Preghiere per il Concilio Ecumenico
Ti siamo stati sempre amici, Signore. E la tua amicizia era una gloria per noi. Un onore l'obbedirti assecondando i tuoi desideri. E i tuoi inviti alla tua mensa sempre li abbiamo accolti con gioia.
Però da tempo qualcosa di Te ci pesava. Non potevamo dirtelo perchè perfino a noi stessi avevamo paura a confessarlo. Senza nemmeno avvedercene ci siamo allontanati da Te.
E forse è stato perchè Tu, a lungo andare, pretendevi troppo da noi. Per una cena ogni tanto o un convito, quante cose ci facevi perdere o sacrificare. E i tuoi inviti ormai erano incubo pesante, quasi schiavitù obbligata.
A poco a poco le nostre cose, i nostri interessi, i nostri ideali hanno perso importanza. Ci sembrava che fosse possibile metterli d'accordo con la tua amicizia: E sono arrivati a trovarsi sul tuo stesso piano, alla pari con Te.
Lo credevamo che Tu nulla avresti perduto. Ma il cuore degli uomini non può essere diviso: l'abbiamo capito di colpo appena i tuoi servi sono venuti a farci l'invito alla tua cena.
E' vero, ci hanno sorpresi impegnati, ma forse da tempo avevamo ,già detto di no. Di no al tuo modo di pensare, di sentire. Di no a Te in tutto quello che sei. Tu hai capito che i nostri motivi erano povere scuse. Però per noi ormai erano cose importanti fino al punto che ci avevan portato alla scelta. E Tu per me ormai eri meno valore di un campo e per me stavi al di sotto di cinque paia di bovi e per me nemmeno per ombra valevi la mia giovane sposa, bella e pronta all'amore.
Non potevamo accettare il tuo invito, era impossibile sedersi alla tua mensa: il nostro cuore e l'anima nostra era nel campo, fra i buoi aggiogati, a fare l'amore con la giovane sposa.
E non siamo venuti. La terra sembrava bastarci, così la ricchezza e l'amore.
D'altra parte perchè Tu vuoi tutto da chi consideri amico? Perchè pretendi che si debba star lì soltanto ad attendere il tuo invito?
Non ti degni nemmeno avvertire per tempo. Non dai peso per niente ai nostri interessi. Non sopporti che anche noi abbiamo i nostri impegni..
Però dopo abbiamo capito. E' dura la lezione, ma l'abbiamo capita. Non sappiamo se ne avremo il coraggio, ma da allora ci è stato chiaro che per essere pronti al tuo cenno, disposti ad ogni tuo invito, capaci della tua amicizia, bisogna essere poveri.
Li ho visti dal mio podere alzando gli occhi al di sopra dei filari di viti, li ho scorti riposandomi un momento dalla prova dei buoi e, dalla finestra aperta sulla strada insieme a mia moglie, ho seguito tutta la scena.
Varcavano la soglia del tuo palazzo a due, a tre, a gruppi insieme, correndo, incespicando, tirandosi dietro i ciechi per mano: erano storpi e sciancati, vestiti di stracci e la barba incolta..
Hanno occupati i nostri posti con serenità e gioia. Disinvolti e sereni. Erano veramente a casa loro. E Tu finalmente hai avuto dei veri invitati, dei sinceri amici.
Ti preghiamo di aiutarci perchè sappiamo vendere il podere al primo che capita. Vogliamo disfarci dei buoi: piuttosto il carretto e l'aratro lo tiriamo a braccia. E una donna non vogliamo che sia un ostacolo: anche lei ha bisogno di Te, anche lei aspetta il tuo invito come ognuno di noi e insieme possiamo e dobbiamo venire alla tua cena.
E se è necessario - e forse lo è davvero, Signore - aiutaci ad essere ciechi, dacci di essere storpi e zoppi, poveri ridotti sul lastrico, agli angoli delle strade, coperti di stracci a stendere la mano.
Si, Signore, perchè vogliamo essere sicuri che quando il tuo invito verrà, in qualsiasi momento, all'improvviso, come Tu sei solito fare i tuoi inviti, noi siamo pronti a venire.
(Vangelo di S. Luca 14, 16-24)
in La Voce dei Poveri: La VdP novembre 1962, Novembre 1962
Luigi Sonnenfeld
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