Il Concilio di Giovanni XXIII non ha nulla da inventare: basta che spezzi le paratie dei compartimenti stagni, che disperda le ottenebrate paure alla luce delle esperienze di vita di una Chiesa che è pronta a ringiovanire, a rinnovarsi, a riformarsi. Quando pensiamo, alle forme perduranti dell'apostolato cattolico a cinquant'anni dalla testimonianza di un Charles de Foucauld, o alla ecclesiologia di un Charles Journet che, salvo eccezioni, attende da oltre vent'anni di essere proposta alla Chiesa universale, e prima di tutto al clero, non possiamo non ritenere che il vento dello Spirito sia per rompere le assurde frontiere del rifiuto, della negazione, della paura. Il comunismo e il "terzo mondo", per non dire delle più evolute società occidentali, mostrano che il «potere temporale» è ineluttabilmente morto, e con esso ogni garanzia umana della sopravvivenza della Chiesa. Scompaiono, nelle «colonie cristianizzate» dell'Angola, e con gli estremi sussulti delle «monarchie cattoliche» europee, gli ultimi pallidi Costantinidi. Che il Concilio Vaticano II sappia afferrare il fremito del tempo, e donare a tutti i cristiani, rinnovata e aperta la Chiesa sacramentum renovationis totius mundi.
«Quest'Italia» dal fascicolo speciale dedicato al Concilio Ecumenico Vaticano II
«In quanto Chiesa di uomini, e di uomini che peccano, la Chiesa, per quanto di fondazione divina, ha bisogno di critiche; in quanto Chiesa di Dio nella condizione umana, essa sopporta la critica più di qualsiasi altra istituzione».
Hans Kung
in La Voce dei Poveri: La VdP ottobre 1962, Ottobre 1962
Luigi Sonnenfeld
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