LA VOCE DEI POVERI: La VdP febbraio 1964

La nostra quaresima

Ci sembra di capire (chissà perchè ci vuole così tanto tempo e tanta fatica di dolorosa ricerca e di paziente attesa) ci sembra di scoprire sempre più l'aspetto sereno, la soave bontà e la dolcezza della gioia nascosta in questo sacro tempo di quaresima.
E forse è perchè sempre più si va facendo profonda convinzione nell'intimo della nostra anima l'esperienza che il Cristianesimo non è affatto schiacciamento, oppressione o tentativo di soppressione dell'esistenza umana e dei suoi valori.
La Verità cristiana non è un gocciolare freddo sul fuoco della vita, per spengerne le fiamme o attenuarne l'incendio. E nemmeno è opera paziente e tenace di sfaldamento, un tentativo di smantellare pezzo a pezzo quello che l'umanità va edificando e costruendo, sia pure a seguito della sua istintività d'esistenza sempre più vissuta o in cerca di esserlo.
Che il Cristianesimo, e più precisamente la Chiesa che lo predica, e lo vive storicamente, fatta spesso di uomini legati al loro tempo e alle strutture mentali e di civiltà del loro tempo fino al punto da farne tutt'uno col Cristianesimo, che questa chiesa temporalistica dia questa impressione fino quasi a generare la convinzione che la religione sia l'oppio dei popoli, oscurantismo tenace, conservatorismo pigro e pieno di paure, non c'è da sorprendersi e tanto meno da scandalizzarsi.
E' ancora tra noi, e ci serpeggia nel midollo delle ossa, il timore delle novità, un mal celato scontento delle innovazioni, il sospetto che tutto ciò che sia progresso sia qualcosa di diabolico, un infiltrarsi di dissoluzione, un introdursi maligno per disgregare e poi smantellare e ridurre tutto in macerie sulle quali poi non resta che piangere e battersi il petto.
Quanto travaglio nell'anima (e non nell'anima soltanto) di chi dalla forza progressiva dello Spirito è stato scelto per smuovere e agitare acque stagnanti, per vincere questa paura del nuovo, in se stessi e intorno e dentro il proprio tempo. Quante forze meravigliose sono rimaste schiacciate e soffocate da chi si è lasciato dominare dalla paura delle novità e per il terrore anche dell'ombra del rischio.
E quanto cammino è stato reso più faticoso e spesso ritardato, o momentaneamente sviato, a questa povera umanità che pure è sospinta in avanti dalla violenza del suo destino e dalla potenza dello Spirito che anima e guida il suo duro e misterioso camminare.
Perchè la paura del progresso, quando fondamentalmente il progresso è opera del tempo e il tempo, che è di per se stesso divenire, deve necessariamente portare avanti tutto ciò che è dentro il suo scorrere incessante? Dove il tempo non passa con la sua meravigliosa carica di innovazione, tutto rimane fermo, gelido, spietato, morto. La più grave responsabilità è lasciare passare il tempo senza che il suo andare avanti attui un progresso, cioè un farsi di tutto un mistero di perfezionamento per un avvicinarsi incessante al fine ultimo di ogni cosa e di tutte le cose, che noi cristiani, sulla parola di Gesù, chiamiamo Regno dei Cieli, Regno di Dio.
Sembrerà strano, ma pure ci sembra sempre più (e è scoperta che colma di gioia perchè è prendere coscienza di tutto un Mistero di Verità che viene da Dio, incarnato nell'esistenza umana da Gesù e continuato nella storia dalla Chiesa) ci sembra sempre più che in fondo il Cristianesimo è liberazione dell'uomo, è offerta e attuazione di una sempre maggiore misura di libertà fino al punto che l'autenticità del proprio consenso al Cristianesimo, e la sincerità del nostro viverlo, è misurabile sull'autenticità e sincerità del nostro spirito di libertà, chiamato a partecipare e a vivere le misure infinite della libertà di Dio.
Ci sembra che il tempo di quaresima e tutto lo spirito penitenziale della Chiesa, perchè possa essere capito in profondità e accettato con accoglienza serena, fiduciosa, ottimistica, sia necessario impostarlo su questo piano di purificazione, di liberazione.
Bisogna ritrovare la vera libertà dell'uomo perchè è sulla purezza della libertà che è possibile costruire la nostra verità. Perchè liberazione vuol dire toglier via, sgombrare il terreno, lasciar cadere, sdrammatizzare, riportare all'essenziale, ma subito dopo (e già nel frattempo forse) vuol dire costruire la libertà, realizzarla apertamente, vuol dire diventare liberi, esserlo con una misura sempre in crescita.
A un certo punto poi capita (e è bellissimo) che sia la libertà stessa, ormai diventata forza attiva di costruzione d'esistenza, che compie in noi e intorno a noi (e Dio voglia quanto prima nella storia) il progredire della liberazione. E spirito di penitenza allora vuol dire obbedienza serena e docile alla forza della libertà che ci sta liberando, che ci sta cioè costruendo in purezza di umanità e sincerità e verità d'esistenza.
E' un'obbedienza che chiede spirito formidabile di sacrificio per un superamento generoso di una prudenza, di una saggezza tutt'una cosa, spesso, con mentalità egoistiche e ristrettezza di ideali e ricerche pratiche a interessi individuali e immediati.
Dopo, e in proporzione a quanto la libertà si allarga fino a misure sempre più vaste, la libertà liberante scopre il suo intimo mistero e lascia il posto, o meglio si rivela per quello che veramente è: la libertà di Dio.
E' il momento prezioso, essenziale per la verità dell'esistere umano, quello in cui Dio è in noi libertà. Allora la liberazione acquista motivi d'esistenza e si allarga a vastità infinite. La liberazione dell'uomo è raggiunta perchè l'uomo è veramente l'uomo: libertà della libertà di Dio.
Ciò che deve avvenire per ciascuno di noi, per ogni uomo che viene a questo mondo, perchè la Verità nell'esistenza è la ragion d'essere di tutto ciò che esiste (e la storia di ciascuno è il farsi o almeno il tentativo del farsi di questa verità nello svolgersi della propria esistenza), avverrà, anche se con un tempo lunghissimo, nella storia dell'umanità. Perchè l'umanità va verso la sua liberazione finché la libertà di Dio non sia diventata la libertà dell'esistenza umana.
Dentro questo mistero di liberazione, si è gettato Dio, facendosi Uomo, e la Sua onnipotenza di liberazione e di salvezza resa dono totale fino al sacrificio della Croce.
Questa liberazione la Chiesa continua in grazia e forza di Gesù Cristo, raccogliendo e vivendo tutta la storia dell'umanità, convogliandola (e la fatica è tremenda e il travaglio è supremo) verso la liberazione totale che è il Regno di Dio.
Questa liberazione ciascuno di noi deve ottenere aggiungendo la propria verità di liberazione al divenire della libertà del mondo, per obbedienza e fedeltà al proprio dovere cristiano, che è sempre responsabilità personale e nel frattempo impegno universale.
Uscire dalla prigione dell'egoismo (specialmente da quello religioso), venire fuori dalla ristrettezza degli interessi individuali, rompere le catene di una ricerca di se stessi e basta e a costo di tutto e di tutti ecc., per entrare in un'esistenza seriamente comunitaria, per partecipare a responsabilità universali, per vivere nella famiglia dei figli di Dio e prendere parte attivamente al farsi del Suo Regno e al compiersi della Sua Volontà, questo vuol dire liberazione secondo la libertà di Dio.
A questa liberazione la quaresima ci richiama e più ancora il Cristianesimo, questo Mistero di costruzione di una umanità libera della libertà di Dio.


