A un pranzo in uno splendido paesino, meraviglioso come un nido di rondini, il giorno dopo Natale, sono venute fuori discussioni strane ma anche interessanti.
Non so se avete notato come sia piacevole parlare di cose serie quando si è a tavola imbandita, insieme ad amici o a persone importanti.
Si mangia molto, sia pure con molta eleganza disinvolta, si beve assai per fare festa e si parla con un gusto matto di cose importanti. E il discorso viene giù come da un mondo di sogno, si ascoltano le proprie parole assai più di quelle degli altri e succede generalmente che si parla quando gli altri masticano e gli altri parlano quando noi si mastica e durante questo alternato ora a me e ora te, grandi cose vengono dette capaci di affrontare ogni problema e risolvere tutto, da essere meravigliati che tutto in fondo sia così facile e semplice.
Anche perchè poi uno può sempre sfogarsi, se il discorso non fila come vorrebbe, con un coscio di pollo e inghiottire ogni cosa aiutandosi con bicchieri di vino, produzione locale, quindi sicuramente non sofisticato.
Ma non voglio scrivere del pranzo e nemmeno del dolce e spesso violento conversare, anche se sarebbe molto interessante, perchè uno dei vantaggi dei pranzi (deve succedere anche a quelli ufficiali fra personaggi importanti) è quello di rendere in quel clima di intimità che si stabilisce, più scoperti e quindi più veri, più sinceri, i commensali.
Cadono le difese, da dopo gli antipasti a poco per volta ci si affaccia timidamente al disopra della trincea, all'arrosto gli invitati già si sorridono cordialmente nonostante i gravi discorsi e allo spumante si stringono la mano come buoni amici di sempre nonostante le sfumature rimaste per idee diverse, ma in fondo non proprio contrastanti.
Dopo un pranzo simile non possono non avvenire effusioni di cordialità e si scoprono terreni comuni veramente insospettati.
Ci eravamo finalmente alzati da tavola e un confratello mi diceva, disapprovando apertamente perchè era una vergogna marcia, qualcosa d'insopportabile, di nauseante (dopo i pranzi tutto è visto in modo estremo, eccessivo, superlativo), che certa gente, specialmente i nuovi aristocratici arrivati alla commenda a suon di quattrini e di appoggi più o meno comprati, quando fa un'opera buona la strombazzi a tutti i venti, suonando la tromba fatta di giornali.
E mi raccontava di aver letto sopra la cronaca di un quotidiano di un personaggio della nostra città che in prossimità del Natale, un mattino si doveva essere alzato bene. E in vena di opere buone, assaporando il dolce clima natalizio, ricordandosi di essere un buon cristiano e persona sensibile verso i poverelli e gli orfanelli, aveva dato ordini di stanziare una somma: 20.000 lire da dividere in parti uguali agli orfanatrofi, poveri vecchi, istituzioni di beneficenza ecc. Insieme aveva dato disposizioni perchè il tutto apparisse sulla cronaca cittadina, evidentemente per offrire buoni esempi all'imitazione dei volenterosi di opere pie.
E' una vergogna, gridava il confratello. E io dicevo che era vero, però azzardavo a dire, rifacendomi a troppa esperienza passata, che molta colpa di questa stupida mentalità era nostra. E' storia vecchia il sollecitare offerte, solleticando la vanità e l'amor proprio dei nostri fedeli cristiani.
E mi rifacevo, così, molto ingenuamente, ai Vangelo. La mano sinistra non sappia cosa fa la destra. Che non bisogna suonare la tromba agli angoli delle strade quando si fanno opere di carità, ecc.
Consensi, approvazioni, tutti d'accordo a condannare quel povero Commendatore Cavaliere Grand'Ufficiale delle 20.000 lire spiattellate sulla cronaca del giornale.
E il confratello mi diceva che questa era una battaglia da combattere sulla Voce dei poveri: perchè è l'ora che certe vergogne spariscano, disonorano il Cristianesimo...
E ci siamo avviati alla Chiesa. Si avvicinava l'ora dei Vespri Solenni a conclusione della festa in paese.
Erano state inaugurate quel giorno e splendevano alla luce fredda di quel povero sole invernale le nuove porte della chiesa. Laminate in bronzo martellato con magnifiche, anche se un po' funeree borchie dorate, con battenti a teste d'angelo a sbalzo, erano piuttosto belle.
Convenevoli, rallegramenti, congratulazioni col Parroco sfavillante di giusta gioia per un lavoro necessario fatto alla chiesa e interamente realizzato, diceva con compiacenza, con le offerte spontanee dei parrocchiani.
Siamo entrati e a sinistra, li, appoggiato, ani sembra, ad una colonna, bisognava guardare per forza un gran quadro con su scritti a grossi caratteri nome e cognome e relativa cifra dei buoni parrocchiani offerenti.
Non ho detto niente, ho fatto finta di non vedere, ma non ho potuto fare a meno di pensare che il Commendatore Cavaliere Grand'Ufficiale delle 20.000 lire ha imparato in chiesa a suonare la tromba fatta col giornale per annunciare al mondo le sue opere buone.
un prete
in La Voce dei Poveri: La VdP gennaio 1963, Gennaio 1963
Luigi Sonnenfeld
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