LA VOCE DEI POVERI: La VdP maggio 1963

Il Santo di Viareggio

La nostra città di Viareggio sta celebrando solenni onoranze al Servo di Maria, Antonio Maria Pucci, Parroco per tanti anni della Parrocchia di S. Andrea, elevato agli onori degli altari da Papa Giovanni XXIII l'otto dicembre dell'anno scorso.
E' dovere per noi della S. Vincenzo cittadina guardare a questa dolce e umile figura di sacerdote: e Dio voglia che abbiamo qualcosa del Suo spirito di Carità, del Suo Amore fraterno, della Sua passione per la povertà.
Perchè la sua Santità molto ha da insegnarci, anche se è vero che le condizioni di vita un secolo fa erano tanto diverse, da quelle dei nostri tempi. Il popolo era semplice e schietto, il lavoro era umile e serenamente accettato. La famiglia era valore di fondo e la vita si svolgeva forse più rassegnata, raccolta e tranquilla.
Anche l'assistenza ai bisogni, ai poveri, ai malati doveva essere più facile. Passare di casa in casa era senza dubbio passare di miseria in miseria, di sofferenza in sofferenza, ma il clima era buono, aperto, benevolo, colmato di riconoscenza, e lasciare un po' di aiuto, un pezzo di stoffa, un pacco di alimentari era come lo stringere la mano, fare una carezza a un bambino, dire parole buone di affetto, d'incoraggiamento. E uno se ne tornava a casa col cuore gonfio di gioia e l'anima colmata di benedizioni.
Ora le cose sono senza dubbio molto cambiate. E' difficile fare la S. Vincenzo ai nostri tempi. E' certo che non possiamo permetterci mentalità paternalistiche e tanto meno considerarci qualcosa perchè facciamo del bene. La situazione di bisogno della carità materiale altrui, è sempre più un'ingiustizia e quindi una condizione di anormalità che va vinta e superata non con il buono di carne e latte, ma con provvidenze di ordine sociale capaci di riconoscere a ciascuno il suo buon diritto a una vita serena e dignitosa.
Siamo in piena ricerca (anche se il cammino è ancora tanto lungo) di liberazione dell'uomo dal bisogno.
E la carità ai nostri tempi vuol dire ricerca di giustizia nella convivenza umana, sempre più vuol dire dignità della persona umana, sempre più significa considerazione dei problemi del prossimo alla pari dei nostri.
La carità cristiana va avanti nei suoi sviluppi di attuazione perchè è fruttificazione sulla terra, fra gli uomini, della Carità che è l'Essere stesso di Dio e quindi le sue misure infinite richiedono ed esigono espansione, allargamento, approfondimento sempre più vasto. E allora la carità non può non andare al di là di un rapporto fra individuo e individuo, ma entra necessariamente nella comunità umana e diventa carità sociale. Non può fermarsi ai confini della città e nemmeno a quelli della patria, ma coglie il bisogno di Amore fra tutti gli uomini, su tutta la terra.
E allora è carità che pensa al pezzo del pane (e milioni e milioni di uomini ne mancano ancora), alla medicina che solleva e guarisce (e quindici milioni di lebbrosi, per esempio, attendono di essere curati e possibilmente guariti), carità che deve preoccuparsi di famiglie senza tetto o ammucchiate in miserabili alloggi, carità che provvede alla sicurezza del lavoro e alla sua dignità e alla sua giusta retribuzione, carità che si preoccupa e soffre e piange per la mancanza di libertà in tanti popoli e per la loro impossibilità di sollevarsi ad un livello d'esistenza civile...
Chi vuole accettare nella propria vita il tormento della carità e affrontare con coraggio i meravigliosi eppure angosciosi problemi dell'Amore fraterno, comunitario, di popoli e dell'umanità intera, è giocoforza che apra il cuore a capacità universali.
