Conosco molto bene il mistero spaventoso di una povera carne abitata dall'anima, soffio di Dio, purissimo Spirito. So cosa vuol dire il tormento di vivere il tempo portando un destino eterno. Avere un'esigenza terribile di vita, e sentirsi morire, e vedersi tutto morire d'intorno, rubare tutto piano piano, e sapere che ribellarsi è inutile.
E tutta la tragedia del bene e del male? E tutta la disperazione di sentirsi sempre più inghiottire dal Mistero come il giorno dalle ombre della sera e della notte?
Conosco cosa vuol dire la Volontà di Dio che scende nella mia vita a determinare la mia libertà. E so che mi chiede tutto per potermi dare tutto. E mi spinge nel dolore perchè mi ama. E mi perseguita perchè mi vuole libero, E mi chiede di accettare delle assurdità, in nome di una logica perfetta. L'essere chiamati e respinti. Destinati e liberi. Infinito e nulla. Dio e la negazione di Dio..
E tutto nel vivo della carne e nell'intimo dell'anima. In me, in te, in tutti, nella storia dell'umanità, perché questa è la vera storia degli uomini. La vivo tutta questa storia. Mi sale su dagli abissi dell'umanità, da ogni tempo a da ogni luogo. Cresce ad ogni istante che passa, perchè aumenta il tempo della storia umana e cresce il volume della sofferenza. E' una marea spaventosa che non conosce riflussi. Si alza sempre più. E mi sommerge. Il giorno della mia morte mi avrà ricoperto, e morire, in qualsiasi modo avvenga, sarà sempre morire annegato, sommerso da questa marea spietata.
Eppure anche se le cose stanno così - e stanno veramente così - non mi stancherò e non mi tirerò da parte. Continuerò a lasciarmi portar via, e a lasciarmi sommergere. Fino all'ultimo giorno, Devo parlare di tutta questa tragedia umana a Dio. Non voglio che le voci di disperazione (e anche il ridere tante volte è una voce di disperazione) cadano nel vuoto, come gli urli di chi annega in alto mare, dopo che l'aereo è precipitato o la nave è stata inghiottita dalla tempesta: poveri urli, mangiati dalla solitudine sterminata del mare.
Non voglio che nulla cada nel vuoto.
Mi pare di sapere cosa sia la sofferenza umana, la fatica degli uomini, il loro piangere, il loro morire di ogni istante. La gioia il piacere possono essere abbandonati a se stessi. Terminano in se stessi e portano con sé tutto il loro valore. Vengono sempre esauriti in tutto quello che possono dare. Non hanno bisogno di essere salvati, scoprendo un significato nascosto. Sono fine a se stessi, e portano, con sé la loro ricompensa. Non cadono nel vuoto, perché vengono raccolti e consumati con attenzione e premura, fino al fondo, in tutto quello che possono dare, anzi cercando ancora più in là, come un cane che mangia tutta la carne, poi l'osso, e poi lecca la terra dove la carne era caduta.
La gioia e il piacere hanno bisogno di salvezza, cioè di acquistare un senso preciso diverso da loro, soltanto per la sofferenza della loro brevità e contingenza. Sono la sofferenza di essere troppo poco e di durare così nulla. E acquistano allora il diritto, per comunione al grande problema umano della sofferenza, di trovare chi li raccoglie, li salva dal vuoto.
La sofferenza rimane lì spietata a creare abissi di tormento, vastità di problemi infiniti.
Non riusciremo mai a capire, in profondità, cosa è una persona umana che soffre. E' un abisso che s'affonda sempre più. E' un deserto, dove è soltanto sabbia ardente, e dove cresce l'arsione, e ogni spuntare del sole, è terrore e sgomento. Le onde spietate e rabbiose sul naufrago che protende le mani e grida contro la morte.
Perché la sofferenza? Ci si trova in prigione e ci si sente innocenti, e si può solo afferrare le sbarre e scuoterle urlando.
Dio solo sa cos'è dal momento che trovandola nel mondo anche se non opera Sua, l'ha scelta per viverla tutta e abbandonarvisi senza limite e misura.
Io la conosco, soltanto in quanto conosco e accetto l'Amore di Dio per lei.
E la conosco soltanto, abbandonandomi interamente e liberamente a soffrire la sofferenza di tutti.
Forse negli uomini, ormai, non vedo altro, Per questo forse mi amano: trovano che non ho paura di leggere fino in fondo alla loro anima per scoprirvi tutto il segreto e spesso spaventoso abisso di sofferenza. Non ho paura, ormai, o solo raramente (così per istinto) del fatto che, questo conoscere la sofferenza di tutti, accettandola interamente e partecipandola con sincera e fraterna apertura, mi apra abissi di stanchezza e di tristezza.
Non fa nulla.
L importante è che la sofferenza umana non cada nel vuoto.
E' 1'unico problema serio della mia vita. E so che di qui dipende la mia Fede. E la mia ragione d' essere a questo mondo, altrimenti, forse, sarebbe più onesto l'uscirne.
E anche se la mia vita fosse povera mano protesa, aperta e concava per raccogliere anche una sola lacrima che cade, impedendo il suo cadere nel vuoto, basterebbe, forse, per la gioia di non essere vissuto per nulla.
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in La Voce dei Poveri: La VdP ottobre 1960, Ottobre 1960
Luigi Sonnenfeld
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