Il Santo di Viareggio

La nostra città di Viareggio sta celebrando solenni onoranze al Servo di Maria, Antonio Maria Pucci, Parroco per tanti anni della Parrocchia di S. Andrea, elevato agli onori degli altari da Papa Giovanni XXIII l'otto dicembre dell'anno scorso.
E' dovere per noi della S. Vincenzo cittadina guardare a questa dolce e umile figura di sacerdote: e Dio voglia che abbiamo qualcosa del Suo spirito di Carità, del Suo Amore fraterno, della Sua passione per la povertà.
Perchè la sua Santità molto ha da insegnarci, anche se è vero che le condizioni di vita un secolo fa erano tanto diverse, da quelle dei nostri tempi. Il popolo era semplice e schietto, il lavoro era umile e serenamente accettato. La famiglia era valore di fondo e la vita si svolgeva forse più rassegnata, raccolta e tranquilla.
Anche l'assistenza ai bisogni, ai poveri, ai malati doveva essere più facile. Passare di casa in casa era senza dubbio passare di miseria in miseria, di sofferenza in sofferenza, ma il clima era buono, aperto, benevolo, colmato di riconoscenza, e lasciare un po' di aiuto, un pezzo di stoffa, un pacco di alimentari era come lo stringere la mano, fare una carezza a un bambino, dire parole buone di affetto, d'incoraggiamento. E uno se ne tornava a casa col cuore gonfio di gioia e l'anima colmata di benedizioni.
Ora le cose sono senza dubbio molto cambiate. E' difficile fare la S. Vincenzo ai nostri tempi. E' certo che non possiamo permetterci mentalità paternalistiche e tanto meno considerarci qualcosa perchè facciamo del bene. La situazione di bisogno della carità materiale altrui, è sempre più un'ingiustizia e quindi una condizione di anormalità che va vinta e superata non con il buono di carne e latte, ma con provvidenze di ordine sociale capaci di riconoscere a ciascuno il suo buon diritto a una vita serena e dignitosa.
Siamo in piena ricerca (anche se il cammino è ancora tanto lungo) di liberazione dell'uomo dal bisogno.
E la carità ai nostri tempi vuol dire ricerca di giustizia nella convivenza umana, sempre più vuol dire dignità della persona umana, sempre più significa considerazione dei problemi del prossimo alla pari dei nostri.
La carità cristiana va avanti nei suoi sviluppi di attuazione perchè è fruttificazione sulla terra, fra gli uomini, della Carità che è l'Essere stesso di Dio e quindi le sue misure infinite richiedono ed esigono espansione, allargamento, approfondimento sempre più vasto. E allora la carità non può non andare al di là di un rapporto fra individuo e individuo, ma entra necessariamente nella comunità umana e diventa carità sociale. Non può fermarsi ai confini della città e nemmeno a quelli della patria, ma coglie il bisogno di Amore fra tutti gli uomini, su tutta la terra.
E allora è carità che pensa al pezzo del pane (e milioni e milioni di uomini ne mancano ancora), alla medicina che solleva e guarisce (e quindici milioni di lebbrosi, per esempio, attendono di essere curati e possibilmente guariti), carità che deve preoccuparsi di famiglie senza tetto o ammucchiate in miserabili alloggi, carità che provvede alla sicurezza del lavoro e alla sua dignità e alla sua giusta retribuzione, carità che si preoccupa e soffre e piange per la mancanza di libertà in tanti popoli e per la loro impossibilità di sollevarsi ad un livello d'esistenza civile...
Chi vuole accettare nella propria vita il tormento della carità e affrontare con coraggio i meravigliosi eppure angosciosi problemi dell'Amore fraterno, comunitario, di popoli e dell'umanità intera, è giocoforza che apra il cuore a capacità universali.
Ai nostri tempi un'altra carità, un diverso Amore non basta più. E' vero che sarebbe molto, e ce ne fosse, ci verrebbe da dire, specialmente quando nelle riunioni delle S. Vincenzo siamo sempre quel solito numeretto così penoso e spaurito, e quando per mettere insieme quei quattro soldi per l'assistenza dei bisognosi occorrono i salti mortali e c'è da lambiccarsi il cervello per poi finire alla solita fiera di beneficenza e al tè con la canasta per Signore.
Eppure questa carità non basta più. Tant'è vero che è così difficile sensibilizzarne i giovani. E' scaduta, quasi in disuso, anacronistica, spesso risulta quasi offensiva, la carità spicciola - spesso burocratica e formalistica - dell'aiuto materiale a sollievo del bisogno materiale.
L'interessamento personale spesso può essere visto come pietismo vuoto e inutile e le parole possono troppo sembrare artificiose e rimediate per l'occasione.
Non siamo capaci d'altra parte di visioni ampie e dì attuazioni coraggiose nel campo dell'assistenza e tanto meno siamo capaci di far diventare determinante la carità nei problemi sociali e politici.
Succede allora che il problema carità diventa preoccupante perchè carità vuol dire cristianesimo fino a condizionarlo in modo essenziale. Non possiamo rimanere indifferenti davanti al problema carità, a meno che non siamo indifferenti e insensibili al problema cristianesimo.
Pensiamo alla carità dei Santi. All'umile e dolce carità del Curatino. Dava le sue scarpe. Ha ceduto il suo mantello. Portava il pane e il companatico. Sistemava famiglie senza tetto. Cercava lavoro a chi non ne aveva. Pagava i debiti a chi era disperato. Piangeva e pregava, sotto il vento del libeccio, con le spose e le mamme, sugli scogli del molo, quando il mare metteva in pericolo la vita dei pescatori. E era umile. Sempre dolce. Serenamente paziente. Illuminava di speranza. Colmava di Fede. Espandeva Amore. Doveva essere come quando si accendeva la lucernetta nelle case, il suo entrare nelle famiglie. E il suo camminare per le strade era sicuramente quasi un fermarsi ad ogni porta. Bisognava ascoltare e dire una parola, almeno una, perchè era una Benedizione, una grazia di pace e di bontà.
La carità dei Santi è come i miracoli compiuti da Gesù, ha valore universale, è testimonianza di una Bontà infinita, è «qualcosa» di Dio, è segno sacro di un mistero invisibile di Amore, è sacramento di Grazia, è Gesù vivente ancora fra gli uomini...
I problemi della carità cristiana sono tanti e gravissimi, specialmente ai nostri tempi, ma forse il problema, a guardare onestamente come stanno le cose, è, in fondo, uno solo. Noi delle S. Vincenzo e quindi noi, gli specializzati della carità, non siamo dei Santi. Spesso non siamo nemmeno degli uomini nel senso più vero e profondo del termine. E la nostra carità allora è arida, spesso formalistica, paternalistica, superficiale, occasionale, sbrigativa. Diamo dei pacchi e degli indumenti, ma spesso non diamo il cuore e non paghiamo di persona la grazia, la gloria di poter aiutare un fratello nel bisogno. E non facciamo mai nulla per farci perdonare da Dio e dagli uomini il coraggio di fare carità cristiana. Amministrare l'Amore di Dio secondo Gesù è un sacro sacerdozio di cui ci investiamo tanto disinvoltamente, eppure non dovremmo dimenticare che la Carità Cristiana solo i Santi la dovrebbero fare, perchè soltanto i Santi la possono fare.


La Redazione


in La Voce dei Poveri: La VdP maggio 1963, Maggio 1963

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