Ai nostri tempi un'altra carità, un diverso Amore non basta più. E' vero che sarebbe molto, e ce ne fosse, ci verrebbe da dire, specialmente quando nelle riunioni delle S. Vincenzo siamo sempre quel solito numeretto così penoso e spaurito, e quando per mettere insieme quei quattro soldi per l'assistenza dei bisognosi occorrono i salti mortali e c'è da lambiccarsi il cervello per poi finire alla solita fiera di beneficenza e al tè con la canasta per Signore.
Eppure questa carità non basta più. Tant'è vero che è così difficile sensibilizzarne i giovani. E' scaduta, quasi in disuso, anacronistica, spesso risulta quasi offensiva, la carità spicciola - spesso burocratica e formalistica - dell'aiuto materiale a sollievo del bisogno materiale.
L'interessamento personale spesso può essere visto come pietismo vuoto e inutile e le parole possono troppo sembrare artificiose e rimediate per l'occasione.
Non siamo capaci d'altra parte di visioni ampie e dì attuazioni coraggiose nel campo dell'assistenza e tanto meno siamo capaci di far diventare determinante la carità nei problemi sociali e politici.
Succede allora che il problema carità diventa preoccupante perchè carità vuol dire cristianesimo fino a condizionarlo in modo essenziale. Non possiamo rimanere indifferenti davanti al problema carità, a meno che non siamo indifferenti e insensibili al problema cristianesimo.
Pensiamo alla carità dei Santi. All'umile e dolce carità del Curatino. Dava le sue scarpe. Ha ceduto il suo mantello. Portava il pane e il companatico. Sistemava famiglie senza tetto. Cercava lavoro a chi non ne aveva. Pagava i debiti a chi era disperato. Piangeva e pregava, sotto il vento del libeccio, con le spose e le mamme, sugli scogli del molo, quando il mare metteva in pericolo la vita dei pescatori. E era umile. Sempre dolce. Serenamente paziente. Illuminava di speranza. Colmava di Fede. Espandeva Amore. Doveva essere come quando si accendeva la lucernetta nelle case, il suo entrare nelle famiglie. E il suo camminare per le strade era sicuramente quasi un fermarsi ad ogni porta. Bisognava ascoltare e dire una parola, almeno una, perchè era una Benedizione, una grazia di pace e di bontà.
La carità dei Santi è come i miracoli compiuti da Gesù, ha valore universale, è testimonianza di una Bontà infinita, è «qualcosa» di Dio, è segno sacro di un mistero invisibile di Amore, è sacramento di Grazia, è Gesù vivente ancora fra gli uomini...
I problemi della carità cristiana sono tanti e gravissimi, specialmente ai nostri tempi, ma forse il problema, a guardare onestamente come stanno le cose, è, in fondo, uno solo. Noi delle S. Vincenzo e quindi noi, gli specializzati della carità, non siamo dei Santi. Spesso non siamo nemmeno degli uomini nel senso più vero e profondo del termine. E la nostra carità allora è arida, spesso formalistica, paternalistica, superficiale, occasionale, sbrigativa. Diamo dei pacchi e degli indumenti, ma spesso non diamo il cuore e non paghiamo di persona la grazia, la gloria di poter aiutare un fratello nel bisogno. E non facciamo mai nulla per farci perdonare da Dio e dagli uomini il coraggio di fare carità cristiana. Amministrare l'Amore di Dio secondo Gesù è un sacro sacerdozio di cui ci investiamo tanto disinvoltamente, eppure non dovremmo dimenticare che la Carità Cristiana solo i Santi la dovrebbero fare, perchè soltanto i Santi la possono fare.


La Redazione

Meditazione sulla Santità

Non riesco molto a prendere parte alle celebrazioni intorno ai Santi, ai festeggiamenti in loro onore, a quella glorificazione che vedo così poveramente umana e terrena, quasi come una sforzatura piuttosto artificiosa e ormai convenzionale. Non mi viene dal cuore sentire la santità così e non ho voglia di pensarla in quel modo.. Mi sembra quasi che sia uno sciuparla, un profanarla. Perchè la santità secondo il Cristianesimo è umiltà, nascondimento, silenzio. Dono di sé. Offerta totale. L'entrare nel Mistero di Dio. Adorazione infinita di Lui. Fino al punto che la Santità è perfetto riconoscimento e gioia infinita che Dio è tutto. Valore assoluto. L'Unico.