La Redazione

L'Unico amore Gesù

Più del pane, dell'acqua, dell'aria, per vivere, vi è bisogno di Amore.
Questa necessità assoluta contraddistingue l'essere umano da qualunque altra categoria su questa terra.
E il bisogno di Amore non è debolezza, non è mancanza d'indipendenza, incompletezza imperdonabile e umiliante.
Non è un'esigenza da comprimere e da respingere, da averne paura, anche se è fuoco da incendio o fiamma che travolge.
Si tratta di verità di esistenza umana, è lo Spirito che accende la carne e la illumina fino a farne della luce, è il destino umano che trabocca al di fuori dei limiti del tempo e delle cose terrene, prima che si allarghi a distesa infinita nell'esistere eterno.
E' il rapporto con Dio, l'Amore, è ragion d'essere della vita, unico scopo - è forse Dio vivente in povera carne unita a povera anima, tratta dal respiro del Suo Spirito, che stabilisce rapporto con altre creature, fino a comunione profonda per un espandersi e donarsi quasi a ottenere unica esistenza: l'esistenza che vive per volontà di creazione incessante.
Sta il fatto che l'Amore è ciò che di più unicamente divino è nell'esistenza creata: perchè è nelle cose, nell'anima e nella carne, ma non come contenuto: le cose terrene servono solo ad esprimerlo in modo visibile o spesso soltanto ad indicarlo, oppure, quando la sua presenza è purissima e intera e totale, a essere soltanto occasione per il suo riversarsi in piena libertà, senza nascondimenti o misure.
Ma più spesso è impossibile esprimerlo, è difficile anche soltanto indicarlo, rivelarlo e tanto più liberarlo, donandolo in piena libertà, come l'Amore vorrebbe.
Siamo veramente poveri di libertà, ne siamo tanto incapaci, e l'Amore non ne trova quindi la misura necessaria alla sua violenza di offerta e rimane chiuso dentro egoismi terribili, oppresso da istintività miserabili, da mentalità di paura.
Noi non l'avvertiamo, ma dev'essere prigionia soffocante, troppo spesso, per l'Amore nascosto in noi dal Cuore di Dio, la grettezza della nostra anima e la carnalità così chiusa della nostra carne che cerca amore fatto soltanto di carne e sangue.
E sono poveri gli altri, quelli che dovrebbero darci e ricevere comunione d'Amore. Sono troppo chiusi quelli che devono ricevere il nostro Amore. Sono senza libertà nel ricevere, perchè tentano di prendere tutto per sé, dimenticando che l'Amore non può essere riservato e non è qualcosa che si mangia e si beve per il proprio nutrimento, oppure mettono condizioni all'Amore, riducendolo a ciò che a loro interessa o ricevendolo soltanto attraverso passaggi o modi di dono obbligati, oppure, ancora, non sanno essere pienamente felici del solo e purissimo fatto che esiste l'Amore del mondo, mentre lo stanno vivendo, e misurano quanto hanno dato e quanto hanno ricevuto. Come se l'Amore possa adattarsi alla bilancia, mentre è il sole invisibile che deve colmare di luce tutta la terra.
Ma nonostante tutto, (si può essere bruciati e ridotti alla cenere, affogati da maree che hanno travolto, stanchi e sfiniti come chi è mezzo morto di fame) il problema dell'Amore si impone in tutta la sua violenza appassionante. A meno che non si sia più esseri umani, morti prima di morire per aver lasciato spengere l'Amore - e chissà da che cosa, ma spesso dalla stanchezza, dalla delusione o dalla paura o altro ancora, tutte forme, più o meno velate, dell'egoismo che è il grande nemico dell'Amore.
E' approfondendo e più ancora vivendo nella sofferenza, spesso fino all'angoscia, in me e in chi ho conosciuto e nell'esistenza umana, il problema dell'Amore, che ho capito il dono infinito di Dio nell'aver conosciuto Gesù e nell'essermi innamorato di Lui.
No, non è perchè in questo modo ho girato intorno allo ostacolo e ho risolto il problema in bellezza. So bene che il darsi a Dio e essere di Lui soltanto viene spesso giudicato come il modo migliore per mettere a posto ogni problema e più di tutti quello dell'Amore, perchè, è vero che in questo caso bisogna amare tutti, però rimane vero che non si deve amare nessuno in particolare e l'Amore rimane nel generico, cioè per aria, sulle nuvole. E l'Amore che non è vita vissuta, cuore a cuore, comunione chiara, scoperta, vivente nell'esistenza, non è Amore, anche se così viene evitata l'angoscia dell'Amore e il suo grave pericolo.
