Questo nostro Concilio

Per quelle pubbliche preghiere di preparazione, per il pellegrinaggio del Papa a Loreto e Assisi, per le solennità diocesane intorno ai Vescovi, se ne è parlato e scritto molto nei nostri ambienti cattolici del Concilio Ecumenico, iniziato finalmente con particolare grandiosità, 1'11 di questo mese.
E si sente per aria un clima assai ravvivato e acceso. Una trepidazione assai fatta di Amore. Un'attesa rispettosa e consapevole, veramente vigilante e attenta.
Viene in mente di guardare alla Basilica di S. Pietro come a un campo arato di fresco. Terra buona e novella come si vede ora d'ottobre e novembre: macchie scure e vive e in pace, assettate con cura, fra le vigne rosso viola ingiallite, morte, ormai senza frutto. Viene da pensare ai Vescovi, chiusi nel segreto e nel mistero; come al buon grano deposto dalla speranza sotto la terra buona e novella del campo.
E adoro la paraboletta, così breve eppure così infinita, raccontata da Gesù per incoraggiare la nostra attesa e sostenere la nostra speranza: «Il Regno di Dio è come un uomo che abbia gettato il seme sotto terra: che dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme spunta e cresce, senza che egli sappia come. Poiché la terra produce da sé, prima l'erba, poi la spiga, poi il grano pieno nella spiga. E quando il frutto è pronto, subito egli mette mano alla falce perché la messe è matura.» (Mc. 4, 26-29).
Inverno lungo questo nel campo della Chiesa e non mancherà il freddo e la neve a ricoprire la terra. Scroscerà la pioggia a giornate intere nebbiose e pesanti, a raffiche violente per venti di burrasca. Il grano è sotto terra ravvolto di silenzio, nell'ombra di una morte necessaria. Ma è vivo e visibile e rompe le zolle indurite dal gelo e spunta nuovo come la prima volta.
Sarà quanto prima pane profumato, caldo di forno e saporoso di buon grano e potremo tutti saziare la fame, se saremo affamati.
Pensiamo che durante lo svolgimento del Concilio sia doveroso da parte di tutta la Cristianità realizzare un clima di Fede. Fede seria, profonda, consapevole, attiva.
Il Concilio Ecumenico nel suo svolgersi a Roma e nel suo avvenire e fruttificare nella Cristianità e nel mondo, ci chiede questa Fede, questa partecipazione coraggiosa a tutto il suo fatto soprannaturale e divino.
Non possiamo stare a guardare alla Televisione ciò che succede in S. Pietro e dintorni ed esaurire la partecipazione al Concilio a base di curiosità. E nemmeno possiamo limitarci a leggere quello che i quotidiani o i settimanali illustrati ammanniscono ai lettori.
Non può bastare l'aver fatto la novena allo Spirito Santo e recitato la preghiera per il Concilio.
Pensiamo che sia il tempo, questo, di ravvivare un clima di Fede formidabile. E non solo credere che lo Spirito Santo è là a guidare, illuminare, ecc. i Vescovi e il Papa chiusi in S. Pietro. In fondo non ci vuole molto a fare questo atto di Fede al quale siamo abituati. Ma credere che lo Spirito Santo in questo periodo conciliare, mentre e perchè la Chiesa è impegnata nel cercare ancor più attivamente il Regno di Dio, è di più nel mondo, è diffuso maggiormente su tutta la faccia della terra, è più presente fra gli uomini.
Quando lo Spirito Santo è sceso sugli Apostoli nel Cenacolo per la Pentecoste, è sceso, è venuto nel mondo, è entrato nella storia, si è riversato dovunque, ha colmato l'umanità e riempito per così dire le case e le strade fino al punto che poi la pienezza di Spirito Santo degli Apostoli era tutta nel raccogliere la sovrabbondanza di Spirito Santo di cui l'umanità era colmata.
Adesso, perchè la Chiesa è riunita in comunione aperta di valori umani e specialmente e in modo perfetto in comunione di realtà soprannaturali, tutta protesa alla Verità, tutta pronta all'Amore come una vergine sposa nel chiuso della casa, Dio è di più nel mondo.
Il Concilio lo ha chiamato, Dio, con quasi sacramentale potenza, perché «...il Suo Spirito abbia ancora a creare e renda nuova la faccia della terra».
Il nostro atto d; Fede è accorgerci di questa Presenza nel mondo, scoprire la Sua forza fra gli uomini, fare esperienza della Sua luce e conoscere la violenza del Suo Amore.
Dio è accanto a noi, dentro ciascuno di noi in modo eccezionale, durante il tempo del Concilio. E' più vivo nelle realtà umane e più pressante e costringente è la Sua Presenza fra noi.
Qualcosa è più acceso e brucia. La città è più scoperta sul monte. La luce è più alta e splendente. Il lievito urge più violento dentro la massa della pasta. Il sale ha sapore più ardente...
Perchè il Regno di Dio è vicino, è alle porte. E' dentro di noi.
E' tempo di Grazia questo.
Perché «la scure è posta alla radice degli alberi e ogni albero che non fa buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco» (Mt. 3, 10). «Il ventilabro pulirà bene la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia nel fuoco inestinguibile» (Mt. 3,12).
La paura dì S. Agostino perché Dio poteva passargli accanto e poteva non vederLo.
E' la paura per questo nostro tempo in cui Dio è fra noi, passa accanto a ogni cuore, a gruppi d'esistenza, a classi sociali, a popoli, a tutta l'umanità: possiamo non vederLo, nemmeno accorgercene. Il problema del Concilio è solamente uno, in fondo: l'indifferenza, il vuoto nei confronti dì Dio. Gli uomini, l'umanità che non ha bisogno di Lui, che non lo cerca perchè è senza fame e senza sete, senza tormento di Lui.
Viene da pensare con punte di nostalgia ai tempi di lotta e di angoscia popolare per problemi di Verità e di Fede.
Se il Concilio non è vivo e vivente nella nostra carne e nel nostro sangue, se non è motivo di sofferenza angosciosa e trepidante, se non ottiene partecipazione personale come qualcosa di vitale per ciascuno di noi e non costringe a cercare Dio con Fede aperta e coraggiosa dentro questo nostro tempo e fra gli uomini che ci vivono accanto e dentro e sotto le coperture della nostra civiltà, a poco serviranno le sessioni conciliari dietro le porte di bronzo di S. Pietro a Roma.
Il Concilio sta avvenendo nel nostro cuore, nella nostra anima. Nelle case e nelle piazze. Nelle città e nelle campagne. In ogni angolo della terra. Perché lì è Dio, lo Spirito Santo a fare il Regno dei Cieli. E lì è la Sua misteriosa fatica a fare di una strada, di una terra spinosa e sassosa, terra vangata e arata e pronta perchè il buon seme raccolto a Roma dalla fatica del Papa e dei Vescovi, possa essere seminato e portare dove il cento, dove il sessanta e dove il trenta di frutti. (Mt. 13, 3-8).
Dio chiederà conto alla nostra generazione, nel dì del giudizio, di questo Concilio Ecumenico. Alla nostra generazione e a ciascuno di noi.


La Redazione


in La Voce dei Poveri: La VdP ottobre 1962, Ottobre 1962

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