La Santità è questa convergenza, libera per perfetto Amore, per conoscenza chiara e scelta assoluta, in Dio, di se stessi e attraverso noi, di tutta l'umanità e di tutto l'universo.
L'essere Santi vuol dire essere aperti a tutta la Verità, capaci di tutta la Verità, a totale disposizione di tutta la Verità.
Il Santo è l'universo in ogni suo valore più essenziale, in tutto il suo senso e significato più profondo. Raccoglie e ha in se stesso tutto il motivo della creazione. La riassume, ne è la sintesi, la espressione più pura e più vera. E' per questo che ogni Santo è anche un poeta aperto a tutto il canto dell'universo. E' anche un artista sensibile a tutta la bellezza. La sua anima vive e soffre ed esulta della misteriosità del mondo che egli avverte profonda e ardente nella purezza libera del proprio corpo limpido dal male, schietto da ogni intorbidamento, trasparente di ogni candore e nella vastità sconfinata della sua anima.
Perchè la sua anima e il suo corpo «sentono» Dio nel mondo, ne avvertono la dolce e diffusa presenza, ne raccolgono la profonda onnipotenza e la Sua Bontà li rapisce fino a non poter essere altro che Bontà, dolcezza, umiltà. Amore.
E' meravigliosa l'obbedienza del Santo a tutto il Mistero di Dio. Il suo fidarsi di Lui, il suo servire a Lui soltanto. Il suo esserGli sempre e dolcemente e liberamente a disposizione. E Dio allora ha dove espandere la misura incontenibile del Suo Mistero. Ha chi sa ascoltare il suo parlare sommesso o terribile. Chi avverte il Suo Amore che si dona. Chi scopre i suoi disegni di Bontà. Ha il servo fedele che aspetta fedelmente dietro la porta anche a notte inoltrata e l'amico fidato a cui si possono raccontare anche i più intimi segreti. Dio ha chi è Suo, chi appartiene interamente a Lui, chi vive unicamente per Lui. Qualcuno di cui il Suo terribile Amore possa liberamente approfittarsi e farne ciò che vuole, perfino farne, di una povera carne e di una povera anima, soltanto Amore.
E i santi allora sono la prova più chiara, scoperta e convincente che Dio esiste. E sono il libro vivo, fatto di pagine viventi, dove si può leggere e conoscere chi è Dio e cos'è la Bontà e l'Amore.
Sono il cielo senza nuvole, vasto di azzurro, e il mare sterminato tutt'uno col cielo, lungo il filo lucente dell'orizzonte. Sono il brillare misterioso delle stelle, sicure di luce nel buio della notte. Acqua limpida e cristallina che quasi sembra impossibile che venga giù dalla roccia. Una fiorita di anemoni viola, a calice aperto a inondarsi di sole, spuntati quasi miracolosamente sui poggi ancora anneriti per il bruciare dell'erba seccata dal gelo dell'inverno. Sono gli occhi dei bambini che guardano il mondo come il mistero che si affaccia alla finestra. Sono la vera e limpida gioia del vivere, gli innamorati che camminano lungo il loro destino tenuti per mano dalla Speranza, capaci di Fede perchè serenemente credenti soltanto nell'Amore.
Gli uomini poi raccolgono i loro scritti. Ricordano i loro buoni esempi. Tessono l'elogio delle loro virtù. E arrivano a considerarli degli eroi, degli esseri eccezionali, quasi qualcosa di mitologico, di feticistico. Le immaginette, i pezzetti d'abito come reliquie, Le urne e le statue. Gli altari. Le candele... e li stacchiamo, li allontaniamo, relegandoli nella «Santità», da. noi, dalla vita concreta, reale, dall'esistenza normale, finendo per interessarli o metterli a contatto soltanto con una malattia dalla quale chiediamo che ci guariscano, da un malanno dal quale ci devono liberare o difendere, perchè risolvano questo o quest'altro guaio, perchè ci aiutino in questa o quest'altra difficoltà.
