La gloria del risuscitato povero

Gesù risuscita, il Figlio di Dio entra nella sua gloria e tutto muterà pensiamo noi. Finito il tempo della prova, le cose riprenderanno il loro corso normale. E' qui il punto in cui la saggezza umana si trova veramente sorpassata, confusa con la forza di Dio. Che Gesù nasca, viva e muoia nella povertà, ma una certa penetrazione umana può presentirne la naturalezza e la grandezza. La vanità della ricchezza, la sciocchezza o la bassezza che porta sovente ai propri fedeli, è da tempo che l'uomo ne ha preso coscienza; e le varie culture quando non sono totalmente corrotte, conoscono la grandezza del supplicante universale: Ma ciò che apporta il Cristo risuscitato è qualcosa di totalmente originale, di propriamente divino.
Gesù risuscita nella gloria del Padre suo e questa gloria colma il cielo e la terra. Tutte le ricchezze della creazione sono sue; invulnerabile al dolore, al decadimento e a Ila morte, gode ovunque una volta per sempre, dell'universo intero, dispone dell'avvenire, fino alla consumazione dei secoli. Radunando i suoi discepoli sull'altura di una montagna, che ricorda quella da cui Satana gli aveva fatto contemplare i regni della terra, fa sua l'affermazione menzognera del diavolo: "Ogni potere mi è stato dato, in cielo e sulla terra" (Mt, 28,18). Tuttavia questo potere non è quello della ricchezza, Gesù risuscitato non porta ai suoi né la fortuna né il minimo miglioramento al loro genere di vita. Con un paradosso che sconcerta la nostra ingenuità, trae dall'affermazione "Ogni potere mi è stato dato" una conclusione la cui logica ci appare strana: "Andate dunque e fate dei discepoli di tutte le nazioni". Li previene così che la loro esistenza riprodurrà esattamente quella che essi hanno condotto sui suoi passi, mentre viveva in mezzo ad essi, nella polvere delle strade, nell'incertezza dell'accoglienze, disponibili all'indifferenza o alla ostilità, incaricati di un messaggio spaventoso e senza mezzi umani per imporlo. E' qui tutto quello che il Cristo risuscitato apporta ai suoi? C'è forse qualcosa di anche più strano: Gesù stesso è diventato ricco? Delle ricchezze della terra, è naturale che ne faccia a meno, ora che tutta la creazione è a sua disposizione. Ma questa povertà più profonda che lo distingue, questo modo di dipendere dagli uomini, dagli avvenimenti, dal modo di essere del Padre, non lo si ritrova identico dopo la Resurrezione ? Che cosa e' è in Lui di mutato? Risuscitato, dovrebbe, ci sembra, imporre la sua presenza a Gerusalemme, e conquistare così coloro che il giorno prima lo sfidavano a discendere dalla croce. Sarebbero i primi ad acclamarlo, e la sua resurrezione sarebbe realmente un Trionfo. Sarebbe molto di più che un Trionfo personale, il ritorno di una città intera, di un popolo, la conversione di Israele, il Trionfo di Dio. Ora, il Trionfo di Gesù si riduce a qualche apparizione ad alcuni Testimoni preparati. Gerusalemme rimane divisa, in parte sconvolta, ma in fondo ostile e spesso persecutrice, e la conversione del popolo ebreo, semplicemente sfiorata, oggi ancora è per il cristiano una speranza certa vissuta nella povertà dell'attesa. Gesù risuscitato non s'impone più di Gesù mortale e rimane il Figlio che riceve tutto dal Padre suo, che "sale al Padre suo". (Gv. 20,17), che manda ai suoi "la promessa del Padre" (Atti, 1,4) e che li affida al tempo stabilito dalla sola autorità del Padre. Il Cristo risuscitato rimane il povero di Betlemme e del Calvario, colui che ha scelto per amici i poveri e i piccoli e che custodisce con essi, ora che è entrato nella gloria, la medesima spontaneità familiare, la stessa umanità semplice.
I suoi sono sempre i poveri, ed è in essi che rimane presente per noi da quando non è più visibile: i poveri, gli ammalati, i prigionieri, coloro che durante la sua vita componevano il suo abituale ambiente e che rimangono fino alla fine dei secoli il suo personale prolungamento. Il Cristo è sempre il povero, l'abbandonato per calcolo, colui che ci imbarazza e che abbandoniamo sul bordo della strada.
Jacques Guillet
[dalia rivista - Christus » ott
. 1959)

.....dice il Signore :
" Rinunziare a te stesso vuoi dire dimenticare te stesso, essere vuoto di te, staccato da te e da ogni creatura, povero di spirito, vuoto di tutto ciò che non sia me, non avendo nell'anima che una sola aspirazione : il desiderio di compiere la mia Volontà. Rinunziare a te stesso vuoi dire portare la tua croce, non la croce, ma la tua croce..... non una qualsiasi, non quella del tale o tal altro santo, della tale o tal'altra anima, non quella che ti piace, che tu scegli, ma la tua, quella che ti destino e ti impongo......
C. De Foucauld


«Questo è il mio comandamento, che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ama di più di chi da la vita per i propri amici. Voi siete gli amici miei se fate quanto vi comando...
(Giov. 15,12- 14)

in La Voce dei Poveri: La VdP aprile 1960, Aprile 1960

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