Una volta - fino a qualche tempo fa ma non molto, mi sembra - capitavano, ogni tanto, momenti particolari determinati da qualche occasione o circostanza, meno spesso da improvvise sensibilità interiori capitavano avvertimenti strani e misteriosi circa il mistero della vita e quindi intorno al buio della morte.
Ora invece sta succedendo il contrario. La presenza dell'avvertimento - forse è meglio dire della sensibilità - del mistero della vita e della morte è continua e capita di rado assai qualcosa che distragga fino in fondo, in modo che qualcosa possa essere vissuto - vissuto nel vero senso della parola, cioè accolto e partecipato fino alla totalità - a se stante, per realtà propria e indipendente da un rapporto al mistero della vita e della morte.
No, no, non è una presenza drammatica e tanto meno romantica questo confondersi in unica realtà del vivere quotidiano con le profonde ragioni dell'esistenza. E non comporta affatto spavento o sconforto e forse nemmeno stanchezza. Tanto meno succede che i valori di questo mondo perdano consistenza concretezza o importanza. Tutto rimane al suo posto e conserva la sua splendida preziosità. Soltanto che forse è cambiata la capacità visiva, c'è un altro modo di vedere perchè sicuramente vi è più luce, più calore.
Non vi è mai successo di vedere quanto il mondo è diverso - più bello - la sera quando il sole è appena, appena calato dietro il filo splendente dell'orizzonte?
Le cose non sono più immerse nella luce e sopraffatte e come vinte ma adesso palpitano di luce propria nella leggerissima penombra che tutto avvolge. Restituiscono per qualche istante la luce che le ha accecate lungo la giornata di sole e splendono chiare di serenità tutta intima e segreta. E l'ombra sopravviene perchè quella luce si spenge a poco a poco. La restituiscono le case e gli alberi e il mare e poi anche le montagne perché al mattino possa ancora ritornare.
E forse l'autunno, questo dolce mese di novembre, è bello, quando si è avanti negli anni, perchè ci somiglia così da vicino. Mi sembra di vedermi, di vedere la mia anima scoperta e distesa in tutto il suo mistero così meravigliosamente avvertito, lungo il sentiero fra i pini umidi di pioggia, nel sottobosco fermo e stanco nel suo lento e tranquillo morire, sulla terra coperta di foglie bagnate, a strati, abbandonate, vive soltanto il colore acceso e mescolato, come ricordo di sole, di vento, di azzurro.
Ora l'aria è calma e il vento vuole soltanto scheletrire gli alberi e muovere le nubi per portare pioggia lunga, sottile, come la pazienza a coprire il mondo. E' tempo di pace consapevole, di visione serena delle cose, senza fretta e orgasmo, senza dramma e tanto meno tragedia.
Bisogna prendere coscienza del mistero. Ora è diventato scoperto. E' sotto ogni albero fra le foglie cadute, E sul velo di seta disegnato di colore, disteso sul mare così calmo e fermo come non mai durante l'anno. E' diffuso dovunque come l'umidità vellutante ogni cosa. Come la tristezza e la malinconia, laggiù in fondo, a cristallo liquido, negli occhi.
Allora raccolgo con dolce serenità il dramma dei rapporti fondamentali della vita e della morte. Sono realtà che si spiegano a vicenda. Si schiariscono soltanto legandole insieme in relazioni essenziali. Hanno luce propria e soltanto fondendosi illuminano il mistero infinito del mondo.
Ora penso, con pensiero continuo incessante come un camminare senza soste, che morire rientra a buon diritto nella logica della vita. Mi pare che la spieghi come un qualcosa che ordini una realtà ad un'altra.
Diversamente rimarrebbe come fine a se stessa, e quindi una fissità assurda, irrazionale. Sarebbe qualcosa che è essenzialmente movimento, costretta invece all'immobilità.
La vita è un dono, un dovere senza limiti: siamo così assurdi quando vorremmo tenerla tutta nelle nostre mani. Fermare l'acqua del fiume. Impedire il volare del vento.
Morire è continuazione di tutto. E' poter non fermarci mai. E' varcare la soglia per dove la vita può continuare ad espandersi. Cammino che entra in una strada senza fine.
