Può darsi che la colpa sia nostra: siamo trascurati, disordinati, grossolani, materialoni. E tutto certamente contribuisce ad umiliare e deprimere la nostra dignità umana.
Ma siamo cresciuti in ambienti fatti così. Al massimo abbiamo una formazione culturale appena elementare. E fin da piccoli abbiamo soltanto lavorato. Tutti i mestieri sono stati buoni e il criterio della scelta è sempre stato il lavoro, che rendeva di più, e subito, alla fine della giornata.
Voi non sapete cosa voglia dire vivere provvisoriamente, giorno per giorno, nell'impossibilità di programmi e di ideali. La prigione di una vita condannata a quelle poche cose e guardare il mondo di tra le sbarre di una condizione d'esistenza impossibile a cambiarsi.
S'impoverisce sempre di più, s'intristisce e la pesantezza di ogni giorno incupisce il nostro vivere in un sordo rancore che a lungo andare ci ruba la gioia di una dignità umana.
E poi ci sono gli altri a finire di fare il resto e a colmare la misura.
Sembra che i poveri non abbiano diritto ad una dignità umana.
Anche il nostro respirare sembra che sia una concessione. Ti fanno cadere tutto dall'alto. E aggiustano e congegnano l'andamento sociale come se tutto ti possa essere concesso per carità. E lo schifo sta specialmente nel fatto che coprono il loro sporco interesse col pietoso velo della compassione, del cuore tenero. E hai sempre davanti alla faccia il cartello con su scritto: sei qui soltanto perché io sono buono.
Il rapporto umano fondato sul «io posso fare senza di te» uccide e spazza via anche la minima parvenza di dignità umana sia dell'una parte che dell'altra. Ma noi poveri particolarmente avvilisce e deprime e schiaccia.
Lei che è ricco e quindi indipendente e libero non può sapere (e non vuole nemmeno saperlo per non turbare la sua coscienza) cosa voglia dire di umiliazione l'essere considerati unicamente in base al suo interesse: lei si comporta come una volta al mercato degli schiavi i suoi antenati, quando guardavano la dentatura e palpavano i muscoli degli schiavi che stavano per comprare.
E forse l'unico valore, l'unica importanza di tutta la nostra vita sarà stata soltanto quanto si poteva rendere, quanto si poteva valere per il mantenimento della sua indipendenza, perché lei potesse liberamente strafottersene di tutto e di tutti.
E anche lei, Signor Impiegato del ricco padrone, nel suo stupido piccolo, pensa altrettanto e si comporta nella stessa maniera.
E anche lei, Signor Statale, perché è di ruolo si sforzicchia di fare altrettanto e ci mangia come il pane, noi poveracci della giornata, forse per rifarsi del suo capufficio mangiatutti.
E anche lei, Signor Professionista, perché ha sotto il sedere la poltrona della cultura e si fa vento con il foglio della laurea, perché ci accoglie così male, noi poveri mutuati o quando veniamo a sciogliere le nostre povere questioni o a chiedere un po' di ripetizione perché i nostri figli non siano disgraziati come noi, poveri ignoranti?
Poveri disoccupati, che tristezza andare a stendere la mano per avere la carità di andare a faticare e a sudare a giornate intere per quei quattro soldi già tutti mangiati dall'affitto e dal pane e companatico prima della quindicina.
Non c'è neanche ricchezza di lavoro, di fatica, di sudore: come vi può essere una dignità umana?
E se tu hai un lavoro, te lo pagano è vero, ma quanto costa a te d'umiliazione, d'annullamento della tua personalità, di rabbia silenziosamente inghiottita, di piegamento di schiena in un servilismo strisciante, untuoso, avvilente, perché se ti mandano via dov'è che tu trovi un lavoro "sul quale non ci piove"?
E allora lavora, mangia, dormi e zitto. E se non sei come il «pio bove» del sonetto del Carducci, ti diranno comunista.
La nostra dignità umana è soltanto un bel discorso, commovente e toccante come le prediche dei quaresimalisti (di una volta).
E a questo punto noi tocchiamo il fondo della nostra miseria e vergogna perché spesso cerchiamo di farci importanza a forza di bestemmie. Sono una spaventosa e maledetta reazione. Ci approfittiamo di Lui, di Dio, che è l'unico che ci vuole bene. E' orribile ma forse è perché di Lui sappiamo di potercene approfittare: siamo sicuri che continuerà ad amarci anche se lo trattiamo così male.
No, non ci abbandonerà. Anche se tutti ci abbandonano, anche se nessuno ci ama sul serio, perchè Lui solo ha sacrificato veramente la Sua Vita nella nostra povertà, scegliendola sulla terra come Sua unica ricchezza.
Noi poveri
in La Voce dei Poveri: La VdP giugno 1961, Giugno 1961
Luigi Sonnenfeld
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