«Io non vi chiamo più servi... vi ho chiamati amici» (Giov. 15, 15)
L'amicizia è un tesoro immenso. Potrebbe arricchire meravigliosamente noi e gli altri, ma lo teniamo gelosamente custodito dentro la cassaforte della nostra diffidenza che con molta superficialità scambiamo per prudenza.
Se non ci sentiamo disposti e sensibilizzati non c'è nulla da fare: ogni richiesta d'amicizia cade a vuoto. Se non capita chi sa dire le parole magiche, la porta blindata non si apre. Finché poi arriverà il ladro di notte e aprirà con chiavi false. E mentre compiacenti noi si dorme, ruberà tutto lasciandoci soltanto gli occhi per piangere sopra la malvagità degli uomini.
Perché difendiamo ciò che non dovrebbe essere difeso?
Riusciamo una buona volta a scoprire in noi qualcosa che sia possibile mettere a disposizione di tutti, senza limitazioni e difese?
L'amicizia dovrebbe essere uno di questi valori. Forse il più prezioso perché può realmente raccogliere tutti noi stessi fino a essere nostra espressione sincera e dono completo.
E invece pensiamo che se c'è qualcosa da non consegnare con facilità è la nostra amicizia. La sentiamo come problema enormemente impegnativo. Comporta rischi tremendi, come delusioni, amarezze, rimpianti. Può succedere di dovercene pentire. Possono venirne appesantimenti e complicazioni. E domani essere vittime d'ingratitudini.
Bisogna pensarci bene avanti. Riflettervi su ponderatamente e se tutto non è chiarissimo come la luce del sole, conviene non farne nulla.
D'accordo: la prudenza è una gran virtù. Però è anche vero che molte volte usiamo della rispettabile virtù della prudenza per coprire mancanze di coraggio e di convinzioni sicure e per riempire vuoti paurosi scavati in noi dal nostro egoismo e dal nostro quieto vivere. E nel caso per mantellare e sostenere idee assolutamente sballate.
Difatti noi consideriamo l'amicizia dal punto di vista del nostro tornaconto, per quello che può venirne a noi di vantaggi o svantaggi, dimenticando che una mentalità del genere è negazione del concetto vero d'amicizia.
Risente evidentemente l'amicizia delle idee sbagliate riguardo all'Amore, perché l'amicizia non è che una fruttificazione, una concretizzazione pratica e sensibile dell'Amore.
E ogni volta che giudichiamo Amore ciò che comporta una risultanza che è destinata a terminare in noi perché noi ne siamo stati volutamente oggetto assoluto, commettiamo come un sacrilegio.
Con mentalità siffatte l'amicizia è un assurdo per il semplice motivo che è egoismo, cioè sfruttamento del nostro prossimo, orgogliosa considerazione di se stessi, sciocca pretesa di diritti con l'esclusione anche dei più elementari doveri, o al massimo accettazione di doveri per poter poi avanzare qualsiasi diritto.
Ciò che è molto importante quindi è purificare da ogni inquinamento egoistico l'idea dell'amicizia: dev'essere una porta sempre aperta, spalancata di casa nostra. Qui non occorre presentare i documenti. Non si devono chiedere le informazioni e perfettamente inutili dovrebbero essere le raccomandazioni. Il passato non conta e il presente è soltanto una splendida occasione di Amore: il futuro, in questi problemi, non ha mai importanza.
Allora si ottiene la disposizione all'amicizia, l'apertura del cuore, la dolce e limpidissima sensibilità dell'anima. Si diventa semplicemente accoglienti per il fatto di offrire tutto, con schiettezza e cordialità.
Insomma non si ha paura del nostro prossimo.
Sei sicuro che i tuoi rapporti cogli altri non siano determinati dalla paura?
Non bisogna dimenticare che la diffidenza è figlia della paura. E è ancora la paura che prudentemente ci porta a chiuderci in noi stessi, a sederci al tavolo e a fare prima i nostri calcoli, a contare fino a venti prima di dire una parola, a saggiare col piede il terreno prima di fare un passo.
E se sei sospettoso di tutti, vuol dire che muori dalla paura, così ugualmente se sei guardingo, riservato e contegnoso, preoccupato della dignità e di quello che dirà la gente.
Se ti giustifichi con facilità, specialmente facendo ricadere sempre la colpa sugli altri per le difficoltà che l'amicizia inevitabilmente comporta, vuol dire che hai paura della verità, che cerchi sempre di coprirti e di cadere in piedi. Paura che ti rende spaventosamente ingiusto e falso, gretto e meschino.
Tu allora non sei amico di nessuno. Non potrai mai esserlo.
Ti mancherà questa ricchezza meravigliosa dell'amicizia. Al suo posto regnerà l'egoismo o qualcosa del genere: e sarà come portare in giro un contagio maledetto di peste.
Per favore, in questo caso, non pensare di essere cristiano anche se ti lavi nell'acqua santa, perché il Cristianesimo è amicizia: bisogna testimoniare che Dio ama gli uomini, amandoli in modo concreto offrendo loro la nostra amicizia.
Noi siamo credenti in questo rapporto umano d'amicizia perché Gesù Cristo l'ha vissuto, l'ha insegnato, l'ha comandato: ne ha fatto il segno di riconoscimento dei suoi fra loro fino al punto che il Cristianesimo è realtà d'amicizia aperta, incondizionata, illimitata.
Almeno la disposizione, la capacità, l'apertura a questa amicizia universale bisogna averla o se non altro cercarla come fondamentale sincerità cristiana. E' doveroso camminare per le strade, viaggiare sui treni, mescolarsi fra la folla a cuore aperto, per parte nostra già amici di tutti, portando già tutti nell'anima. E quando le circostanze, o meglio l'Amore di Dio, ci donerà la Grazia di incontrare chi stava cercando un amico, dovremmo essere capaci di stringergli la mano come ci fossimo sempre conosciuti.
Perché forse eravamo amici fin da quando Dio è Amore.
don Sirio
in La Voce dei Poveri: La VdP febbraio 1961, Febbraio 1961
Luigi Sonnenfeld
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