LA VOCE DEI POVERI: La VdP luglio 1964

Venga il tuo Regno

Molte volte questa preghiera, se ci pensassimo bene a quello che si dice, non avremmo il coraggio di recitarla.
Messa fra la prima invocazione «sia santificato il tuo Nome» e la terza «sia fatta la tua volontà», ne è come la linea di svolgimento, la via lungo la quale corre tutto il Mistero di Dio nel Suo Essere, nel Suo manifestarsi, nel Suo concludersi.
E' una Trinità di preghiere, questa prima parte del Pater noster, che si richiama alla Trinità delle Persone dell'unico Dio, invocandone, implorandone tutto il personale Mistero perché si compia sulla terra come è compiuto in Cielo.
La via di questo compimento è la seconda invocazione perché il modo e il mezzo di questo compimento è il farsi del Regno di Dio. E' invocazione quindi che riguarda tutto il Mistero di Dio, l'Unità di Dio e quindi le Tre divine Persone, però, ci sembra che in particolare maniera riguardi la Seconda Persona.
E' la Seconda Persona, incarnata a fatta Uomo, il Regno di Dio nel mondo. Gesù Cristo.
Lui è la santificazione del Nome di Dio e Lui è l'obbedienza perfetta alla Volontà di Dio.
E questa santificazione e questa obbedienza è il Regno di Dio. Lui soltanto è il Regno di Dio e Lui unicamente è tutto il Regno di Dio.
Quindi questa preghiera rivolta al Padre è implorazione che tutto il Mistero del Figlio si compia, arrivi alla consumazione anche nel tempo, anche nel mondo, come si è compiuto ed è arrivato a conclusione perfetta in Lui, in Gesù Cristo. Si compia sulla terra: in ciascuno di noi, nell'umanità intera, in ogni istante e in tutto il tempo, come si è compiuto nel Cielo: in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto Uomo, nel Suo Mistero di vero Dio e di vero Uomo, in quest'unica realtà di totale, perfetto Regno di Dio, che è Lui, Gesù Cristo.
Allora col Pater Noster preghiamo che Gesù Cristo sia tutto e sempre (si faccia sempre più fino alla misura del compiuto) sulla terra, esattamente, come Lui è in Se stesso, nel Suo Mistero di Dio e nel Suo Mistero di Uomo: cioè nel Suo «Cielo».
Preghiamo che Gesù Cristo diventi tutto nel mondo. L'unica cosa fra gli uomini. Soltanto Lui. Lui solo che conta. Il valore assoluto.
E' preghiera di Fede profonda, totale.
E' preghiera di Amore unico, esclusivo, di preferenza assoluta, di scelte intere e irrevocabili.
E' preghiera che sta alla radice, decisiva, determinante. Compromette in modo spietato. Non può non aver bisogno di un coraggio terribile. Della carne e del sangue, dell'anima.
Ci chiede tutto. Perché chiede che tutto sia in relazione, a servizio. Invoca che tutta la terra diventi e sia come tutto è il Cielo.
E' quindi preghiera che non può essere soltanto parola a fior di labbra e non è sufficiente nemmeno che sia sgorgante dal cuore.
Perchè è già concretezza di realtà suprema se è vero che significa Gesù Cristo. Chiedere che venga il Regno di Dio nel mondo è volere che il mondo sia tutto il Mistero di Gesù Cristo. Si identifichi con Lui, sia Lui stesso: la terra sia come il Cielo. L'umanità sia Gesù Cristo.
Quindi vi è dentro questa preghiera - ed è ciò che ne determina e stabilisce la sua sincerità - una volontà di trasformazione, di cambiamento, di mutazione. Una volontà che perché non sia una velleità inutile e vuota, richiede e deve poter comportare una reale, concreta ricerca.
E' per questo che Gesù comanda di cercare il Regno di Dio, unicamente, senza nemmeno pensare o preoccuparsi di tutto il resto. Ora il Regno di Dio è Lui, Gesù Cristo, quindi ogni mentalità, ogni parola, ogni azione e la realtà, i valori, le ricerche, gli impegni, gli ideali, le attività, le realizzazioni, perfino la preghiera, la carità, le virtù, la perfezione... che non sono Gesù Cristo, immediatamente Lui, vivo e vero, nella Sua realtà di Dio e di Uomo, nel Suo Mistero Trinitario e nella Sua storia terrena, umana, non sono Regno di Dio.
Quindi la grande preghiera del Pater noster rimane parola senza incarnazione, è il «Signore, Signore» senza «il fare la volontà del Padre», è smarrirsi nel vago, nel sentimento, con il pericolo di esserci convinti di avere pregato.
Sicuramente chiedere che venga e si faccia il Regno di Dio vuol dire chiedere e implorare che l'umanità sia, possa essere sempre più, il seno verginale di Maria dove Lui ha potuto scendere e prendere carne e sangue per la Sua umanità. E' chiedere e scongiurare che ogni essere umano dica e sia parola di assoluta verità: ecco, Dio faccia di me secondo la Sua Volontà.
Venga il tuo Regno vuol dire certamente vivo desiderio fino all'ansia più intensa che la terra sia come la grotta di Betlem perché Lui possa nascere fra gli uomini e poi la casetta di Nazareth perché Lui possa abitare fra noi. E poi l'ascoltare la Sua parola, la Fede per i Suoi miracoli. Il cuore aperto per il Suo Amore. La Sua obbedienza fino alla Croce. La gioia della nostra resurrezione per la certezza della Sua. E la pace perché c'è Lui. E la speranza della Sua attesa. E la fiducia per la Sua promessa.
Per noi, per gli altri, per tutti, per tutta la storia, per l'universo intero. Se preghiamo che venga il Regno dì Dio e non usciamo da noi stessi, liberandoci da ogni limite umano, e non entriamo nel Mistero di Cristo lasciandoci portare via dai Suoi motivi infiniti, non chiediamo che venga il Suo Regno, ma rimaniamo a cercare un regno di Dio che non potrà esserci accordato e concesso.
Perché un Regno di Dio in cui Gesù Cristo non è tutto, l'unico valore, l'unica ricchezza, l'unica gloria, l'unica forza, l'unica potenza, non può venire accordato e concesso.
Forse è per questo che siamo ancora lontani dal Regno di Dio nel mondo, così lontani che quasi ci coglie la stanchezza e ci viene a mancare la speranza.
Forse è vero che siamo ancora - dopo duemila anni che il Regno di Dio è stato offerto all'umanità e è stato vissuto nel suo seno - siamo ancora nel momento in cui nel cuore della cristianità deve purificarsi l'idea stessa di Regno di Dio, liberandola da ogni confusione col regno di questo mondo.
Eppure da tanto tempo e per la Sua parola e la Sua vita, e l'esperienza della storia, sappiamo che «il mio regno non è di questo mondo» (Gv. 18, 36).


