Questi preti

Se il Cristo «vuole che i suoi ministri siano un fuoco bruciante», lo vuole "perchè questo fuoco si accenda" sulla terra. «Io sono venuto a portare non la pace, ma la spada».
Come il Cristo, così il prete porta all'umanità un dono senza eguali: quello dell'inquietudine. Egli dev'essere "il ministro dell'inquietudine", il dispensatore di una sete e di una fame nuova. Come Dio «egli chiama la fame sulla terra». Non si tratta qui, evidente, di seminare una paura falsa nelle coscienze già esacerbate della vita moderna. L'inquietudine che il prete deve seminare è quel timore di Dio, quel tormento dell'infinito che ha fatto emettere ai mistici e ai pensatori di tutti i tempi grida d'invocazione sconvolgenti.
La rivolta che egli predica è l'insurrezione delle coscienze; l'ordine che egli deve sconvolgere è la calma apparente che copre le iniquità e gli odi. Come l'eroe e il santo, il prete nel mondo non è un cittadino che ubbidisce passivamente; egli non ha affatto una fisionomia comune. Essere per lui buon cittadino, nell'ubbidienza più sincera alla legittima autorità, significa essere l'eterno «insoddisfatto» non per turbare la pace sociale, ma per prepararne, in ogni momento, l'attuazione più perfetta. Che funzione paradossale è mai la sua! Profeta dell'Essere perfetto, egli ne riflette, nelle civiltà che passano, la pace sovrana e la stabilità. Profeta del Dio vivente egli non ammette il riposo che sarebbe la morte; sarà sempre l'artefice del divenire, del rinascere, nell'intimo delle persone come nello sviluppo della storia. Si può dire senza contraddizione che il suo modo di seminare l'ordine è quello di metterlo in discussione; il suo modo di obbedire alle leggi degli uomini è quello di appellarsi continuamente alla Legge di Dio.
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Quest'uomo che non vive come gli altri, questo legato che parla con autorità sovrana, è come una sfida lanciata agli altri uomini, è «il segno di contraddizione». Quando egli appare, le passioni si cristallizzano, si formano le coalizioni; egli provoca istantaneamente uno stato d'animo di repulsione o di amore, è la pietra di paragone delle coscienze. Anzitutto perchè egli le mette in imbarazzo. Vivendo con gli altri, egli assomiglia a loro in tutto; tuttavia c'è qualche cosa, in lui, che sfugge loro, un segreto che la vicinanza quotidiana non riesce a penetrare. Pur essendo loro sempre vicino, egli rimane l'inaccessibile; trasparente, egli resta misterioso. Si crede di capirlo, in realtà sfugge a ogni definizione. Si adatta a tutte le condizioni, ma in un secolo sempre in evoluzione, egli rimane se stesso. Nessuno dei suoi fratelli, in mezzo ai quali si confonde, osa intaccare la sua consistenza.
Quest'uomo strano, non è un estraneo. Sia che gli uomini aprano o no la loro anima, egli è sempre presente, anche a loro insaputa, come un atto di protesta della coscienza o un richiamo di Dio. Quando l'uomo crede di vivere in pace o crede di aver fatto più del necessario, ecco allora il prete che sconvolge questa quiete. Lo si vuol fuggire e invece lo s'incontra immancabilmente su ogni cammino Si crede di essere autonomi, liberi: ecco il prete che suggerisce, che obbliga.
Per questo motivo, il prete sarà sempre, sotto un certo aspetto, in questa società, l'avversario. Non gli si perdonerà mai di evocare e di perpetuare, di generazione in generazione, Colui che si credeva di aver soppresso per sempre. Come il Cristo, il prete è la pietra angolare, l'angolo vivo del Regno dei Cieli. Invece di essere un consigliere paterno o un cittadino tranquillo, il prete è come Dio un essere terribile.





Cardinale Suhard
(dal vol. «I preti operai» - Ed. La Locusta)



in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1962, Febbraio 1962

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