ricadi stanco, eternamente, al punto di partenza.
Piove una pioggia sottile in quest'aria calda ancora del sole d'estate e attacca sulla pelle umidiccia di sudore gli abiti ancor leggeri.
Chi mi darà di essere ancora sopraffatto da Dio?
Perchè non basta più - se mai è bastato - un pensiero, un sentimento, una preghiera: qualcosa di Lui.
Occorre che scenda in tutto il Suo infinito e mi prenda e mi occupi e mi sopraffaccia.
Dio ha bisogno di vincere e a resa incondizionata, in trionfo assoluto. E è giusto, ha ragione.
Io voglio che sia così. Ma ho paura in questa morta stagione di passaggio. A questo punto della vita. Quando tutto vuol dire che si va verso il tempo dei frutti.


don Sirio


in La Voce dei Poveri: La VdP settembre 1963, Settembre 1963

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