La Redazione

L'unico valore Gesù

Sto cercando di superare (facendovi luce dentro in modo da liberarle da un buio egoistico e poterle quindi inquadrare nella Verità di Dio) sto cercando di superare alcune situazioni dolorose, ravvivando semplicemente la Fede in Gesù accogliendoLo nella mia vita e quindi in tutta l'esistenza come unico valore, come ciò che unicamente conta.
Mi sto accorgendo con dolce sorpresa che non è poi impegno tanto difficile. Non occorre tanto sforzo e quindi non è richiesta troppa fatica.
Non sto però gettando via niente, assolutamente. Tutto rimane esattamente quello che è. Io, tu, gli uomini, le vicende umane, il mondo, l'esistenza. Ogni cosa o persona o problema conserva tutto il suo valore e tutta la sua importanza. Soltanto pongo accanto ad ogni realtà Gesù. Con molta serenità e dolcezza. La candela o la lampada elettrica rimangono accese nella mia stanza: non soffio sulla candela e non spengo la lampada, apro soltanto e spalanco la finestra e il sole inonda tutto di luce, così tanto che la candela e la lampada non possono reggere al confronto.
Gesù direbbe che scoperto il tesoro in un campo diventa logico vendere tutto per comprare quel campo e avere quel tesoro. Trovata la pietra preziosa il mercante innamorato di pietre preziose va e vende tutte quelle che ha e compra la pietra che gli ha rapito il cuore.
È molto facile risolvere gli angosciosi problemi di scelta, di preferenza che la vita ci pone incessantemente davanti: basta lasciarsi vincere da Lui, da Gesù. Una volta per sempre però può essere operata quella scelta di fondo. È in ordine a tutti i valori, nel modo più assoluto. È come averli tutti davanti, anche quelli non conosciuti, anche quelli che stanno nascosti e che la vita può scoprirci a poco a poco, o per violenza di passione subitanea, come quando si sale il pendio di una montagna e dopo l'ultimo passo, sulla cima, si scopre davanti un panorama insospettato da far gridare dalla meraviglia.
Quando si arriva a una certa età in cui è raggiunta una matura esperienza, (non è certo questione di numero di anni) si sa ormai cosa è questo mondo, cosa può darci il mistero della vita e cosa può prometterci e cosa può nasconderci ancora. Siamo come i cavatori di pietra: continuano a scavare con tutta quella enorme fatica, ma è solo per avere delle pietre, non davvero perché sperano che a un certo punto venga fuori, di tra le pietre, il filone dell'oro.
Quindi è tutto davanti, tutto scoperto, in piena evidenza.
Occorre soltanto una visione spassionata, cioè oggettiva. E qui forse sta il difficile perché le cose generalmente non le vediamo come sono in se stesse ma come appariscono a noi. Perdono i loro contorni reali, concreti e acquistano quelli di sogno. Raccolgono nel loro limite spesso tanto ristretto, il nostro ideale assoluto fino a confondersi e diventare tutt'uno. Le cose, le persone più l'anima nostra, la passione del cuore, l'istinto dell'infinito, il mistero della vita e la fame e la sete dell'assoluto... allora la scelta diventa quasi impossibile perché il valore scoperto e che sta lì, davanti, si impone. S'impone perché sembra che coincida con le ragioni essenziali, con i motivi assoluti della vita.
È la presenza in noi continuata della terribile tentazione che fece commettere il peccato originale e che di un frutto ne fece l'alternativa con Dio. È il pericolo sempre risorgente di una idolatria in cui un pezzo di legno o un animale (qualsiasi altra cosa) può essere considerato Dio.
È il momento terribile in cui possiamo essere invitati a fare delle pietre pane, come racconta il Vangelo.
Non credo che sia facile svegliarsi dal sogno perché siamo tanto tenaci nel voler sognare ad ogni costo. E nemmeno credo che sia giusto svalutare le cose e tentare di ridicolizzare i valori, cercando di crederli e di considerarli soltanto una pazzia, una stupida, ingannevole e fuggevole illusione. Siamo troppo immersi nelle apparenze, in questa nostra esistenza umana, per non dover accettare che anche le apparenze, cioè così come le cose ci appariscono e le vediamo e le percepiamo e le possiamo quindi vivere, non abbiano una loro importanza da poter legittimamente, in qualche modo, affidar loro molte nostre speranze di verità, di sincerità, di concretezza immediata.