Ho avuto sempre senso di orrore o di pena e di compassione ogni volta che ho incontrato qualcuno che - può darsi che sia stata soltanto mia impressione - l'Amore di Dio ha inaridito, come svuotato, di Amore umano, di capacità, di gioia, di serena esperienza di Amore umano.
E' bellissimo - e lo devo e lo voglio testimoniare - essere innamorati di Gesù. Innamorati di Amore vero, capace di prendere tutto il cuore, affascinare interamente la anima e diventare e essere unica e completissima ragione d'esistenza.
Logicamente tutto questo Mistero di Amore per Gesù è posto nella Fede, raccoglie cioè il problema dell'esistenza che è tutta sulla terra e nel tempo, ma le cui ragioni e i cui motivi sono quelli di Dio e dell'eternità.
Ma l'Amore a Gesù a questo convince con facilità, perchè Lui è questa terra diventata Regno dei Cieli, è questo tempo già tutt'uno con l'eternità. E Lui ha vissuto questa unificazione, ne ha parlato con estrema chiarezza e passione e vi si è dato in misure perfette e assolute. L'Amore verso di Lui è Amore a questa «sua» terra, a questo «suo» tempo, a come Lui è e come Lui ha scelto di essere nella esistenza.
Si, è vero, l'unico motivo per cui non ho cercato e non cerco una donna e quindi nell'unione del mio essere col suo attraverso l'Amore che è il cogliere il motivo fondamentale dell'esistenza, ricevendola e comunicandola, è perchè Gesù ha preferito essere su questa terra non legato ai motivi della terra e del tempo, ma ai motivi per cui la terra e il tempo sono stati creati, cioè ai motivi del Regno dei Cieli e dell'eternità.
Non è per virtù la scelta della verginità e tanto meno è per disprezzo della carne e nemmeno per desiderio di libertà per una disponibilità maggiore all'adempimento di doveri e di impegni. Non è per un raffinarsi dello spirito a spese della carne, quasi disumanizzandomi per desiderio di essere un angelo in carne e ossa...
E' per Lui. E' perchè Lui è stato nel mondo nella libertà della verginità, che non è in fondo, nel suo motivo essenziale, non stringersi ad una donna, quanto essere sulla terra non limitato ai motivi temporali che governano l'andare avanti dell'esistenza, ma aperto alle ragioni dì fondo, alle finalità determinanti di tutto ciò che è, e che si confondono, fino a un tutt'uno, per Sua Bontà, con Dio stesso.
E Dio fatto Uomo sulla terra non può che avere le ragioni di Dio, lo stesso motivo del Suo essere Dio, a sostenere la sua esistenza terrena.
Ho accettato quelle stesse ragioni che Lui ha offerto anche alla mia vita.
E' di qui l'Amore per Lui. E è Amore essenziale, dal più profondo, è consenso assoluto a Lui, è dipendere in modo totale, è lasciarsi determinare, è accoglierLo come unica ragion d'essere, è farne motivo di vita e veramente tutto...
Fino a scoprire in Lui un fascino meraviglioso, segreto e irresistibile. E mi sembra di poter capire chi è andato serenamente a morire per Lui, nel Suo Nome, per assoluta fedeltà, per preferenza e scelta tutta fatta di Amore, di Amore per Lui.
Non è ciò che mi può dare, in questa vita o nell'altra, che mi ha convinto e mi convince, ma è ciò che Lui è. L'Amore mi fa vedere che in Lui tutto è perfetto. Il Suo pensiero è chiaro. La Sua parola è fedele. La Sua vita è incredibilmente coerente.
Nessuno ha parlato come Lui. Nessuno è dentro l'esistenza umana quanto Lui, perchè il Suo Amore è totale e è come sorgente inesauribile. Da allora è offerto, è in un darsi incessante e colma di Sé l'universo e è accanto ad ogni uomo, anche se lui non lo sa, è dentro il destino di tutti, ma per essere Amore, Speranza, Salvezza.
E tutto questo certo perchè è Dio, ma anche perchè il Suo è Amore veramente universale, perchè ciascun uomo potrebbe dire, chiunque sia quest'uomo, che Lui l'ha amato, che ha vissuto il suo destino, ciascun uomo e tutti gli uomini, se vogliono, possono sentirselo accanto, amico, fratello, sposo e sposa, Amore tutto donato fino alla morte.

