Un servo non "inutile"

Amara solitudine domenicale: pochi i presenti nella tua Chiesa nel giorno del Signore. Improvvisa poi meditata associazione di idee, irriverente, forse.
Per un curato di campagna ci sono serie difficoltà per «degne ed appropriate parole» su Papa Giovanni e Paolo VI: gli è facile semmai il commuoversi, invidiando, melanconico. Abisso (quale abisso) fra l'omaggio commosso di milioni di uomini al «mio» Papa e il deserto che si è creato al mio ministero, sordità alla mia parola, inutilità di una vita!
Tredici anni di sacerdozio, conoscenza di fallimento: tremo solamente a pensarci ma... solo fallimento. Ed io non sono tanto povero da accettarlo. Ora della croce: non posso, umanamente, non voglio essere inutile.
Operaio, medico, padre di famiglia, alla sera stanco per il tuo lavoro, avresti coscienza di essere uomo ma qui, prete, qui no, sei di troppo peso morto che non ha più nulla da dire, nessuno ti ascolta. Testimonio solitario ma testimone di che cosa se non accetto la mia inutilità? Aspettare la morte come il romantico capitano che sull'attenti s'inabissa con la sua nave? No non è possibile, è poetico forse, ma irreale, disumano.
Vado meditando pretesti, evasioni, non posso accogliere questa mia nudità umana: la presenza mia al mondo deve essere giustificata.
Il disarmato confronto con il Vangelo, l'accogliere interamente Cristo Signore nella mia vita, il lasciarmi sopraffare da Lui è troppo difficile perchè troppo semplice: semplice come la Fede, dono di Dio. Mi arrampico affannosamente, l'attivismo è una vetta che dona tanto ad un prete «moderno», sospiro da «oberato» dal lavoro: non ci sono uffici inesplorati per me, ho un vasto raggio di amicizie, sufficientemente aggiornato mi mantengo sulla cresta dell'onda. Ma... quanto è raro il mio incontro con Lui, il Cristo di Betlem, Nazareth, il Cristo del Calvario: l'impotente, il povero deriso, l'inutile illuso: il Mio Amore! Non c'è da meravigliarsi se ancora mi dibatto disperatamente, «Cercavi te, solo te: volevi solo servirti di Cristo per essere importante, ricco, centro di attrazione».
Vedi quella donna curva e spaurita che ogni Sabato, con il suo fagottino, s'avvia verso il luogo di pena per vedere un figlio? Tutti i suoi sogni sono svaniti, amaramente, è tanto povera ma vive di questo suo amore "inutile"! E l'altra?
La sua adolescenza era promessa e speranza, corpo cuore anima ridenti in attesa, dolce intensa attesa: ora, inutile relitto è scherno vivente su cui è giusto gettare ogni laido frizzo e onesto storcere la bocca «moralistica». Povera cosa che si compra: dell'amore è rimasto il donarsi senza misura, senza dignità... per chiunque!
Poliomelitico per trent'anni. Non il camminare umano ma solo strisciare, per una boccata d'aria la bontà e le gambe degli altri, amico fedele e spontaneo un cane bastardo... vita senza senso, inutile, e l'anima da quel corpo infermo sorride felice! Di tutto ringrazia e tu inchiodato da quel volto sereno, contempli Dio!
«Se il grano non muore non potrà dar frutto»: ed io LUI lo scelsi un giorno come Amico mio da donarGli tutto, giorno per giorno l'impegno si rinnova e Lui mi prende sul serio in parola: «Sei tropoo fedele, Signore!». L'inutilità, la pochezza di questo mio essere disgraziato spinsero il suo troppo Amore, ed in me compie il destino di tanti Fratelli.
Al varco mi aspetta, stasera, in questa solitudine domenicale per dirmi che Lui solo conta, Lui solo è il mio unico Amore e che in questo essere strano, deriso ed inutile, vuol salvare la «Gioia» di tutti. Unico segno, per me, della tua Presenza è questa difficile inutilità: come è duro accettarla, o mio Signore!


don Rolando


in La Voce dei Poveri: La VdP luglio 1963, Luglio 1963

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