Non è certamente il caso di metterci a fare bilanci sul lavoro svolto in tre anni di vita di questo foglietto mensile: una povera ricerca fatta molto alla buona, sicuramente in modo molto sprovveduto, spesso - per non dire sempre - improvvisato in poche ore, all'arrivare del giorno stabilito per la tipografia, ma sempre però raccolta dal profondo dell'anima, tirata fuori dall'intimo di se stessi, fruttificata silenziosamente nel segreto del cuore, maturata spesso con tanta sofferenza e tanta angoscia.
Siamo troppo niente per fare bilanci di attività e tanto più azzardare considerazioni di utilità, di incidenza, di resa pratica. E è chiaro che per confortarci non possiamo nemmeno ricorrere alla parabola del seminatore perchè non siamo mai stati sicuri se il nostro povero foglio era un seminatore a piene mani nel solco aperto e, nel caso che lo scrivere sia sempre seminare, non abbiamo mai ben saputo che seme fosse il nostro.
E' molto più vero pensare che se a qualcosa siamo serviti, non è stato molto più che lavorare a zappare il campo, a smuovere la terra spesso tanto soda e dura, a strappare erbacce inutili... e a sperare e sperare sempre, che il Cielo mandasse la sua pioggia, che le stagioni fossero favorevoli che qualcosa spuntasse di tra le zolle del campo.
Spesso ci siamo domandati - anche perchè la spedizione è lavoro tanto noioso, non avendo le etichette metalliche per gli indirizzi, ma dovendo sempre prepararli dattilografati e poi incollarli, uno per uno sopra i giornali - spesso ci siamo domandati, delle duemila copie che inviamo ogni mese, quanti saranno a leggere la nostra povera fatica. Il titolo non è troppo invitante e fa venire immediatamente in mente i giornaletti degli orfanatrofi antoniani che dilagano nelle buone famiglie a chiedere soldi, e anche la materia trattata non è della più allegra; questa storia della povertà è spesso - e forse sempre - argomento che dà noia, soffoca, sgomenta perchè è sicuramente importante nel Cristianesimo, ma d'altra parte è così difficile, è problema tanto strano e dà l'impressione di qualcosa d'impossibile e a lungo andare viene soltanto voglia di non pensarci più e starcene in pace una buona volta...
Tutto considerato, insieme al fatto che scrittori non siamo, né ne abbiamo a disposizione, la domanda di quanti saranno a leggere il nostro foglio era e è assai senza senso.
Avevamo perfino cercato di escogitare qualche sistema per fare un tal quale accertamento, un'inchiesta o qualcosa del genere. Ma poi non ne abbiamo fatto di niente, anche perchè ci è apparso sciocco e presuntuoso voler sapere chi leggeva «La Voce dei poveri» o chi la gettava nel cestino, dato che se avevamo una briciola di dignità e quindi di giusta valutazione della nullità che siamo, dovevamo presumere, logicamente, che la stragrande maggioranza dei destinatari del nostro giornale non poteva fare altro che buttarci nel cestino della carta straccia.
Quindi tutto considerato, conveniva continuare in santa pace sperando che qualche lettore ogni tanto desse un'occhiata ai nostri discorsi. E continuiamo con serenità e fiducia.
Abbiamo sempre più la convinzione che il problema della povertà cristiana - problema dei cristiani che credono nella povertà e la sentono valore determinante di una sincerità cristiana come glorificazione di Dio, come Verità dì se stessi e della condizione umana e come realtà fondamentale per un vero rapporto d'Amore col prossimo, chiunque sia questo prossimo - questo problema della povertà cristiana sia necessario impostarlo con molto coraggio e in modo scoperto, se vogliamo riuscire a incidere cristianamente nel nostro tempo e fra la gente che ci cammina accanto.
Forse sempre più e anche in misure addirittura drammatiche, la povertà si presenta e viene conosciuta e sentita come essenzialità assoluta per un Cristianesimo.
Povertà viva, vissuta, realizzata in questa esistenza del nostro tempo. Povertà coraggiosa non fatta di disprezzo delle cose, di modi esterni e forse nemmeno di voti e di saio, ma povertà accettata nel cuore e nell'anima, libertà da grettezze e egoismi, superamento d'interessi personali e particolari, non condizionamento di benessere materiale, senza esigenze assolute, senza ansietà per il domani pur partecipando a cuore aperto, e interamente dentro, le insicurezze di chi vive del proprio lavoro.
Povertà di chi vive contando soltanto su Dio e non solo perchè crede nella Sua Provvidenza che dà da mangiare agli uccelli e veste i fiori dei campi e quindi ne darà anche a me da mangiare e non mi farà mancare un vestito, ma la povertà che dà di vivere soltanto per Lui, che porta a vivere soltanto per Lui, perchè è povertà così tanto di tutto, da testimoniare che Dio soltanto è tutto, Valore assoluto, ciò che unicamente conta e vale e per il quale tutto assolutamente è. Questa povertà consapevole del proprio valore teologico, cercata o accettata e quindi vissuta perchè valore essenziale cristiano in ordine a tutta la Verità.
Di questa povertà si sta sempre più parlando dovunque. E chi si accosta al Cristianesimo nella fiducia dì trovarvi la Verità per tutto il Mistero dell'esistenza, è attirato quasi sempre dal fascino della povertà cristiana. E chi avverte dentro di se il dovere e il bisogno di una ricerca di sincerità cristiana per una risposta al Mistero di Dio ormai scoperto e sentito in tutta la violenza di richiamo a tutta la Sua Verità e a tutto il Suo Amore, scopre il valore povertà in tutta la sua essenzialità e sa che questa è la strada.
Strada lunga e faticosa che arriva fino alla Verginità intesa come povertà nella sua misura misteriosa, aperta a tutto il Mistero del dolore e del destino di tutti gli uomini e termina, lassù, sul Calvario, ai piedi della Croce.
Di questa povertà ha parlato il Concilio, anche se non in modo ufficiale: la povertà, nella sua essenzialità per il Cristianesimo del nostro tempo, è stata la problematica dì tanti Vescovi, fino a farne un clima veramente meraviglioso da allargare il cuore a tanta speranza.
E questa povertà e ogni altra povertà - perchè ogni povertà ha in sé del Cristianesimo, se non altro per il bisogno estremo di avere un significato, un valore e quindi una salvezza - continuiamo a sognare su queste povere pagine. Sogni strani e forse spesso anche assurdi, ma però bellissimi, specialmente quando capita di credere dal più profondo dell'anima che assai prima di noi li ha sognati Gesù.
La Redazione
in La Voce dei Poveri: La VdP gennaio 1963, Gennaio 1963
Luigi Sonnenfeld
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