Capita molte volte la discussione intorno al Sacramento del Battesimo amministrato appena appena siamo nati. La Chiesa - se non erriamo - comanda ai genitori di battezzare i propri figli dentro gli otto giorni dalla nascita.
Il problema ha sicuramente una enorme gravità e vi sono motivi validissimi perchè questa tradizione sia conservata, ma vi sono anche ragioni determinate dalla scristianizzazione della famiglia che non possono non lasciare perplessi.
Se il missionario in Africa non dà il Battesimo se non quando la famiglia offre sicurezze di ambiente cristiano e di salda educazione religiosa, non pensiamo che il buon parroco delle nostre città possa amministrare il Battesimo a tanti bambini senza una terribile angoscia nell'anima. Questo battesimo è davvero un immenso atto di Fede. E ci viene in mente il romanzo di Graham Greene «La fine dell'avventura».
Ma poi c'è anche l'altro grande problema che sempre più questi nostri spietati tempi impongono per il loro violento spazzar via ogni ombra o anche impressione d'imposizione e di formalismo, l'altro grande problema che il cristianesimo - questa impostazione e condotta d'esistenza, questa soluzione del mistero della vita... - abbia bisogno e richieda sempre più una scelta personale, cosciente, consapevole, responsabile.
Ma lasciamo andare questo problema se il battesimo sia meglio amministrarlo appena nati o da adulti. Non è compito nostro, evidentemente, discutere di questi argomenti: ci auguriamo però che chi ne ha il dovere, abbia il coraggio necessario - non ce ne vuole poco a non fare come sempre si è fatto e a non fare come sarebbe logico e meraviglioso fare.
In ogni modo - comunque vadano le cose - rimane estremamente vero un fatto: tocca a ciascuno di noi decidere se essere cristiani o no. Anche se battezzati appena aperti gli occhi alla luce del sole, nella vita, o prima o poi, dev'essere operata questa scelta del Cristianesimo.
Perchè il Cristianesimo non è come la patria, o la condizione sociale, la famiglia, il sistema di educazione, la civiltà in cui siamo nati. E' qualcosa di essenzialmente diverso che fa sì che sia assurdo un trascinare, più o meno passivamente, l'essere cristiani come chi è nato bianco o negro, un qualcosa ormai di inevitabile come uno che dalla nascita ha una gamba più corta e una più lunga.
E c'è chi ne fa una aristocrazia dello spirito. Un appannaggio e un privilegio, come i nati da famiglie nobili. E diventa il cristianesimo come un dovere per discendenza. Una fedeltà a mia madre o a mio nonno. Un dovere per via della civiltà occidentale. Una continuazione di tradizioni culturali. E' per una difesa di valori civili. Come elemento d'ordine e di conservazione...
Fino a qualche anno fa - e chissà se non stanno continuando in qualche paesotto «cattolico» - i comizi sulle piazze per le crociate elettorali erano appassionata invocazione alla difesa delle patrie tradizioni cristiane, dei valori della nostra civiltà cristiana.
E nelle grandi prediche tuonanti dai pulpiti sulle folle aggrumati lì sotto, docili e quiete come gregge di pecore sotto lo scrosciare della pioggia, il Cristianesimo era quella gran cosa che era perchè Dante Alighieri, Alessandro Volta, Alessandro Manzoni e Guglielmo Marconi erano cristiani.
Bei tempi. Il Cristianesimo sembrava che fosse come mettersi il vestito buono la domenica. O andare a passeggio nella carrozza del marchese. O mettersi a tavola invitato alle nozze. Tutto pronto. Tutto fatto. Il gran guaio erano i peccati, ma poi le grandi missioni dei Padri Passionisti sistemavano le cose con fiumane di gente alle prediche più o meno spettacolari.
In pochi anni - in questi nostri pochi anni - tutto è un po' cambiato. Niente, ormai, sembra che sia più possibile a folla, a moltitudine. Le tradizioni popolari scadono di anno in anno. E le buone usanze non valgono più. Certa apologetica è soltanto ridicola. E le parate spettacolari non fanno più religione.
Spesso si ha perfino la paura che non sia nemmeno più possibile costruire un ambiente che faccia cristianesimo e non si riesce, nonostante fatiche e spese, a creare un clima cristiano, un'atmosfera respirabile cristianamente.
Il Cristianesimo sempre più ha bisogno di una scelta personale. E' una preferenza determinata da un convincimento personale operato dallo Spirito Santo e aiutato dalla testimonianza cristiana semplice e schietta, scoperta e raccolta nella Chiesa.
Che piaccia o no, non è stato possibile evitare un moltiplicarsi, quasi per ogni anima, del peso e del volume enorme del problema cristianesimo e umanità.
Ciò che una volta doveva essere affrontato in relazione a folle, a popoli, a civiltà, ai nostri giorni è cominciato il tempo in cui tutto deve essere affrontato e sostenuto per ogni anima.
Perchè ogni anima (ogni cristiano) ormai si pone davanti tutto il problema religioso, tutto il mistero cristiano, tutta la realtà della Chiesa. E non sono più possibili schemi fissi, frasi fatte, argomentazioni ben tornite. In ogni anima è necessario riversare tutti noi stessi, lasciar cadere tutta la Verità, abbandonare tutto l'Amore.
Il centellinare la parola, lo sbrigare con un consiglio, il sistemare con una indicazione come il vigile urbano interpellato all'incrocio stradale, è un assurdo. Bisogna prendere per mano, spesso in una bracciata, caricarsi di tutti i pesi e dare tutto, senza nulla chiedere o aspettarsi. E attendere che la scelta maturi. E l'inverno spesso è tanto lungo, la primavera non arriva mai a germogliare le foglie e i fiori. L'estate spesso per la violenza del sole, fa riarsa la terra e l'irrigazione, qui, è fatta con lacrime e sangue. Perchè i frutti siano salvi, e il raccolto sarà quella scelta cristiana, quella preferenza, nei confronti di Dio, quell'atto di Fede, quel momento di totale Amore. Quel voler consapevolmente costruire la propria esistenza secondo il Cristianesimo. Quel tentare di voler vivere una vita spiegabile soltanto con Dio e Gesù Cristo.
E' spaventosa fatica, è rischio tremendo, è passione e morte di Croce ogni momento per Lui e per la Chiesa e per noi, che questi nostri tempi abbiano fatto sì che il Cristianesimo sia possibile soltanto ormai altro che a seguito di una scelta personale, di uno per uno, consapevole e responsabile.
Ma non si possono, pensiamo e crediamo, affrontare queste misteriose esigenze maturate nella nostra gente dai tempi nei quali stiamo vivendo, senza impostare coraggiosamente problemi radicali di povertà. Di quella povertà cristiana che unicamente realizza condizioni interiori di apertura totale agli altri e dà di essere disponibilità assoluta, serena e pronta, in ordine a qualsiasi richiesta e a qualsiasi esigenza.
Perchè è divinamente vero che la povertà dà alla Verità Cristiana e quindi alla sua testimonianza di Amore, di essere sempre pronta per ogni tempo e capace di rispondere ad ogni esigenza.
Crea e stabilisce quelle condizioni indispensabili per cui è spontaneo e appassionato l'Amore. E ai nostri tempi, senza limite e misura, viene chiesto al Cristianesimo e quindi ai Cristiani; l'Amore. Quell'Amore che unicamente può decidere, con un peso determinante, per una scelta cristiana.
La Redazione
in La Voce dei Poveri: La VdP marzo 1963, Marzo 1963
Luigi Sonnenfeld
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