Discorsi cattivi

I poveri non li ascolta nessuno. Al massimo si finge di ascoltarli quando possono servire e spesso fa fatica anche questa finzione e si cerca di stabilire condizioni politiche da poterli trascurare completamente. Eppure siamo noi che si tira fuori dalla dura terra la farina per i grissini e pasticcini e il vino prelibato per i suoi rinfreschi, cara Signora, E l'inverno lei si scalda col carbone strappato a centinaia di metri sotto terra, bagnato di sudore e spesso di sangue. Ancora miniere, poi alti-forni dalla lava di fuoco, poi impianto industriale dove siamo legati al lavoro a catena. E ora il figlio di papà può correre a pazzo in automobile e mi investe in curva sbandando, mentre torno a casa in bicicletta. Il tutto pagato sempre e unicamente dalla nostra sofferenza.
Così facciamo le spese di tutti. Quando poi c'è stato da difendere i sacri confini, noi siamo andati a morire per l'ideale e gli altri sono rimasti a far quattrini e a preparare la buona e saggia politica per difenderli,
E tocca sempre a noi.
Discorsi vecchi, vero? Ma piaga sempre nuova, inguaribile come il cancro. E lamenti buoni soltanto a farci passare come sovversivi dell'ordine pubblico, estremisti pericolosi, tizzoni d'inferno.
Ma un po' di Amore per noi quando verrà?
Perché ci volete costringere a essere cattivi, a sperare nella rivoluzione, a complottare nel segreto?
Quando affermiamo i nostri diritti alla sicurezza del lavoro, quando vogliamo un salario sufficiente, non vogliamo nulla di ciò che è degli altri, ma vogliamo che ci sia dato il nostro: non è giusto difendere questa proprietà fatta di braccia, sudore, fatica e logorio di anni e anni di vita, come l'altra proprietà così scrupolosamente rispettata - ci sono eserciti di carabinieri e di polizia appositamente - fatta di fattorie, di palazzi, d'industrie, di capitali?
Pretendete prendere tutto il nostro e darci il meno possibile del vostro. Da qualche tempo non siamo più disposti a questa ingiustizia. Allora ci dite che siamo dei rivoluzionari. No, caro signore, siamo povera gente soltanto stanca. Avvilita. Delusa.
E lei, col suo egoismo, ci fa l'ultimo male, spingendoci ad aver fiducia soltanto in chi e contro di lei. D'accordo che e anche contro di noi; ma che la nostra proprietà fatta di braccia, di sudore e di fatica ce la rubino loro invece che lei e la sua mania di arricchire sempre di più, per noi in fondo è lo stesso: rimaniamo sempre gli eterni poveri condannati a girare la macina per la farina degli altri.
Ma dei suoi palazzi, della sua fuori serie, del suo conto in banca, della pelliccia di cincillà della signora ecc. a noi non può importare nulla: e se tutte queste miserie il vento le spazza via, non e che noi giudichiamo l'avvenimento come la fine del mondo. Come basta per noi una stanza, un vestito da lavoro e uno per le feste, una magra busta alla quindicina e uno scialle per la moglie ecc., può bastare anche a lei. Che siamo di pelle diversa?
Ora che legge queste cose, lei pensa: ma questa e miserevole propaganda comunista. Ecco, qui sta il guaio. Siamo ancora al punto che certe idee così semplici e chiare come parole di Vangelo, vengono identificate col comunismo.
Siamo ancora indietro, caro commendatore, cara signora e carissimo reverendo: siamo ancora indietro riguardo alla serena e aperta comprensione di certo serio problema. E' proprio cosa dolorosa. Così ci costringete, per esempio, a pensare che chi lotta seriamente per una uguaglianza sociale, chi cerca una giusta vicendevole considerazione di valori, chi predica una realtà umana di fraternità ecc. sia il comunismo e basta.
Se vogliamo una comprensione più umana del lavoro, della fatica, della vita povera, operaia, secondo voi bisogna ricorrere al comunismo.
Non c'è altro che non siano parole, discorsi, prediche, ideali e sospiri? Non c'è un incarnarsi in questa nostra esistenza, un vivere e un morire fra noi, un dare tutto alla nostra povertà, un perdersi nel nostro travaglio quotidiano, un raccoglierci aperto in una forza d'Amore e salvarci da questa perdizione d'ogni giorno?
Forse siamo stati amati sul serio una volta sola e l'hanno messo in croce. No, storicamente non l'ha messo in croce la povera gente.
D'allora non ci ama più nessuno sul serio perché la sorte è segnata?
Almeno avessimo la fede di poter credere e accettare che noi poveri siamo ancora Lui crocifissi nel mondo. Ma questo è impossibile perché non siamo capaci di perdonare chi ci mette e ci tiene in croce. Però anche così potreste aiutarci a battere meno il martello o almeno con più riguardo, sui chiodi che ci ribadiscono in croce e non darci sempre fiele e aceto e schermirci di cendo: scendi già dalla croce se ti riesce e ti crederemo.
Disgraziatamente noi non siamo Gesù e (è spaventoso, tragico per noi poveri) sempre meno crediamo alle Sue Parole,
Ma non è tutta colpa nostra.


Noi poveri


in La Voce dei Poveri: La VdP maggio 1961, Maggio 1961

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