Ho imparato a vivere in questo mondo vivendoci veramente: e ho cercato di conoscere e di capire, quindi anche di vivere ogni valore raccogliendone, a cuore aperto, tutta l'apparenza e cercandovi dentro, con totale fiducia e onesta sincerità, tutta la sostanza, l'intima essenza. Ho visto quasi sempre - ma forse potrei dire sempre - che ogni cosa è segno, indicazione di altra realtà. Spesso - sempre? - è spinta urgente e anche violenta ad altro valore. Spesso costringe - che si voglia o no - a cercare più vera verità e più essenziale essenzialità.
Perchè questo mondo, questa esistenza - e qui è il mistero umano che sconcerta, inquieta, ribella o esalta e allarga il cuore alla gioia più profonda - questa esistenza umana è come essere incamminati lungo una strada dove è impossibile fermarsi: richiami e inviti e sollecitudini fino alla disperazione a fermarsi, a fare tappa o almeno una sosta, ma nello stesso tempo spinte irresistibili fatte di una violenza terribile come il destino, a camminare, ad andare avanti.
È un dramma di sofferenza indicibile, d'accordo, ma è facile risolverlo accettando serenamente di andare avanti. E' un problema di obbedienza al nostro destino. È un dar seguito al mistero che è la ragione del nostro esistere. In fondo è questione di Amore assoluto, totale. Di Verità perfetta. È la visione religiosa di me, degli altri, delle cose, del mondo. Da un filo di erba alle stelle del cielo. Da un capello del capo alle sorti dell'umanità intera.
Tutto allora si allarga e si espande nel Mistero di Dio e Dio è il contenente di ogni realtà e motivo essenziale di ogni destino e pietra di paragone per ogni valore. Dio si fa questo nostro problema umano. Lo trovo a camminare sulla mia strada e dell'umanità intera. Conosco i Suoi criteri di giudizio e so le Sue scelte. La Sua perseverante fermezza e la linearità perfetta della Sua condotta. L'assoluta certezza che guida la Sua vita e l'impressionante chiarezza che regge il Suo Mistero.
Veramente è Dio fatto Uomo perché ha in Sé e ha vissuto tutto il destino del vivere umano fino alla consumazione totale e è Dio fatto Uomo perché ha in Sé una Verità e una Fedeltà alla Verità, propria soltanto di Colui che è unicamente Verità.
Mi sono quindi innamorato di Gesù. E Amore qui mi sembra che voglia dire essersi lasciati profondamente convincere, conquistare. Portar via. Dominare. Diventare Suo. Entrare nel Suo Mistero. Condividere le Sue scelte. Lasciare che sia soltanto Lui. Vivere unicamente di Lui.
Succede allora - come le dolcissime conclusioni d'Amore - che Lui soltanto conta; Lui è rimasto l'unico valore, per un suo liberarsi progressivo da ogni rivale o da ogni qualsiasi antagonismo.
Tutto è come prima e forse più chiaro ancora e con apprezzamento di valore più onesto perché più esatto e più vero, ma si è imposto un valore nuovo che non è più in concorrenza, non sta disputandosi il primo posto, perché la sua preminenza è assoluta, totale, perfetta. In fondo devo riconoscere che Lui è antecedente per la stessa ragione essenziale delle cose: tutto è relativo a Lui; Lui è spiegazione di tutto e anche il valore che le stesse cose e persone e vicende hanno, deriva loro da Lui. I colori che colorano le cose non possono essere in concorrenza con la luce per una preminenza di valori: è la luce che dà ai colori il loro splendore.
È la Fede certo che scopre questa antecedenza di valore in Gesù Cristo, fino a riconoscergli misure assolute. E ne viene tutta una certezza perché su un piano di Verità niente regge il paragone con Lui. Sta troppo al di sopra di ogni cosa e questo perché tutto raccoglie in Se stesso e ad ogni cosa è da Lui che viene il valore, l'importanza, il significato, la ragione d'essere e il buono e il bello... Ma se anche incertezze possono rimanere per la nebbia che offusca e spesso rabbuia la nostra mente fino a essere nuvole che impediscono di vedere le stelle, l'Amore decide per le scelte che il cuore soltanto può compiere.
Sempre più capisco e sento il poter serenamente accettare che Gesù Cristo è un problema d'Amore.
L'Amore è un sognare è vero a occhi aperti, ma questo è vero soltanto quando l'oggetto dell'amore ha il limite delle cose umane e terrene e allora l'amore ha bisogno per poter amare di oltrepassare i limiti (l'Amore non può accettare e sopportare di essere contenuto) e cerca di farlo idealizzando e sognando, ma quando l'oggetto dell'Amore è Dio, non sogna, non ha bisogno di sognare perché può con infinita libertà abbandonarsi all'amare senza misura.