Sento già che in qualche modo questa strada è imboccata. E' assai di più di quando studio la carta geografica prima d'iniziare un lungo viaggio.
Cammina già, lo sento bene, su questa strada senza fine. Nulla ormai è conclusione, visto e sentito come punto di arrivo. L'orizzonte si sposta sempre più avanti quando si è cominciato il viaggio senza meta. E non vi sarà orizzonte possibile a raggiungersi.
Sembrerebbe che ne venisse uno smarrimento o un senso di stanchezza terribile. Ma questo invece succede quando vi sono programmi fissati come quelli che viaggiano affidati alle Agenzie di turismo.
Qui no, qui è visione libera e aperta. E il tempo ha già perduto assai dell'ossessione del suo passare. Nessuna fatica per trattenerlo, nessuna volontà per impedirne lo scivolare silenzioso e veloce come quello delle ombre.
E' molto bello dare libertà al tempo, affidandoci alla sua dolce corrente di fiume verso l'oceano.
Non sembra, ma la vita acquista serietà essenziali. Rimane conosciuta nella sua intima natura, scoperta nella sua profondità d'esistenza vissuta nella pienezza della sua verità.
Ma non è tutto. Vi è ancora di più in questo dolce novembre. In questo numero di anni. Nel maturarsi dell'esperienza raccogliendo tutto assolutamente tutto fino a un bicchiere d'acqua, un filo d'erba, la storia umana, un cuore caldo d'Amore, una speranza accesa e nascosta laggiù in fondo, negli occhi... e a un certo punto è come toccare il fondo delle cose, è come averle esaurite, conosciute, raccolte e vissute - tutto quello che sono e che possono dare.
L'impressione che non si possa essere qualcosa di più, che non sia possibile qualcosa di nuovo. E' possibile soltanto, ormai, ricominciare da capo, ripetere e ripetere.
E' allora, quando l'esperienza è di pienezza e si sa che sulla terra di più è impossibile, è allora che viene voglia di morire; andare cioè oltre ancora di là dal limite dove limite e misura non sono più, ma libertà soltanto verso uno spazio infinito.
La vita terrena forse è solo un avviare il cammino. E' per cominciare a guardare in alto. Per abituarci gli occhi alla luce, per imparare ad aprire il cuore scavando vastità incolmabili.
E quando tutto questo si va facendo dentro l'anima nostra, allora l'esistenza sempre più entra nella logica della morte. Ne diventa dolcemente una necessità, un bisogno vitale, un richiamo irresistibile.
Tanto più poi quando questa ricerca essenziale diventata esperienza del limite e scoperta dell'infinito, è Dio che la compie. Succedono allora momenti supremi di chiarezza, serene violenze interiori di totale Verità e d'infinita potenza di Amore. E' l'entrare del tempo nell'eternità e dell'eterno nel tempo. Dio allarga il Suo Infinito in una povera anima e in una povera carne. Non si può non desiderare l'unica cosa desiderabile, morire, perchè tutto si compia e sia vero senza più la paura del dopo.
Perchè di questa Verità e Amore, tutto è segno e immagine e rassomiglianza e quindi gioia e felicità, ma in misure troppo ristrette e poi possono distrarci e forse disorientarci. Soltanto la morte vincerà questa paura, dissipandola in certezze assolute.
Ora cammino con gioia sugli strati di foglie bagnate, rosse come il rame bruciato.
E' come camminare sulle pagine di un libro che racconta una storia lunghissima, lunga quanto la storia del mondo.
E su quelle pagine-foglie vi è illustrato a colori - e sono così vivi e accesi, fondi e misteriosi - anche il mio mistero, quello della mia carne e dell'anima mia. E' tutto chiaro il mistero, adesso, in questo sentiero del bosco, fra questi alberi stanchi, sul velluto di foglie di rosso ingiallito mangiato di ruggine.
E' tutto in questo mese di novembre triste e pesante eppure colmo di Verità e carico di promesse.
don Sirio
in La Voce dei Poveri: La VdP novembre 1962, Novembre 1962
Luigi Sonnenfeld
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