Ciascun uomo e tutti gli uomini sanno che dal Suo Amore fruttifica soltanto il loro bene e speranza e fiducia di pace.
Un Uomo, fatto di carne e sangue, di storia umana, anche se Dio, ha amato e ama gli uomini così.
E' qualcosa che sgomenta e sconcerta, ma è la verità.
Ecco: quest'Amore è il mio Amore. Tutto qui, questo terribile mistero dell'Amore per Gesù.
Sto scrivendo parole intorno a Gesù, e all'Amore per Lui, ma io so che non sono parole.
A un certo punto nella vita ci si accorge chi è e cosa è che ci dà di vivere. A rigore, per rimanere su un piano di normalità d'esistenza umana, dev'essere l'Amore. E questo Amore deve colmare, inebriare, vincere sempre, fino a essere motivo di tutto. Quest'Amore è necessario che spieghi tutto. Che offra ragione di ogni cosa e tutto renda bello, perchè tutto fa essere vero.
L'Amore che compie questo miracolo di onnipotenza (e si sa, con perfetta chiarezza, che in ogni esistenza può essere compiuto fino a poter essere compiuto nell'umanità intera, tanta è la forza di questa onnipotenza di Amore, se fosse obbedita) quest'Amore è Amore divino.
Credo che l'Amore di Gesù, l'Amore per Lui, è quest'Amore.
Gliene do umile e serena testimonianza.
Così è l'Amore per Lui: è vero con assoluta certezza di verità.
Domani è possibile che mi stanchi di quest'Amore perchè è troppo Amore e è difficile per noi poveri uomini sostenere un peso troppo più grande di noi. Il desiderio del facile, dell'immediato, e quindi del materiale, è sempre in agguato, annidato nell'istinto della mediocrità e dell'egoismo.
Però per tutta una ricerca condotta a cuore aperto nei confronti di tutto l'Amore, per una accoglienza pronta e immediata a raccogliere tutto ciò che può essere Amore, per un guardare d'intorno con occhio attento a scoprire, dovunque possa essere, l'Amore, non posso non testimoniare - e è gioia immensa poterlo fare, dicendolo a Lui e dicendolo a tutti - che il Suo soltanto è unicamente Amore. E' vero: sulla terra, fra gli uomini, non vi è altro Amore che l'unico Amore Gesù.


don Sirio

La semplicità dei Santi

CHI fa ben sol per paura
non fa niente e poco dura,
CHI fa ben sol per usanza
se non perde, poco avanza.
CHI fa ben solo per forza
lascia il frutto e tien la scorza.
CHI fa ben qual sciocco, a caso,
va per acqua senza vaso.
CHI fa ben per parer buono
non acquista altro che suono.
CHI fa ben per vanagloria
non avrà mai la vittoria.
CHI fa ben per avarizia
crescerà sempre in malizia.
CHI fa ben all'indiscreta
non ha frutto e mai si quieta.
CHI fa ben sol per salvarsi
troppo si ama e non sa amarsi.
CHI fa ben solo per gusto
non sarà santo né giusto.
CHI fa ben per puro amore
dona a Dio l'anima e il cuore.