Gesù Cristo è questo oggetto d'Amore che unicamente è possibile amare senza misura. Con Lui non si rischia di sognare sogni impossibili di Amore perché Lui può accogliere misure d'amore fino all'infinito. Non c'è paura di andare al di là del possibile. Non occorre oltrepassare il limite sognando. E non c'è pericolo che l'ideale sia più grande del concreto. È un mare senza orizzonti. Un cielo azzurro senza fondo, dove ogni stella si perde e dove ogni stella risplende. Qui veramente ogni cuore può provare la sua capacità d'Amore e abbandonarsi serenamente a tutta la sua voglia d'Amore e tentare anche la follia dell'Amore. La sua esperienza sarà che sempre è poco l'Amore e gli rimarrà come unica gioia il perdersi e lo smarrirsi e il «morire» di questo Amore. Ben sapendo che nemmeno l'eternità sarà sufficiente a dargli di poterlo esaurire.
Gesù conta più di ogni valore. Conta soltanto Lui. È veramente Lui solo.
Forse è pazzia tutto questo mistero che travaglia e affascina questo nostro povero cuore di carne. Ma è una pazzia alla quale ha condotto l'aver ascoltato la vera ragione. La vera ragione dell'anima, ma specialmente quella del cuore. Ho quasi paura a dirlo (e forse una specie di vergogna perché l'essenziale e il troppo dà sempre un senso strano di timida vergogna) ma è necessario e doveroso (anche se tutto è così tanto impostato diversamente intorno a me ma forse è proprio per questo che la testimonianza va data) è necessario e doveroso dire che Gesù è l'unico che conta per me. Non vi è assolutamente altro che valga.
Non vi è nulla che valga in me all'infuori di Lui in me e di ciò che Lui ha costruito in me. Perché è vero che non vi è altro che Lui. Se qualcuno cerca altra cosa in me, nulla troverà e rimarrà deluso. Ma sono felice di poter confessare che mai vi è stato qualcuno che abbia cercato in me, proprio in me, in tutto ciò che è me stesso, altra cosa che Lui. Non so se è perché nemmeno si è affacciata la speranza di poter trovare qualcosa che non fosse unicamente Lui, o perché non ho incontrato altro che gente che cercava soltanto Lui, la Sua verità e il Suo Amore, o, forse, può darsi che Lui stesso abbia avuto pietà di me e sempre sia apparso così svelatamente Lui da rendere evidente che null'altro che Lui sarebbe possibile trovare in me e quindi non valeva nemmeno la pena di tentare.
È molto bello tutto questo e è grande grazia anche se poi comporta solitudine e spesso deserto d'intorno, perché quando Dio è l'unico, porta necessariamente nella Sua solitudine e nel Suo deserto, cioè là dove Lui soltanto abita e può abitare.
Dopo, Lui solo conta anche in te, chiunque tu sia. Il tuo volto ha il Suo volto, il tuo corpo fa pensare al Suo corpo, perchè il tuo mistero si è andato spiegando nella Sua verità e tutto il tuo problema si è risolto nelle Sue soluzioni perfette. Quando in un'anima e dentro un'esistenza entra il Suo destino, allora tutto è su una linea, su una strada: quella che necessariamente congiunge la terra al cielo, l'uomo a Dio. E per me in ogni anima e in ogni esistenza vi è dentro il Suo destino, quello personale di Gesù. E non può non sopraffare fino a rimanere l'unica realtà: quella che unicamente è vera perché adorabile.
Così nella vicenda del mondo, nella storia, nell'umanità. Dai primi uomini che conobbero il fuoco fino agli ultimi, qualsiasi cosa avranno scoperto. La storia per me rimane, vasta quanto si voglia, rimane dentro la storia di Dio nato da Maria e risorto il terzo giorno dalla Sua morte in Croce. Conosco tutta la storia, conoscendo questa piccola storia. Accetto tutta la misteriosa vicenda umana, in quanto, nella misura in cui accetto questa breve vicenda. E ogni uomo mi è fratello perché Lui è mio fratello, amico, perché di Lui sono amico.
Succeda quel che vuol succedere, ma Gesù resta e questa sicurezza è la mia libertà perché vi è una realtà - che è poi tutta la realtà - che mi appartiene, è mia, è tutt'uno con me. Mi porta avanti anche quando mi fermano. Trionfa anche se mi schiacciassero. Vive anche quando morirò. E compirà la mia verità perché compie quella di tutte le cose.
E l'Amore ora è acqua di sorgente limpidissima, anche se scorre fra i sassi, il muschio odoroso o i canneti della palude. È Amore anche quando confluisce nel gran fiume e si perde nella corrente vorticosa che tutto travolge. E' Amore quando andrà a sfociare nel mare, in un Oceano senza sponde e senza orizzonti, infinito.
Lui solo conta veramente perché Lui soltanto è Tutto.


