Con questo numero siamo all'inizio del terzo anno di vita de «La voce del poveri». Semplice foglio stampato, veramente povero di tutto.
Siamo rimasti fedelmente e cocciutamente accoccolati sui gradini della Chiesa, vestiti di stracci, ma assai sereni e tranquilli, spesso con gli occhi stanchi e delusi, ma sempre con tanta speranza e fiducia nell'anima, non a chiedere qualcosa stendendo la mano, o col cappello fra le ginocchia divaricate, ma a tener presenti situazioni umane, agitare problemi, inquietare coscienze e turbare i placidi sonni di sieste pasciute e tranquille.
Perchè la povertà sgomenta. Sta troppo a un passo soltanto dalla miseria, quindi dalla sciagura, dalia disperazione, dal vuoto, dalla morte. E ne distorgiamo volentieri gli occhi guardando, volutamente distratti, da un'altra parte.
Spesso i poveri sono come degli specchi spietati e crudeli: riflettono le nostre bruttezze gelosamente tenute nascoste da imbellettamenti e cianfrusaglie, convenienze artificiali e maniere disinvolte. Spesso i poveri ci spogliano fino al nudo delle nostre importanze e sforzature, lasciandoci qualche volta davanti a noi scoperti nella nostra ridicolezza di poveri uomini in cerca di coperture alle proprie vergogne col «bisso e la porpora» delle ricchezze, delle onorificenze, delle grandi amicizie...
La povertà altrui costringe a prendere coscienza della propria povertà: è il dono dei poveri a chi non è povero materialmente. E le ricchezze sono maledette perchè coprono questa povertà essenziale comune a tutti gli uomini, fino a impedire di sentirsi poveri: poveri come i poveri di pane, di vestiti, di casa e di lavoro, poveri come i poveri di capacità, di risorse, di equilibrio, di fortuna.
E poi impediscono l'Amore fraterno, le ricchezze. Alzano muraglie e scavano abissi. Ci allontanano, ci separano fra noi. E in fondo i poveri li detestiamo, li odiamo segretamente come la voce della coscienza, come il dovere dell'onestà e forse come l'esistenza di Dio.
La povertà forse è un richiamo alla dura e spietata concretezza del destino umano, come la malattia, come la morte. Dovremmo imparare a combatterla con Amore, in noi ugualmente e negli altri e non spingerla tutta negli altri per liberarcene noi. Bisogna prenderne qualcosa anche per noi, di questo terribile destino umano. Nulla si può e si deve respingere di ciò che è sicuramente per tutti, di ciò che sta alla radice dell'esistenza umana, di ciò che è condizione umana.
Diversamente, ci creiamo delle mentalità assurde di privilegio, imbrogliando terribilmente noi stessi, e arriviamo fino a considerarci esclusi con ragione da realtà umane comuni a tutti. Nasce allora il diritto a star bene, al benessere, all'agiatezza, al non mancar di nulla, all'aver tutto, giustificati in ogni esigenza e pretesa. E girano per le strade impellicciati fin sopra gli orecchi, corrono chiusi dentro le automobili e guardano dai vetri appannati delle case ben riscaldate, egoismi spaventosi, duri e spietati come scheletri.
Se pensassimo con serenità e libertà che la sofferenza degli altri è anche nostra sofferenza e che ci appartiene come a unica realtà umana, se fossimo capaci di giudicare che il nostro diritto è comune al diritto degli altri e che non esistono assolutismi, ma tutti siamo legati insieme, come un anello all'altro, alla stessa misteriosa catena, allora la povertà degli altri non ci farebbe paura, perchè ben disposti a raccogliere serenamente la nostra. Il peso risulterebbe più leggero e di chiaro e preciso valore, se ognuno ne prendesse la sua parte.
Il problema della povertà nel mondo è problema di fraternità, di amore. E' una realtà dolorosa, non fine a se stessa e nemmeno condanna o castigo, ma condizione, motivo di nascita per un'altra realtà d'infinito valore, quale l'amore fraterno, e quindi ricerca del Padre comune, e quindi visione teologica di rapporti e consacrazione d'esistenza a destini universali, eterni, divini.
Ancora non abbiamo scoperto e accettato la predicazione di Gesù Cristo circa la povertà, come del resto nemmeno quella riguardo al dolore e alla morte. Non crediamo ancora alla violenza divina di questo messaggio cristiano che interviene in tutto il dramma umano per soluzioni di valore infinito. La redenzione deve operarsi nella realtà umana - quella vera, autentica, concreta, scoperta, non camuffata o contraffatta dalle illusioni - per farne realtà divina, meritevole di destino eterno e infinito. E il dolore è redento in Amore, la morte è vinta dalla risurrezione, la vita terrena è già vita eterna, povero corpo tempio di Spirito Santo, povera anima abitazione della infinita Trinità e dentro ciascuno di noi -e in tutta la storia dell'umanità - palpita il destino stesso di Dio e è incarnato il Mistero di Dio fatto Uomo...
Ancora non credo e non accetto che la povertà è l'unica vera ricchezza: realtà condizionante la possibilità della Verità di Dio in me. Valore autentico determinante la misura assolutamente indispensabile della libertà dalle cose terrene per quelle del cielo, dalle cose umane per quelle di Dio.
Non crediamo al valore della povertà materiale. La accettiamo però per gli altri e non ce ne facciamo un'angoscia.
Disprezziamo e detestiamo la povertà d'essere nulla o poco e mettiamo allegramente gli altri sotto i piedi.
Tiriamo avanti facendoci largo a gomitate nello stomaco degli altri e gridiamo all'ingiustizia di questo mondaccio.
Pretendiamo rispetto, considerazione, successo, gratitudine e servilismo e seminiamo a piene mani risentimenti, vendiamo odio per guadagno, costringiamo al male per interesse...
Si potrebbe continuare chissà quanto a raccontare del nostro disamore alla povertà, concludente sempre in tanta orribile ingiustizia.
Abbiamo scritto per due anni di questi problemi. Ce ne vergogniamo sinceramente ogni volta, perchè ne siamo spaventosamente indegni. Ma ci sentiamo incoraggiati a continuare, perchè continuare a scrivere di povertà, di giustizia, di fraternità vuol dire soffrire l'angoscia di una spaventosa incapacità nostra e di tutti e vuol dire lasciarsi logorare l'anima e il cuore dal desiderio, che ogni giorno brucia di più, di un po' di Verità, di Libertà, di Amore.
La Redazione
in La Voce dei Poveri: La VdP gennaio 1962, Gennaio 1962
Luigi Sonnenfeld
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