S. Giuseppe da Copertino

Il discorso agli aristocratici

"Noi, ben lo sapete, non siamo più il sovrano temporale, intorno ai quale nei secoli andati si raccoglievano le categorie sociali alle quali voi appartenete, Noi non siamo più per voi quelli di ieri... Ma, dicevamo, la storia cammina. Il Papa, seppur trova nella sovranità dello Stato della Città del Vaticano lo scudo e il segno della sua indipendenza da ogni autorità di questo mondo, non può e non deve ormai più che esercitare la potestà delle sue chiavi spirituali... Noi siamo ora a mani vuote; né siamo più in grado di conferire a voi uffici, benefici, privilegi, vantaggi derivanti dall'ordinamento di uno stato temporale, né siamo più in grado di accogliere i vostri servizi inerenti ad un'amministrazione civile. Ci sentiamo umanamente poveri dinanzi a voi... Dovremmo anche aggiungere che oggi il Papato, tutto assorbito nelle sue funzioni spirituali, si è prefisso un'attività apostolica che possiamo dire più ampia e nuova rispetto a quella di un tempo. La sua missione religiosa prende forme e proporzioni che non possono non modificare quelle sue strutture pratiche che i bisogni di altri tempi avevano suggerito essere opportune e necessarie. Il dovere che incombe alla Santa Sede di attendere al governo della Chiesa universale e di venire a colloquio apostolico con il mondo moderno, oggi agitato da rapide e profonde trasformazioni, la obbliga a una visione realistica delle cose che le impone, anche dolorosamente talvolta, di sceverare e di preferire nel suo retaggio di istituzioni e di consuetudine ciò che è essenziale e vitale, non già per dimenticare ma per rinvigorire i suoi veri impegni tradizionali".

