Non ci interessano affatto i problemi di politica. Per molte ragioni, fra le quali, non ultima, è il fatto che almeno dalle nostre parti, fin qui, ogni politica è sempre stata contro i poveri, o almeno, non per i poveri.
Non sono i poveri a fare la politica, ma sono sempre i ricchi, gli arrivati, i conservatori, quelli che guardano lontano e possono preoccuparsi del domani, avendo sicuro l'oggi. Possono mettersi al tavolo, fare progetti, studiare complicazioni e strategie e calcolare se conviene o no ecc., chi invece gli scade l'affitto e non sa come pagarlo o ha bisogno di medicine per il bambino che sta male, o gira per le strade bussando dovunque per cercar lavoro o deve scioperare per cinque lire di più rischiando di essere licenziato o di urtarsi a morte con i compagni di lavoro se non sciopera, i poveri insomma, non possono credere nella politica perché non possono aspettare di poter fare l'elegante gioco di ottenere tutti i propri interessi senza rischiare nulla ma sacrificando totalmente gli altri, né possono contentarsi di sbadigliare oggi sperando di mangiare domani.
Questo enorme problema dovrebbe insegnarci un sacco di cose. Tanta sfiducia nella politica - il termine è comprensivo di tante cose, come dire, per esempio, macchina, intendendo automobile - è determinata dalla sua strumentalità nelle mani di pochi (o di poche classi) che se la possono permettere, per troppi altri invece - per i poveri, la gente che vive sulle braccia e alla giornata - la politica è una leucemia che svuota di energie a poco per volta anche il fisico più robusto e sano.
Ma sembra che il mondo a poco a poco non possa essere più governato dalla elegante diplomazia salottiera e anche il popolo non accetta più - subire non vuol dire accettare - programmi altisonanti di retorica come i discorsi di certi onorevoli sugli eterni valori della civiltà.
La mentalità corrente fra la gioventù del nostro tempo costringe ad abbandonare certe illusioni: gli ideali stanno crollando a uno a uno come le vecchie torri a difesa del castello del marchese e il nemico si sta facendo sempre più sotto le mura. A che serve tenere alzato il ponte levatoio?
Bisogna capire le nuove esigenze e accettarle. Ma notate bene, cari amici, non accettarle per forza, ma per Amore. Convinti che sono idee giuste, che sono ideali buoni anche se nuovi, che sono esigenze rispettabili anche se contro i nostri interessi, che questi tempi dovevano venire e che sono già stati ritardati anche troppo, ecc. E' doveroso accorgersi finalmente che non siamo solo noi a vivere, anche gli altri devono vivere, ma non devono vivere per far vivere noi, hanno il nostro stesso diritto alla vita, né più né meno che noi.
Il comunismo, cari fratelli, ha un senso storico unicamente perché l'umanità non trova in se stessa la forza di superare certi punti morti. Troppi lavorano soltanto a alzare le dighe contro la corrente inarrestabile della storia e la corrente della fiumana allora diventa violenta e rovescia tutto.
La libertà nel suo primo valore essenziale dovrebbe essere consentimento all'espansione serena e aperta del senso umano, fraterno, di giustizia e di Amore che la storia va maturando nel suo seno misterioso.
Se è vero che il Regno di Dio si sta facendo ogni giorno di più.
Ogni volta che l'egoistico spirito conservatore d'individui, dì caste e di classi e di popoli e di continenti commette il peccato mortale di fermare o di voler impedire per amor del proprio tornaconto - peggio ancora quando questo tornaconto artificiosamente è coperto da mascherature di difesa di valori umani, sociali, ecc. - l'affermarsi e il crescere di una valutazione umana su un piano di uguaglianza, di fraternità, di giustizia e di Amore, nascono nel vivo della storia violenze spaventose.
Poteva non essercene bisogno.
Finché ci si occuperà dei poveri, degli operai, del popolo ecc. perché non diventi comunista o smetta d'esserlo, si sta bleffando la storia, cari amici, E in questo modo manteniamo al comunismo un suo preciso significato storico. Lo rendiamo necessario. Perché qualcuno che faccia, sia pure in modo impazzito quello che gli altri non fanno, occorre. E' inevitabile.
E la colpa è nostra, è tua, è vostra e di tutti quelli che continuano tranquillamente a pensare a se stessi, ai grandi valori della civiltà, ai destini eterni, alla difesa della persona umana, ecc. e intanto dormono nei loro privilegi, si rigirano bellamente fra i cuscini della politica e pensano che tutto poi non vada male se folle immense si pestano i piedi per vedere Elisabetta d'Inghilterra.
La Redazione
in La Voce dei Poveri: La VdP maggio 1961, Maggio 1961
Luigi Sonnenfeld
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