don Sirio

Quando la luce

Quando la luce
riflessa da miriadi di cristalli
purissimi,
trasognata in bianco infinito
abbaglia lo sguardo
e lo fa cieco,
i cavatori si trascinano a fatica
tra i marmi,
e verso il meriggio
pesa sulle ciglia
metà della notte trascorsa
tra la salita e il lavoro.
La sete si divora le pietre,
e il pane
non ha più sapore.
Allora è triste
la vita nelle cave.
Triste ancora
è quando il gelo
incatena i muscoli
e il ferro scivola dalle mani.
Ma più triste
è quando la neve
copre ogni cosa
e i mesi dimenticano
che si è fatta funerea
per quelli che hanno fame
tutta quella pace.

(dal volume «I cavatori delle Alpi Apuane», Ed. La Nuova Europa)


Lettere fra amici

Cara sorella,
grazie un mucchio di quella tua «sovrabbondanza» che mi è arrivata come un soffio d'aria buona di mare aperto e limpido, quassù tra i miei monti che ora sono tutti fioriti di verde, nel sole di primavera. Ti scrivo con l'anima piena di riconoscenza, di affetto, di dolce meraviglia per tutto il bene che mi vuoi, che «gli altri» mi vogliono: è veramente bellissimo potersi amare così solo perchè quello che conta è Lui, il Suo Amore, il Suo Regno. Io ne sono felice e credo proprio che non sia possibile volere più bene di così, con tutta l'anima, in totale chiarezza e libertà, perchè il voler bene a te, agli altri, a tutti è diventato un voler bene, e sempre di più, a Dio.
Sento con violenza indicibile che l'Amore di Dio è veramente tutto, che Lui è sicuramente la Luce che dobbiamo lasciar bruciare nel fondo del nostro essere: mi viene allora un'oppressione tale che le lacrime sono come i fiori che spuntano sui rami per la violenza della linfa che si muove dentro. Sarà sentimentalismo? Non credo, perchè il Suo donarsi a noi, il Mistero di Gesù, del Cristianesimo, dell'Amore che deve incarnarsi in ogni nostro gesto, diventare VITA di ogni giornata, è oceano troppo immenso che si rovescia nel nostro povero cuore, che a volte mi sembra normale non possa reggere l'urto e che tutto trabocchi.
Mi sto incamminando sempre di più dentro il solco silenzioso della preghiera: sento e credo che solo così l'Amore potrà colmare il mio vuoto e rendere feconda la mia Verginità. Quando prego molto, raccolto nel silenzio della mia chiesa, l'anima si allarga in dolce accoglienza del Mistero dì Dio e tutto sì ricompone in unità, nel Suo Essere, nel Suo Esistere, nella Gioia che Lui sia tutto e sia dentro la storia del mondo, a preparare giorni di luce e di pace per tutti i poveri della terra.
Dobbiamo aiutarci: darci la mano tutti insieme, e tirare avanti in questo cammino che scende sempre più sotto l'ombra della «Grande Croce» di Gesù, perchè la Gioia di Dio ormai fiorisce sulle braccia aperte e inchiodate alla Croce del Suo Figliolo. E allora, è vero che bisogna farci un po' di calore lungo la strada perchè non ci vinca la paura, o il desiderio di un cammino più comodo e confortante: a noi è chiesto di vendere tutto, di perdere tutto, di non possedere più nulla che non sia Dio e il Suo Amore per ogni creatura.
Ogni mattina ti metto nel cuore di Dio, accanto all'ostia bianca che offro al Suo Amore perchè io, te, tutti possiamo essere trasformati nel Suo Corpo e essere mangiati dai poveri di questo mondo per la loro Speranza e la loro Salvezza. A volte sembra tutto assurdo, tutto impossibile: ma la Fede in Lui è proprio questo andare al di là del velo che copre le cose e la vita umana, per vedere con occhi di bimbi piccoli, semplici, innocenti il Suo Volto d'Amore. Proprio come Sua Madre: così disponibile, così tutta perduta nel silenzio del Dono e dell'Amore, tutta costruita dalla Fede nel Dio vivente.