Paolo VI

Motivi di gioia

Non so quante volte ho letto il discorso di Paolo VI all'aristocrazia romana. Non è per la gioia di sentire dire dal Papa, finalmente, ciò che la voce del popolo diceva da tanto tempo, con sofferenza segreta e paziente, e ciò che la storia andava insegnando col suo magistero, così sovrano e inesorabile, anche per chi ha occhi, ma non vuol vedere, e orecchi, ma non vuole ascoltare.
Nemmeno è stata una gioia, perchè sarebbe autentica stupidità, che il Papa abbia finalmente dato ragione a chi questo lavoro di rottura e di liberazione sentiva e cercava, liberazione da mentalità e tradizioni ormai superate e rimaste soltanto come soffocamento di tempi nuovi e di nuovo respiro nel popolo cristiano, non più disposto a fare da platea, da spettatore pagante e che batte le mani, alle recitazioni, più o meno sincere, dei blasonati, sul palcoscenico delle cerimonie religiose papali e non papali.
Però è stata una gran gioia e lo è in misura crescente, vedere il progredire di una libertà da ogni forma e apparenza (e anche illusione) di temporalismo, questa S. Madre Chiesa che anche nella sua realtà storica, umana, terrena, si purifica sempre più per essere testimone autentica del Vangelo e di tutto il Mistero cristiano.
E' motivo di gran felicità ascoltare il Papa dichiarare la fine di ogni potenza terrena per sé e per chi sta intorno, fino a toglierne ogni speranza, perchè viene respinta ormai anche una realtà di creduto diritto alla potenza temporale, diritto che si è trascinato per 60 anni, «durante quel torbido e paradossale periodo», ma ormai spento «per la decadenza del potere temporale del Papa avvenuta nel modo che ben si conosce...».
E che la Chiesa si sia liberata non solo del fatto, ma anche del diritto ad una potenza temporale, è miracolo stupendo di liberazione.
E' da questo miracolo di liberazione che la Chiesa acquista la possibilità di quella povertà che la mette davanti al mondo «... ormai a mani vuote., e umanamente povera...» perchè ormai «tutta assorbita nelle sue funzioni spirituali... la sua missione religiosa prende forme e proporzioni che non possono non modificare quelle sue strutture pratiche che i bisogni di altri tempi avevano suggerito essere opportune e necessarie».
Non so, ma soltanto di certi discorsi o indicazioni fatte a religiosi, o sacerdoti, ecc. dal Papa, si dà importanza pastorale valevole per tutta la Chiesa.
A me sembra che questo discorso all'aristocrazia romana sia uno degli interventi pastorali più decisivi e determinanti, che insieme al discorso di Betlem, segnano rovesciamenti radicali di mentalità e di costume pastorale e impostazioni di metodi così meravigliosamente nuovi, da segnare per la Chiesa inizio stupendo di nuovo cammino e di nuova storia.
Basterebbe che il discorso del Papa all'aristocrazia romana lo raccogliessero i Vescovi e i Parroci (e ci sia perdonato l'ardire di tanto consiglio da parte di chi è soltanto «voce dei poveri»). Perchè ogni diocesi e ogni parrocchia ha la sua aristocrazia, che anche se non è fatta di conti e marchesi, sarà di cavalieri e grandi ufficiali e commendatori, ma è sempre aristocrazia, cioè l'elite, che contorna di alone di nobiltà o d'importanza umana la cattedrale o la chiesa parrocchiale.
All'ultim'ora saranno professionisti o laureati, qualche notabile, magari in pensione, ma la cerchia di personaggi intorno all'altare bisogna che ci sia, chissà per quale necessità di onore e di gloria al Re dei re.
Può darsi che tutta questa accolta di persone ragguardevoli sia antico retaggio di consuetudini: e il Papa lo ha riconosciuto, ha cortesemente ringraziato e ha detto, non ve n'è più bisogno ormai, fratelli.
Può darsi che si pensi che se si allontanano d'intorno all'altare queste persone ragguardevoli, vi rimanga del vuoto vicino al Vescovo o al sacerdote, e manchi quel lustro d'importanza umana alle cerimonie religiose.
Può darsi che questo succeda, ma può anche darsi che molta povera gente non venga intorno all'altare e non si stringa intorno al sacerdote e al Vescovo, proprio perchè quell'alone di nobiltà o di persone di riguardo abbia tenuto a discreta distanza, e spesso assai disgustato, il buon popolo, sempre condannato a far folla che ammira e applaude i privilegiati dei posti e degli incarichi d'onore.
Insomma, ci avviamo verso la fine «del privilegio» intorno al Papa, al Vescovo, al parroco, ecc.
Sarà bello vedere che tutto sarà fra fratelli e la povertà sarà in onore, l'umiltà sarà esaltata, i piccoli saranno i più importanti, gli ultimi saranno i primi...
«La storia cammina», ha detto Paolo VI, e se la Chiesa ne accoglie il cammino e ne segue il passo con tutta la meravigliosa immutabilità della Rivelazione e con la ricchezza inesauribile della Redenzione, la storia segnerà anche il venire del Regno dei Cieli nel mondo, lungo le strade che gli uomini vanno tracciando, con tanto travaglio, nel tempo.


un prete

Dammi la forza

Invano Signore ti ho cercato
invano sgomento guardavo il fondo
della mia esistenza nebbiosa;
vedevo le cose e non ti scorgevo.
Poi una luce rischiarò la mia mente
fu come un lampo
che illuminò le cose
per un attimo.
La tua voce si udì
nel vano fragore che mi circondava.
Mi voltai e ti vidi;
ti vidi nel tuo manto di amore.
Invano mi trattennero,
tu mi tiravi con la forza
della tua parola.
E piansi
piansi amaramente
per averti tanto offeso;
ma tu mi dicesti
«Sei perdonato» e gioii.
E allora la mia vita
è diventata un grido
un grido d'amore
prima flebile
poi sempre più forte.
Ma il mio grido, Signore
non è sempre udito,
la mia voce diventa
sempre più roca
non ha più forza la mia gola
O Signore
dammi la forza di continuare.