E dimentichiamo la loro, per dir così, realtà sacramentale, il senso e il valore della loro presenza nel mondo. Hanno servito e servono Dio perchè attraverso loro Lui possa entrare e essere di più nel mondo e hanno servito e servono gli uomini perchè hanno visto Dio per tutti, lo hanno adorato nell'universo, lo hanno amato con predilezione infinita. Hanno consentito, nella gioia più profonda e perfetta, che in loro, nella loro carne e anima, si compisse il grande Mistero dell'universo: Dio che si dona, viene accolto, vince tutto e tutto sopraffa perchè Lui sia tutto in tutti, come esige la Sua Verità, la nostra e quella del mondo.
Bisognerebbe rispettarli i Santi in questa loro purezza immacolata di Verità perchè almeno qualcuno di noi sia vero, perfettamente secondo il Pensiero di Dio, stia nel mondo in adempimento totale al dovere di Verità dell'universo, sia veramente l'uomo in tutto il suo misterioso valore, in tutta la sua splendida dignità di sacerdozio universale.
Dovremmo allora venerare la loro solitudine. Rispettare la loro silenziosa umiltà. Mantenere intatta la loro povertà. Conservare gelosamente la loro semplicità.
Perchè essi sono veramente e soltanto il lievito che si perde dentro la pasta. Il pugno di sale che dà sapore ad ogni cosa. La città sul monte, innascondibile. La luce accesa nel buio della notte. Il piccolo seme per il grande albero che copre la terra. Il gregge a cui è stato dato il regno. La pietra angolare scartata da tutti e che regge invece il mondo.
L'essenzialità dei santi. La loro fondamentale importanza nei destini dell'umanità. Danno senso a questo mondo e ne giustificano l'esistenza. Ne sono il perdono incessante e la gloria vera e perfetta.
Sono per le strade. Dietro la porta di casa. Al di là dei cancelli della fabbrica. Dietro le inferriate delle prigioni. Nel silenzio dei conventi. Sui letti dell'ospedale...
Perchè sulla terra i santi sono come le margherite fra il verde nuovo dei prati a primavera. Sono come le stelle nel buio fondo della notte. Non lo sappiamo, ma forse respiriamo la santità come l'aria buona al mattino presto, quando ci alziamo di buon'ora e spalanchiamo la finestra. La santità è le strade sulle quali camminiamo o corriamo distratti, ma lasciandoci docilmente guidare. Perchè santità è già il vivere, l'esistere, l'essere dentro l'umanità, la convivenza umana, il vivere insieme. Perchè siamo creazione di Dio. Viviamo della Sua presenza, siamo qualcosa del Suo Mistero.
Chi questo conosce e accetta e vive in serena onestà, cercando misure sempre più in perfetta risposta al desiderio di Dio, è santo.
Puoi pensare che il mondo colmato di fiori manchi della bellezza essenziale dei santi?
Stringi spesso loro la mano e forse non lo sai. Ti copre la loro preghiera e non te ne accorgi. Ti camminano accanto e non li vedi.
Sono forse più stanchi di te. Ma la loro speranza non può venire meno perchè è quella di tutta l'umanità. E portano il peso del destino del mondo nella loro anima. Hanno il cuore vasto come l'oceano perchè tutti i fiumi vi si versano dentro e vi si perdono. I loro occhi guardano più l'invisibile che il visibile e conoscono bene ciò che vi è sotto le apparenze delle cose e l'essenziale cercano sempre, anche quando non sembra.
Fioriscono dolcemente e maturano silenziosamente come i frutti della terra. Si lasciano macinare come il buon grano per il pane di tutti. E sono come le fontane di sorgente, hanno acqua per la sete di tutti e lasciano scorrere l'acqua cristallina e fresca anche quando nessuno ne beve.