Vorrei proprio essere una piccola fetta di cielo, come tu dici: e non voglio proprio che tu la debba vedere crollare: voglio che Lui vi accenda una stella, anche una sola, per la gioia di chi cammina nella notte ed è solo.
Tu, sorella, ricordami al Signore del Cielo, perchè la mia notte s'accenda sempre di più della sua luce e le stelle vengano a fiorire a grappoli lucenti.
Un mare di bene


* * *

La poesia dei giorni

14 giugno - Oggi corsa in Versilia incontro al mare, è stato così nuovo e così vivo da mozzare il respiro: alitante, eterno ed azzurro respiro del mare! La sera era d'oro e d'oro tutto ciò che non era celeste. E' stata una vertigine tuffarsi nell'acqua così ridente e chiara ed assorbire il sole sulla pelle bruciante.
La sera siamo stati in pineta per accontentare il più piccolo che voleva correre in bicicletta. Il verde ci ha riportato alla realtà.
15 giugno - Sono stata così male da non poter nemmeno ricevere un amico che veniva di lontano, appena sono stata meglio ho accolto tutto il mistero del dolore, esso ci rifà nuovi, lo ho avvertito ammirando il volo delle rondini:
Immenso volar delle rondini
sui colli,
esse tracciano enigmi sulle nubi
con i loro instancabili voli;
Solo quando è schiarito il cielo
dalla prima notte
chiaro vediamo cosa hanno scritto
d'eterno.
21 giugno - Giorni roventi d'esami, le mie bambine sudano sui libri e le vedo con gli occhi cerchiati di stanchezza. Anche questa realtà che fa soffrire i figli va accolta a mani aperte in benedizione.
22 giugno - Stasera la bellezza del tramonto mi ha colto così all'improvviso che se non avessi avuto Chi lodare mi sarebbe scoppiato il cuore.
23 giugno - Oggi per la prima volta ho dipinto una figura, l'idea mi è nata da un grande cappello di paglia che ho comperato. Ora che vedo come sta prendendo vita, sento che siamo, in questa gioia del creare, immagini di Dio.
24 giugno - Ci sono nella vita coniugale periodi in cui l'affetto tocca in modo particolare, allora si avverte che amandoci e crescendo i figli, gli anni non sono passati, ma hanno maturato un immenso patrimonio di vita; solo un sacramento può suggellare tanta ricchezza.
27 giugno - Ieri giornata al mare. Siamo partiti io e i miei figli tutti pigiati nella cinquecento, la quale pur faticando ci ha approdato a Viareggio nell'ora del mezzogiorno ed ecco lo stupendo spettacolo di quella massa d'acqua che da secoli e secoli sempre muove l'onda sonora, quell'immensità dà immediato senso di Dio. La mia bambina ha osservato tutto questo e mi ha reso veramente felice.
Siamo stati tutto il giorno sulla spiaggia tra mille tuffi nel mare che dà la sensazione di abbandonarsi ad un liquefatto cielo; abbiamo passeggiato lungo la riva dove l'onda arrivava sorridendo con ritmo sonoro; ci siamo ubriacati di sole e al ritorno i monti velati dalla sera venivano dolcemente incontro al parabrezza, l'ultimo è stato Monte Morello e ci siamo ritrovati di nuovo a casa.
6 luglio - Siamo in Cadore, trionfo di verde e di crode. La vallata d'Ampezzo è ormai familiare al mio cuore e piena di ricordi, infanzia, giovinezza, maturità: le nostre estati sono state qui. Abbiamo fatto una bella passeggiata nel bosco e i larici altissimi formavano una rete verde da cui traspariva il rosa delle rocce. Al suono dell'Angelus siamo ritornati carichi di fiori.


