Sono otto giorni che Giovanni XXIII se n'è andato. Quando questo nostro povero foglio uscirà di tipografia, può darsi che dal comignolo fatidico sia già uscita la fumata bianca e il nuovo papa si sia già affacciato a dare la Sua prima Benedizione «Urbi et Orbi» dal finestrone centrale di S. Pietro.
Intanto l'attesa. Ma non un'attesa serena e fiduciosa, fatta di sicurezza, anche se nella Fede e nella Speranza.
Dovrebbe essere come quando la Chiesa era chiusa nel Cenacolo in attesa dello Spirito Santo: attesa fatta di preparazione, di preghiera e specialmente di unione intima e profonda (Atti 1, 14), noi tutti della Chiesa.
E invece ci stiamo perdendo in congetture, ipotesi, illazioni.
E si moltiplicano i ragionamenti alla maniera umana. Si cerca d'indovinare scavando motivi, tirando fuori impressioni, abbandonandoci alle nostre sensibilità, simpatie e antipatie.
Oppure si seguono idee e programmi personali e si vorrebbe un papa che poi ci desse ragione, fatto a nostra immagine e somiglianza, venuto fuori dal nostro egoismo, prolificato dalle nostre presunzioni, quando non si arriva al punto di desiderarlo come affermazione e difesa del nostro punto di vista o addirittura dei nostri interessi più o meno compatibili con i problemi del Regno di Dio.
E intanto tutto serve a far perdere di vista la soprannaturalità dell'elezione del Sommo Pontefice o almeno a rendere ancora più difficile l'accettare che sia lo Spirito Santo a scegliere, sia pure faticosamente o anche adattandosi alle disponibilità, il nuovo successore di S. Pietro, il nuovo Vicario di Cristo.
E può darsi che poi se questa visione soprannaturale di questo fatto che più di ogni altro interessa il Regno di Dio nel mondo, almeno nei suoi problemi più scoperti e visibili, non riusciamo ad averla chiara, serena, aperta, può darsi che la nostra preparazione e disposizione alle novità che sicuramente un papa porta con sé, sia limitata, resa più difficile o almeno più faticosa.
Ognuno, obbedendo ai più disparati motivi e ragionamenti, si sta facendo il suo candidato alla Sede di Pietro. Se poi questo non sarà scelto dai Cardinali elettori, comporterà una delusione, la prima delusione del nuovo pontificato, che poi il nuovo papa chissà quanto dovrà faticare per dissiparla conquistandosi le nostre simpatie.
E' pena grossa e stringimento di cuore in questi giorni avvertire il riaccendersi di speranze assurde. Indicano in modo inequivocabile scontentezze per tutto un andamento di cose, scontentezze fino a preoccupazione zelante come se tutto si fosse incamminato sulla strada della rovina. Come se la Chiesa debba riprendersi, riordinarsi, ridimensionarsi come chi si è spinto troppo avanti, come uno che ha fatto una corsa troppo a perdifiato, vinto dalia strada in discesa, e ora ha il respiro affannoso e le vesti in disordine.
Perchè è in questi giorni, dopo che Papa Giovanni è morto, che si misura il suo cammino in avanti, ma è chiaro che questa misurazione la sta facendo, e lo sorprende e lo spaventa, chi non ha fatto un passo, chi è rimasto sulle posizioni di partenza e non ha voluto venire assolutamente avanti. E' ancora laggiù, laggiù: non è possibile che non si lamenti della troppa strada percorsa da chi è andato avanti, passo passo, ogni giorno, anche se con fatica, ma anche con decisa sicurezza.
E' logico e inevitabile che in questi giorni in cui tutti sono fermi e in attesa di riprendere il cammino, le distanze appariscano in tutta la loro lunghezza. E in ordine a certi problemi siamo proprio molto lontani.
No, è assurdo pensare e pretendere che sia il papa a venire a mettersi nelle nostre posizioni, qualunque esse siano. Non potrà essere un papa, chiunque sarà eletto, che sistema le nostre posizioni, che soddisfa le nostre pigrizie, che difende i nostri privilegi e asseconda i nostri egoismi.
Qualsiasi papa lo Spirito Santo vorrà mandarci, non potrà dispensarci dalla nostra ricerca personale, dall'impegno totale di noi stessi, dal giocare interamente tutto di noi per il Vangelo e il Regno di Dio.
Perchè il Cristianesimo non è quello di Pio XII o di Giovanni XXIII, il Cristianesimo è quello di Gesù. E ognuno di noi deve cercare il Cristianesimo di Gesù pagando di persona, rischiando di se stessi; bisogna scavare con le proprie mani e con le unghie smangiate dalla terra dura e sassosa, il campo per prendere il tesoro. E bisogna vendere tutto ciò che possediamo per andare dietro a Lui, carichi della nostra Croce, fatta sicuramente apposta perchè vi siano inchiodate le nostre mani e i nostri piedi.
Sì, è vero che un povero prete o un papa possono tanto aiutarci, e un papa evidentemente in modo particolare. E di qui tutta la gratitudine verso Giovanni XXIII per il Suo particolare aiuto, veramente formidabile, al di là di ogni aspettativa. Ha portato tanto Lui la Croce di una ricerca, ha affrontato Lui tanto rischio, ha sopportato Lui fino all'impossibile la fatica di aprire la strada, spianarla e allargarla per il camminare avanti dei nostri piedi spesso così incerti e stanchi.
Ma l'atto di Fede dovremo trarlo dall'anima nostra, l'Amore sarà sangue del nostro cuore e la Bontà costerà lacrime ai nostri occhi.
Potremmo appoggiarci e sarà molto bello, ma dovremo essere totalmente impegnati anche senza appoggiarci a niente, perchè a evangelizzare il mondo e a lavorare per il Regno di Dio siamo mandati «come agnelli in mezzo ai lupi e senza avere niente per il vi aggio né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro e senza due tuniche (Lc. 9, 3).
Ho paura che tanta trepidazione per chi sarà il nuovo papa sia soltanto una enorme pigrizia, un timore di qualcosa che turbi le nostre sistemazioni o che non aiuti a sufficienza le nostre povere e stanche velleità.
Sta il fatto che sempre più scopro in me e intorno a me povere misure di Fede, impressionanti incapacità e terribili difficoltà a essere perduti nel Regno di Dio.
un prete
in La Voce dei Poveri: La VdP giugno 1963, Giugno 1963
Luigi Sonnenfeld
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