In una lettera che mi è stata inviata a seguito di problemi di carità cristiana trattati nel numero precedente, viene impostato, raffinandolo assai sottilmente, ancora il problema di fare elenchi pubblici per mettere in evidenza chi ha dato offerte o compiuto opere buone. Difatti mi viene scritto e sostenuto, argomentando nientemeno che per via di assurdi e col Vangelo alla mano, che per ovviare a certi tradimenti nei confronti della carità cristiana, basti non mettere le cifre offerte accanto ai nomi e cognomi degli offerenti.
Evidentemente non accettiamo questa raffinatezza così squisitamente ricercata.
Ma veniamo al fatto. Sarebbe interessante ricopiare tutta la lettera, così come è stata scritta, ma per ovvie ragioni di rispetto per il prossimo - ci fermiamo al problema accennato, trattandolo come un modo di vedere, un punto di vista in ordine a questo spinoso problema del come deve essere praticata la carità cristiana.
Mi si scrive che è modo giusto, non tradisce per niente la carità secondo il Vangelo, ma anzi risponde ad un dovere di manifestazione del bene e di glorificazione di Dio, dire nome e cognome di chi fa opere buone, basta non specificare l'entità di ciò che e stato offerto. Si possono e si devono fare elenchi e liste di nomi e cognomi, basta che i nomi e cognomi siano messi in ordine cronologico di modo che «i primi possono essere facilmente quelli che hanno dato 100 lire e non quelli che ne hanno date 100.000», che poi si dica, continua la lettera, che è fatto male anche questo, allora è tutto sbagliato e tutto da rifare, compreso il Vangelo: ut videant opera vestra bona...
Non siamo d'accordo riguardo al cartello con i nomi e cognomi dei buoni parrocchiani offerenti, anche se non vi è la relativa cifra. In fondo questo mancare della cifra non cambia molto le cose, anche se è già molto in relazione al pacchiano e banale modo di sollecitare l'amor proprio dell'offerente offrendogli in cambio risalto e riverenza e tornaconto al suo nome.
Lista secondo l'ordine cronologico e quindi secondo - almeno credo che voglia dir questo - il tempo dell'offerta. I primi ad arrivare hanno il primo posto. E la lista si allunga man mano che il tempo passa.
Anche chi non ne aveva molta voglia alla fine bisogna che si decida a far segnare il proprio nome sulla lista. Perchè chi va' in chiesa guarda e commenta: hai visto il tale e il tal altro, ancora non ha dato nulla. Nemmeno 100 lire, Misericordia, che gente.
E si sa come è fatta la carità fraterna paesana, è tessuta di malignità. E il tale e il tal altro bisogna che pieghino, anche perchè la moglie e i figli lo scocciano per via di quei discorsi che girano per il paese, messi in circolazione - sia pure senza la minima cattiveria - dalle donnette che vanno alla Messa tutte le mattine e si fermano, dopo il ringraziamento alla Comunione, a guardare e a commentare quella lista di nomi, rallegrandosi o malignando per quei nomi che via via appariscono e per quegli altri che non si sono ancora decisi e chissà cosa aspettano, neanche se fossero morti di fame.
E allora, piano piano, arrivano un po' tutti i buoni parrocchiani e questo dimostra che in fondo, nonostante quello che si dice, della Fede ce n'è ancora a questo mondaccio.
D'altra parte quando finalmente uno si è deciso a presentarsi per mettersi in lista, possibile che abbia il coraggio di offrire 100 lire soltanto? Rientrano forse nel segreto d'ufficio quelle offerte?
So bene di essermi lasciato andare alla fantasia facendo questa descrizione, ma il mondo è grande e tutto, mi ha insegnato questa noiosa esperienza, è possibile, data la debolezza umana e dato anche che spesso di questa debolezza umana ci viene da approfittare serenamente e a coscienza tranquilla, quando il fine è buono.
Ma io vorrei domandare, e la domanda è molto ingenua - ma d'altra parte l'ingenuità (o la poesia, o il sognare, come mi dicono molti) è la nostra unica saggezza - vorrei domandare: quella lista (come gli annunci sul giornale di opere di carità, le lapidi nelle chiese, i nomi sulle vetrate, sulle panche, sui calici e i candelieri, ecc.) è proprio per obbedire al Vangelo che dice, come è stato citato, piuttosto alla leggera, sulla lettera: «vedano le vostre opere buone...»?, quelle liste ecc. sono per dare buoni esempi, per diffondere il bene, per la gloria di Dio, per testimonianza di Cristianesimo... o non piuttosto... ma non è bello scrivere certe cose, mi dicono, e i nostri stracci è bene lavarli fra noi. Va bene ma laviamoli però, una buona volta, questi stracci, perchè almeno possano essere stracci, sì, ma decorosamente puliti.
Tutto considerato allora, concludo che anche il fare liste dì nomi, sia pure senza «la relativa cifra», è veramente sbagliato. Ma con questo non concludo affatto, come si conclude nella lettera, che allora «tutto è sbagliato e tutto da rifare» compreso il Vangelo, perchè quelle cinque parole citate da S. Matteo, cap. 5, basta leggerle (come esige una semplice e sana esegesi) in tutto il contesto, che è nientemeno che il discorso delle Beatitudini, per capire che non c'è assolutamente bisogno di rifare il Vangelo, ma che invece c'è bisogno di accoglierlo interamente e viverlo seriamente se vogliamo essere di gloria a Dio.
Il Cristianesimo è infinitamente di più che scrivere un nome e cognome su una lista di offerte, anche se fosse fatto perchè gli uomini vedano le nostre opere buone e diano gloria al Padre. Bisogna dare al discorso di Gesù (e a tutto il Suo Mistero) le giuste misure, proprie del Pensiero di Dio, facendo attenzione a non ridurlo a un formalismo gretto come le mentalità umane.
Ecco, come stanno le cose: "...voi siete la luce del mondo. Non può rimanere nascosta una città posta sopra una montagna, né si accende una lucerna e la si pone sotto il moggio, ma sul candeliere perchè faccia luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli". (Mt. 5, 14-16).
un prete
in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1963, Febbraio 1963
Luigi Sonnenfeld
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