Una conversazione

Mi sono capitati tra i piedi l'altra sera, dopo l'ora di cena. Mi ero sistemato quattro idee in testa e volevo scriverle. Quattro o cinque righe ed eccoli, uno dietro l'altro. E' stata un po' inevitabile un'ombra di disappunto. Ma i giovani, e i ragazzi in modo particolare, hanno sempre il diritto di far da padroni e ci siamo messi a chiacchierare. Capisco bene, dato che il Carnevale era finito e non vi erano in giro motivi d'interesse in una serata buia e piovigginosa come quella, che uno abbia proposto di venire da me e gli altri l'abbiano seguito uno dietro l'altro.
Uno stava seduto sulla sedia tutto appesantito sul braccio con il gomito sulla tavola e la testa tutta appoggiata al pugno incollato sopra l'orecchio. Parlava strascicando e mi pareva che avesse gli occhi pesanti da una sonnolenza lunga da anni. Ogni tanto quello che diceva erano parole legate soltanto da un filo di nebbia, come uno che si sveglia o si addormenta. Un altro si era seduto sul letto e fumava una sigaretta dopo l'altra. Diceva che era in serata buona: aveva nello stomaco, a strati, come uno spaccato di geologia, cose eccellenti e si sentiva euforico, quasi pieno di speranze.
L'ultimo stava in piedi perchè rimaneva seduto tutto il giorno e aveva bisogno di fare esercizio: si muoveva agevolmente da un appoggio all'altro. Sorrideva sempre come uno che ormai sa bene come stanno le cose e di cosa si tratta.
Il discorso è sceso subito in profondità. E a volte toccava punte polemiche di un certo rilievo, ma erano in tono umoristico a base di vecchi proverbi e di descrizioni brillanti e quindi il clima era molto cordiale. S'impara, col tempo, non so se a voi è successo, a dire cose serissime, da piangere, in modo che poi ci si può perfino ridere. Forse è soltanto questione di clima e di cordialità e poi si può dire tranquillamente a uno che è un elefante da quanto è pesante e quello ci ride su allegramente.
E' successo che si è parlato di modi egoistici di vedere la vita, di uso supino dell'esistenza, di indolenza stagnante, di miseria d'ideali, di avvenire senza senso, di attesa annoiata che arrivino le tedesche e le inglesi in villeggiatura, di dover aspettare, per pensare a qualcosa, di aver regalato allo Stato 18 mesi del servizio militare e alla famiglia la laurea, e nel frattempo di disinteresse da dormire fino a mezzogiorno, mangiare e tornare a dormire fino alle 20 ecc. e tutto quanto raccontato e descritto e argomentato in modo allegretto, con figurazioni fantastiche e proverbi simpatici. Veramente da venir fuori una serata piacevole.
Piacevole per modo di dire, cioè con robuste risate, improvvise e spaccate, ma poi era evidente che l'ombra, certamente non di più dell'ombra, si rifletteva dentro di noi in amarezza. Amarezza d'un minuto, forse, mia tutto però è vero che lascia sempre ferite. E quello dallo stomaco a strati si lamentava che gli si stava sciupando la serata così ben iniziata per via di quegli strati di benessere, con agitazioni interne, penombre di pessimismo e sensazioni di disagio.
E quello che appoggiava la stanchezza sul braccio e parlava parole come raccolte a caso nel sonno, si alzava e si stirava, confessando che era ben sveglio e sapeva benissimo cosa voleva dire regalare 18 mesi allo Stato e mettere sotto il naso ai genitori il foglio di laurea, e dover aspettare quel, momento per sentirsi vivo.
Quello che stava in piedi e che dimostrava di sapere molto bene, per consumata esperienza - fa un lavoro che evidentemente l'ha molto maturato - come stanno le cose, ha descritto la situazione riassumendola in quattro o cinque parole. Ma erano parole difficili, secondo lui chiarivano e rendevano perfettamente tutta la problematica, ma non siamo riusciti a capirle. Mi dispiace di non ricordarle. Le avrei trascritte volentieri.
In ogni modo è proprio vero. Interessare la gioventù a qualcosa è veramente difficile, forse è quasi impossibile. Viviamo d'immediatezza, dicevano, e obbediamo alla legge del subito. E non rimane nulla per l'idea, per un programma, per una forza ideale. Si mangia tutta l'erba dove siamo, fino a che il campo è brucato alla radice, dopo ci si sposta da un'altra parte. Perchè è meglio un uovo oggi che una gallina domani.
Bisognava aver deciso diversamente subito, ora è tardi ormai. E' tardi a 20, 22 anni. E forse ci manca il coraggio di decidere qualcosa come quando ci si deve alzare dal letto al mattino. .
In ogni modo il clima era molto cordiale ancora e allegretto. Ma era quasi mezzanotte. Li ho accompagnati fuori e sono stato a guardarli ingoiare dal buio. Non pioveva, ma le nuvole erano nere. Troppo nere per sperare che il giorno dopo fosse il sole.
Mi sono fermato un po' in Chiesa a pregare.
In ginocchio, ma non sapevo cosa dire.


Un prete


in La Voce dei Poveri: La VdP marzo 1962, Marzo 1962

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