N. Platania

La poesia dei giorni

13 gennaio - Sono stati giorni di festa per le mie bambine, le ho viste così belle e felici che il mio cuore si è rinsanguato. La casa è stata animata anche da ospiti nostri ed è stato dolce ritrovarsi e volerci bene in queste brumose giornate d'inverno. Il caminetto acceso con la sua fiamma ballava e danzava felicità e amore.
14 gennaio - Dopo tanti giorni di nebbia stasera sono tornate le stelle a fiorire le nuvole inargentate dalla luna. E' ritornato, dietro la mia finestra, il mistero del cielo, il mistero nella sua immensità, lo specchio della maestà di Dio, la sua amicizia, la sua conoscenza.
24 gennaio - Il mio bambino più piccolo è stato gravemente ammalato. Ogni volta che un figlio sta male il mio cuore passa l'avventura di Abramo e Isacco. Il «fiat voluntas tua» del Pater chiede questa nostra donazione totale, anche di un figlio... poi Dio manda il suo Angelo a fermare il corso del male e si possono gettar via le legna del sacrificio.
25 gennaio - Ora il Piccolino ha preso l'abitudine di dormire nel mio letto da quando è stato ammalato e io ritrovo il suo profumo, la sua dolcezza e la sua tenerezza, sono notti dolcissime pausate dal suo lieve respiro.
27 gennaio - Ho conosciuto la poesia di Jiménez, vi ho trovato tanta felicità: come scrive Francesco Tentori Montaldo «si rimane commossi e stupiti di fronte a questa parabola che ha visto una grande sensibilità e una grande intelligenza poetica, unite in una sola anima, dar forma, per lo spazio di un'intera vita, alle immagini di un pensiero lirico di rara bellezza e sostanza».
1 febbraio - Ho adesso un nuovo amico che mi aspetta alla macchina da scrivere, l'ultimo volume del diario di Julien Green dal titolo «Le bel aujourd'hui». «Voglio scrivere lentamente, più lentamente che sia possibile» scrive altrove Green e da queste pagine, dove è annotato ogni avvenimento con attenzione, escono pensieri altissimi, riflessioni di alta maturità. Questa traduzione sarà una lunga, viva gioia.
2 febbraio- Le parole di Simeone nel Vangelo di oggi sono viatico per tutto l'anno a venire: «E ora, Signore, posso andare in pace perchè ho conosciuto la tua salvezza».
Il Natale è stato un lievitare di tutte le cose nel Dio che assume intera la nostra umanità, ne deriva che la realtà di ogni giorno è stata per lui salvata. Giorni stanchi, giorni grigi, giorni inutili non debbono più esistere, resta soltanto l'accettazione di ogni cosa come divina realtà.
Grazia Maggi


"Non ho mai esitato nella scelta di un atteggiamento: ho sempre adottato l'atteggiamento cristiano come il solo possibile. Sono per così dire nata, cresciuta e sempre rimasta nell'ispirazione cristiana. Fin dai tempi in cui il nome stesso di Dio non faceva minimamente parte dei miei pensieri, la mia concezione dei problemi di questo mondo e di questa vita era esplicitamente, rigorosamente cristiana, basata sulle nozioni più specifiche che essa comporta. Alcune di queste nozioni rimontano al tempo dei miei primi ricordi. Di certe altre, invece, conosco il momento, il modo e sotto che aspetto si sono imposte alla mia coscienza."
Simone Weil


Lettere fra amici

Carissimo don Sirio,
il mio Vescovo mi ha spedito in mezzo ai monti. E' la parrocchia più avanzata della diocesi: terra di frontiera! Il cappellano che cera si è ammalato ed io sono venuto a dargli il cambio.
Ho sofferto assai, perchè mi ero molto affezionato alla gente di.... e con un gruppo di giovani era nata un'amicizia bella e profonda. Ancora, il cuoricino e rimasto un po' con loro. Ma sono felice, perchè sicuramente quassù, nel silenzio, in mezzo alla vita molto povera di contadini, dei pastori, degli operai, se saprò ascoltare, sentirò più urgente l'invito dell'Amore a donarmi anima e corpo a tutto il mistero di Gesù, perchè la mia vita sia solo un terreno liberamente offerto a Dio e agli uomini, perchè si compia per tutti la Pace e la Gioia di essersi finalmente ritrovati in un'unica famiglia di fratelli.
Credo che questo strappo brusco e improvviso nella normalità di una vita che si andava un po' già «sistemando», possa far nascere nuove possibilità di apertura a Dio, alla Sua Verità, alla Sua Luce, per essere sempre più trasparenza di Lui, volto e cuore Suo dentro la vita del mondo.
Sento che cresce in me la gioia di sapere che Lui c'è - anche se a volte ho paura e mi sento smarrito a pensare che io Lo devo far nascere nel cuore degli altri attraverso il mio donarmi e il mio offrirmi continuo. Mi sembra di dover accettare tutto, anche le cose che sembrano farci del male, come dono Suo, perchè tutto è molto buono e tutto può diventare una strada per l'Amore di Dio e di tutti.
Nel silenzio di questi monti, che mi ricordano tutta la gioia serena delle nostre scorribande sulle Apuane, dove ho trovato così tanta amicizia, a cuore aperto: è stato un raggio caldo di sole, che anche ora mi accompagna nel mio impegno di amicizia con gli altri ed è un po' come la misura, il modo, lo stile di incontrarci insieme con tutti, nell'unico Amore che tutto riunisce e rende sacre le cose e la vita; in questo silenzio, dicevo, credo che mi potrò preparare bene al dono che sento di dover fare di me al mondo operaio, perchè la mia vita si arricchisca sempre più di Dio e Lo possa poi comunicare ai fratelli operai, con totale chiarezza e luce di giorno pieno. Voglio proprio che ora, in questo raccoglimento, scompaiano dal mio cuore tutte le ombre: ci deve restare solo Lui a far luce su tutta l'esistenza. A dare sapore e significato a tutte le cose.
E tu come stai? Ti senti crescere la solitudine nel cuore o Lui è ancora sempre la Gioia e la Speranza nella stanchezza e nella durezza della tua testimonianza, spesso contrastata?
Io sono proprio felice che tu ci sia: te l'ho detto altre volte, ma ora la sento con più forza questa gioia di sapere che ci sei tu, gli altri, a tirare avanti «in un certo modo» le cose normali della vita di tutti. Per me è un po' una strada che mi si è rivelata, un sentiero ormai aperto e che spero con tutta l'anima non si debba più chiudere.
Mi dispiace un mucchio non esser più a anche perchè quando venivi, ci potevamo rivedere e parlare un po' insieme. Era un aiuto grande per me... Appena potrò farò un salto da te; intanto ricordami all'Amore a cui abbiamo creduto, perchè mi rende sempre più pronto al Suo Mistero di Grazia, fra gli uomini. Sento e credo che dobbiamo lasciare che Lui affiori sempre più dalla nostra esistenza, perchè si ripeta e si rinnovi il miracolo del Signore Gesù, lungo le strade della terra.
In fondo, ha poca importanza esser qui, o là: l'Amore non ha limiti di spazio o di dono. Il limite lo trova solo nelle nostre stanchezze, nelle nostre chiusure, nella nostra poca disponibilità a lasciarci bruciare vivi da Lui... Per questo prego perchè per me, per te, per voi, tutti quelli che crediamo in Lui, non manchi mai il coraggio e la «mattìa» di lasciarLo entrare dappertutto e far di tutto un Fuoco immenso d'Amore...
Ti voglio un mare di bene. Saluti a tutti, dal tuo