Grazia Maggi

Il cristiano, uomo di pace

Il cristianesimo ha per scopo d'introdurre nel mondo uomini nuovi. Saranno uomini rinnovati interamente prima di tutto nella loro struttura interiore, e ciò per mezzo della loro riconciliazione con Dio. La Bibbia parla poco della riconciliazione dell'uomo con se stesso e di quella pace interiore alla quale hanno aspirato i filosofi contemporanei delle prime ère cristiane. La grande rivoluzione, è la riconciliazione con Dio, ed è da questa pace, assolutamente radicale, che nascono gli uomini pacifici. Ne segue che la novità cristiana consiste nell'istituire una stirpe di uomini che rinunciano alla violenza, e che, rovesciando la politica di un mondo infranto, ricercano la pace per mezzo della pace.
I discepoli di Cristo saranno uomini disarmati, muniti solo dell'arma della parola, e che all'esempio del loro Maestro conquisteranno il mondo mediante la sofferenza e il martirio. Per grazia di Dio, la verità sarà più forte della violenza e la sconfitta apparente, del resto inevitabile, si trasforma in vittoria. La partecipazione dei cristiani all'opera di pace del mondo, è la loro esistenza di uomini umili, poveri, semplici, pacifici, senza orgoglio, senza avidità di potenza, sparsi per il mondo.
E' un fermento che deve impregnare la massa, farla lievitare a poco a poco, e lo può fare. Perchè Dio non promette alla Chiesa la sconfitta, Dio non la rende inutile; il fermento deve animare la massa, e se i processi storici son talmente lenti che, ad occhio nudo se ne percepiscono appena le trasformazioni, tuttavia è stato introdotto nel mondo un elemento che deve inaugurare un nuovo modo di risolvere i conflitti ed i problemi della vita comune sulla terra, ed istituire a poco a poco quello stile nuovo, stile di pace che sarà quello del mondo della Resurrezione.
I discepoli di Gesù non sono pacifici solo nella vita privata, o nelle relazioni personali, ma in tutti i campi, a tutti i livelli e secondo l'estensione delle loro responsabilità. «Beati i pacifici». Niente limita le applicazioni di questa esigenza. I cristiani devono edificare tanto le nazioni pacifiche, quanto le famiglie pacifiche o gli individui pacifici. Non solo devono essere pacifici nella loro nazione, ma rendere la loro nazione pacifica. Certo non sono i soli. Appena si affiancano ai loro fratelli, si trovano immersi in mezzo a forze che essi non dominano. Si trovano alle prese con l'urgenza di aggressioni e di conflitti a cui la violenza apporta un rimedio immediato, ma senza stabilire realmente la pace. Ad ogni istante, bisognerà conciliare l'aspirazione alla pace attraverso la pace con la necessità della pace attraverso la guerra. Del resto, i cristiani non sono anch'essi divisi nella loro vita interiore? La linea di demarcazione tra i pacifici e i violenti non passa attraverso ciascuno di noi? Da tutti questi compromessi risulteranno le cristianità, che si potranno o condannare per i loro compromessi con la violenza, o ammirare per i loro sforzi di purificazione che hanno realizzato in sé.
Ma storicamente, gli uomini nuovi, pacifici, non avranno altre possibilità concrete che di stabilire delle cristianità, o piuttosto di rifarle man mano che si disfano a causa dei difetti, e, di tentativo in tentativo, impregnare a poco a poco della loro volontà di pace la dura pasta delle istituzioni umane. La pace, e solo la pace è al termine, come era all'inizio. In Dio vi è la pace, e niente altro che la pace. Ma non sarà invano che Dio avrà fatto intravedere il porto futuro. Non se ne può realizzare qualche cosa fin da ora? La storia non è determinata. Nessuna guerra è fatale; non dipende che dalla volontà degli uomini e specialmente dagli uomini di buona volontà, che la città degli uomini si accosti alla città di Dio, secondo la sua vocazione.
Per lo meno, niente potrà mai scusare i discepoli di Gesù Cristo di non aver tentato tutto perchè ci fosse. Se non è dato loro di riuscire, non sarà loro perdonato di non aver tentato.


