Poche sere fa sono stato a parlare in una riunione di giovani, studenti o appena laureati. Si riuniscono una volta la settimana per discutere problemi di attualità, presso la sede del partito Socialista.
Il clima culturale è sicuramente a tipo marxista, così il sottofondo della discussione e i criteri di valutazione dei problemi. Però vi è serena accoglienza e possibilità di aperto parlare.
Mi avevano invitato per una conversazione.
Ho accertato abbastanza volentieri, anche se so bene di non avere possibilità culturali e nemmeno di prontitudine dialettica. Ma ho pensato che il tempo così stupidamente retorico e accademico, per non dire di peggio, è finito ed è invece arrivato in modo chiaro e invitante il tempo della serena testimonianza delle proprie idee, il tempo della semplice esposizione dei motivi della propria esistenza. Certo accanimento di difesa e di affermazione della Verità, a tipo battaglie crociate, non va più bene e nemmeno forse una animazione di tentativi proselistici per conquiste alla Fede.
Non mi sono preoccupato di nulla. Forse è semplicismo, forse è ingenuità fanciullesca o anche incoscienza. Non so, a me sembrerebbe apertura fraterna e serena fiducia nella Verità alla quale ho consegnato la mia vita.
In ogni modo sono andato e mi sentivo al mio posto come in chiesa.
Pensando un po' al tema propostomi, la mia conversazione poteva impostarsi in modi assai diversi. Ho creduto bene fare una certa esposizione - sia pure molto accennata - dei principi fondamentali della nostra Fede in ordine ai problemi di esistenza individuale e sociale.
Sono abituato a cercare di cogliere ogni indicazione pratica, anche quella di ordine più concreto, dalle Verità teologiche. Tutto nella nostra fede è a espansione e ritorno al centro, che è Dio, con concatenazioni meravigliose, adorabili. Fino al punto, almeno a me sembra, che mai la ricerca della Verità è soltanto speculativa, teorica, intellettualismo, o culturalismo, perchè veramente la Parola di Dio, come Gesù dice, è Spirito e Vita.
E quindi ho cominciato a parlare di Dio.
L'Unità di Dio come affermazione primaria, fondamentale, valore assoluto. L'esprimersi e l'ordinarsi dell'Unità di Dio nella Vita Trinitaria. I rapporti dell'Unità e Trinità nell'Amore.
La creazione è l'espansione, l'allargarsi dell'opera di questo Amore al di fuori di Dio. E il moltiplicarsi dell'esistenza non annulla la realtà unitaria per una relatività essenziale all'unico valore assoluto.
Nell'uomo tutto questo è inciso nella sua natura umana, che noi crediamo, creata a immagine di Dio.
E' dall'unità di Dio che nasce il valore fondamentale, centrale di tutta la realtà umana, della persona umana. E' dalla Trinità che scaturisce il suo essere ordinata alla comunità.
Persona e comunità: non realtà divise, ottenibili solo con la sparizione di una o dell'altra realtà, ma complementari per una vera e completa, vicendevole valorizzazione.
Così il Mistero di Gesù Cristo. Il suo essere vero uomo - e il suo raccogliere in Sé tutta l'umanità - nella Sua Unica Persona Divina.
Il Cristianesimo è un messaggio alla persona umana. Ed è tutto ordinato alla realizzazione secondo Dio del destino personale di ciascuno. Però la Verità in ogni cristiano è legata all'Amore. E la persona, nel Cristianesimo, attua veramente se stessa, è ciò che dev'essere secondo il Pensiero di Dio, solo in una perfetta realtà di Amore.
L'Amore mi porta al superamento di me stesso e mi dà, in questo superarmi, attuazione di me, completa, perfetta. Quanto più Dio e il prossimo diventano motivi del mio impegno personale, tanto più la mia persona si compie e è.
L'Amore sembra annullarmi e invece mi costruisce e mi rende veramente me stesso: esattamente come in Dio e in Gesù Cristo.
Tutta la costruzione dei rapporti sociali, da persona a comunità e da comunità a comunità, può e deve essere, secondo il Cristianesimo, soltanto opera di Amore.
E è seguito un accenno, sia pure brevissimo, dei passi del Vangelo più indicativi di S. Paolo e qualche accenno al Cristianesimo dei primi tre secoli.
Sulla parete di fianco ogni tanto davo un'occhiata a un grande cartellone con su dipinto la falce e il martello, il libro e il sole nascente. E sentivo come immensa pena nel cuore, l'affannosa, tragica ricerca umana di soluzioni dei tremendi problemi dei rapporti umani. E tutta la sofferenza, e il fiume di dolore che ha travagliato la storia, perchè mai si è voluto guardare agli altri con Amore.
Gli interventi, dopo che ebbi finito di parlare, furono riconoscimenti della sublimità della dottrina, ma anche precisa dichiarazione di autentica utopia, d'impossibilità assoluta di risolvere qualcosa in questo mondo, dove solo può riuscire a qualcosa la forza, la lotta, la violenza.
E' vero. All'Amore, come possibilità di soluzione dei problemi umani, non è possibile credere. Serve soltanto a fare qualche opera buona, ma non può essere sistema di vita, l'unica legge che comanda, la sola forza che ottiene. Chi crede all'Amore è come un povero pazzo che pensi di camminare sulle nuvole a raccogliere con le mani le stelle.
E' duro accettare questa debolezza, questa inefficacia, questa inutilità. Ma forse è questa la forza dell'Amore cristiano. E' il suo morire continuo incessante, la sua efficacia. E forse siamo inutili in questo mondo, noi cristiani, perchè non si muore abbastanza.
Fuori si era fatto buio e pioveva a dirotto.
Me ne sono tornato a casa, dove ho trovato una solitudine nera come la notte. Il lumino acceso accanto al Tabernacolo faceva un po' di chiarore appena in un angolo.
Un Prete
in La Voce dei Poveri: La VdP aprile 1962, Aprile 1962
Luigi Sonnenfeld
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