don ***

I carcerati

"La prima sorpresa la si rileva appunto davanti alla constatazione che i detenuti vengono affidati in appalto ai privati. Le aste infatti vengono bandite ogni due anni e come ogni asta che si rispetta se l'aggiudica chi chiede di meno. Lo Stato si limita ad indicare la cifra massima che è disposto a spendere giornalmente per ogni detenuto nonché il numero presunto delle "presenze" annuali previste.
Le «diarie» in uso riguardanti il costo medio di un detenuto sono:
Trani lire 340, Volterra 347, Pisa 340, Palermo 320; una delle più basse è Milano con lire 315.
Ma le 300 lire o poco più non riguardano soltanto il mantenimento giornaliero di un detenuto. Le clausole che deve rispettare l'appaltatore previste da un particolare regolamento sono ben 118. Infatti - sottolinea «Quattrosoldi» - l'appaltatore dovrà fornire ai detenuti la biancheria (un cambio di lenzuola ogni quindici giorni), dovrà tenere in ordine l'infermeria, pagare i carcerati che svolgono mansioni all'interno del carcere come barbiere, scopino, cuciniere ecc.; fornire un vitto speciale per i tubercolotici, per le gestanti e le donne che allattano o fornire loro il latte artificiale, dotare i detenuti di gavette e stoviglie; provvedere al servizio di disinfezione (lotta ai topi, alle cimici, ai parassiti); provvedere alle spese di trasferimento dei detenuti; fornire la bara e il servizio funebre in caso di morte; pagare il consumo della luce e delle lampadine.
Il tutto come detto in precedenza deve essere compreso nelle 300 lire o poco più al giorno.
Ma quale è le dieta alimentare di un detenuto? La "tabella vittuaria" predisposta dal Ministero di Grazia e Giustizia è la seguente: 400 grammi di pane, 150 grammi di latte; 30 grammi di carne, 10 grammi di zucchero, 250 grammi di pasta o riso, 200 grammi di patate, 25 grammi di lardo o olio di arachidi; 20 grammi di pecorino, 150 grammi di verdura, 20 grammi di provolone.
Ma questa parte riguardante il vitto in realtà viene data ai detenuti? Gli impegni degli appaltatori sono innumerevoli, ad essi vengono aggiunti l'IGE che grava sui contratti e il pagamento di un proprio rappresentante fisso presso le carceri. Detrarre le spese generali e il guadagno ovviamente riservato all'appaltatore, si può calcolare senza tema di sbagliare eccessivamente che per il vitto di un detenuto vengono destinate dalle 120 alle 150 lire.
Cioè conclude amaramente la rivista «Quattrosoldi» - circa la metà di quanto lo Stato spende al giorno per il vitto di un cane poliziotto.
Infatti, un cane poliziotto in servizio presso la Scuola di Polizia, costa allo Stato per la voce «vitto» dalle 260 alle 370 lire al giorno.
(da «Politica» quindicinale fiorentino, n. 1 di febb. '64)


"Non mi sono mai domandata se Gesù è stato o meno un'incarnazione di Dio, ma in realtà ero incapace di pensare a Lui senza pensarlo come Dio."
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