J. Comblin

Vent'anni di pace

«E' bello soffrire nelle braccia di Gesù, è bello soffrire e pregare nelle braccia di Gesù». A noi che siamo sani, due gambe che camminano, due braccia che si muovono, una volontà che può decidere di noi, della nostra vita, quasi fanno sorridere espressioni del genere, non possiamo capirle.
La nostra fiducia arriva tutt'al più a vedere la volontà di Dio nel corso storico dell'umanità, nelle svolte importanti della nostra vita, ma non riesce a vederla, a sentirla ad accettarla in ogni istante; si rifiuta di credere che Dio possa manifestarsi, ossia «passare» in ogni minuto, entrando quasi di prepotenza nella vita, volendo tutto senza esclusione.
E allora è veramente fiducia quella di Pinuccia; ammalata da vent'anni, piagata, dolorante ha accettato la volontà di Dio fino a farla propria; perchè non è stata lei a decidere, a scegliere la strada della sofferenza; ha affidato a Lui la sua vita, il suo soffrire, convinta che Dio non possa dare di più dì quanto si possa sopportare. Ha fatto veramente, di Dio, scopo e ragione, fine di vita tanto da raggiungere un'unione, per quanto umanamente possibile, perfetta. La sua sofferenza è veramente diventata quella di Gesù che continua nel mondo. Effettivamente la sua fiducia non è quella della candela, non è quella della crocetta al collo, non è quella delle novene snocciolate in casi di estrema necessità, è quella nata dalla certezza di Dio, dalla convinzione della presenza costante in lei di Gesù che l'aiuta veramente a vivere ogni istante della sua sofferenza.
Attraverso la finestra da vent'anni sente passare la vita, la gente che si muove, i bambini che gridano, gli uccelli che cinguettano, le campane della Chiesa che annunciano il nascere e il morire del giorno. E l'orologio che scandisce con lentezza i minuti che passano. Non ha mai visto il mare con la miriade dei suoi colori e delle sue sfumature, non ha mai visto la bellezza delle vette, l'imponenza dei monti, non ha mai visto le folle, viva forza della vita; non ha mai avuto una manifestazione così precisa, così schiacciante di Dio; eppure la sua fiducia va al di là di tutto questo, la sua fiducia crede che Dio voglia da lei questa sofferenza per tutti quegli uomini, quanti, che non sanno cosa sia felicità, che non sanno cosa voglia dire Dio con loro, che non capiscono, ecco, non capiscono come la sofferenza possa essere intima gioia; come i minuti passano velocemente e ognuno deve offrire quello che ha. Non credo di aver detto ciò che non dovevo dire, di aver tradito l'intimo, perchè a noi Dio può manifestarsi anche così, attraverso la sofferenza degli altri.
Per noi è faticoso aver fiducia in Lui, ci crediamo veramente qualche cosa, anche quando decidiamo di dargli la vita; ci costa, ma c'è un certo orgoglio anche nella volontà che decide; lì la fiducia è assoluta, diventa accettazione, diventa annientamento, diventa veramente un lasciar che Lui viva al nostro posto, permettendogli tutto, anche che il nostro corpo si consumi senza una visibile ragione, che il soffrire diventi gioia, che la nostra vita sia veramente vita solo se Lui vive in noi e noi in Lui.
T. R.


«Due terzi dell'umanità - ha detto Follereau - non mangia a sufficienza; ci sono in tutto il mondo quindici milioni di lebbrosi, cinquanta milioni di tubercolotici, trecento milioni di persone colpite da malaria; in un anno la fame uccide un numero di persone superiore a quello delle vittime che, in cinque anni, ha mietuto la seconda guerra mondiale».
* * *

Se mi sento triste, questo proviene anzitutto dalla permanente tristezza che il destino ha impresso per sempre sulla mia sensibilità alla quale soltanto le gioie più grandi e più pure possono sovrapporsi, e soltanto a patto di uno sforzo di attenzione. E poi proviene anche dai miei miserabili e continui peccati; e quindi da tutte le sventure di quest'epoca e di tutti i secoli passati.
Simone Weil

Si avvertono i Sigg. lettori che nel mese di Agosto la redazione va in ferie e riprenderà la sua regolare pubblicazione nel mese di Settembre.


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