Quando la morte viene e se li porta via, allora la loro umiltà entra nella gloria del Cielo, il loro nascondimento diventa Visione Beatifica, il loro sacrificio è Felicità infinita. La loro ansia di Amore è tutto l'Amore di Dio.
Quanti saranno? E la risposta è tutta nella misura infinita, dell'Onnipotenza della Grazia e nella dolce violenza dello Spirito Santo "capace di suscitare i suoi eletti anche dalle pietre".
Ogni tanto la Chiesa entra in questo segreto di Dio e dichiara pubblicamente Santo uno dei tanti santi.
Dopo, le feste. E l'umiltà diventa una statua su un altare. Il nascondimento è portato in giro per le piazze e le strade. Il silenzio è canti e spesso tanta confusione di folle. La povertà diventa rumore di cassette per elemosine...
Ma non ha importanza. I Santi, si sa, sono anche pazienza sconfinata e lasciano fare benevolmente, anche se forse me farebbero volentieri a meno. Ciò che conta è che sia testimoniato che la Santità esiste nel mondo e quindi la Verità, la Giustizia, l'Amore, la Bontà... e questo miracolo, unicamente in grazia e forza di Dio, vivente fra gli uomini perchè, in Gesù Cristo, gli uomini possano essere «qualcosa» di Dio.


don Sirio

Preghiera al Santo Curatino

Fratello, la Chiesa ci ha detto che Tu sei in Paradiso con assoluta certezza. Ti pensiamo lassù nella Gloria di Dio. E ti parliamo delle nostre cose sapendo di parlarne con Lui.
L'hai cercato, chiamato e amato per lunghi anni, da questo deserto, dal buio di una notte che sembra mai finire, il Mistero ha avuto un corpo e un'anima in te. L'umanità un cuore. L'universo una voce. Dio una esistenza umana tutta per Lui. Eri qui una lode vivente sulle nostre strade. E per te si è diffusa la Sua Pace e è stato donato il Suo Amore.
Ciò che Lui è stato fra gli uomini Tu hai cercato di continuare ad essere, o pugno di lievito, o sale della terra, o luce del mondo.
E gli uomini hanno avuto un padre, un fratello, un amico. Hanno avuto un povero come loro, i poveri. Uno che, semplice e umile, era nella casa di tutti. Perchè ti sei fatto pezzo di pane che tutti potevano mangiare e bicchiere di vino di vigna che tutti riusciva ad inebriare, Tu che ogni mattina di pane ne facevi Dio e di vino il Suo Sangue.
Davi le tue scarpe ai poveri e i tuoi vestiti perchè avevi dato il tuo cuore e l'anima tua.
Potevi dire parole di pace e di Amore e di conforto e di speranza perchè erano preghiera, implorazione di notte e di giorno davanti al Signore e contenevano, anzi erano Grazia, Sacramento di Amore.
Lascia che abbiamo il coraggio di pregarti perchè la nostra Carità sia vera, secondo il Mistero di Cristo. Non lo è, o piccolo Santo dell'umile e nascosto e semplice Amore del prossimo. Non lo è.
Non nasce la nostra Carità da mani pure perchè il nostro cuore forse non ama. La sentiamo dovere, la carità, ma non gioia e grazia. E non ci prorompe violenta, incontenibile, dall'anima, ma spesso è soltanto fatica e sforzo. Facciamo qualche volta la carità e questo forse ci condanna perchè vuol dire che non siamo Carità, il Mistero di Cristo vivente fra gli uomini.
Perchè non è giusto che per un buono di carne o di latte o un affitto pagato siamo creduti o passiamo per gli uomini della Carità: ne siamo appena un'ombra, forse soltanto un misero tentativo.
Perdonaci se osiamo camminare per le strade dove Tu hai camminato e entrare in quelle stesse case dove Tu sei entrato, Tu Carità viva e vivente, noi soltanto portando fra le mani, incartato, un povero segno di Amore e qualche volta forse una testimonianza sbagliata.
E' poco, troppo poco, piccolo Santo della dolce e umile Carità fraterna. Dacci qualcosa del tuo cuore. Accendi in noi del tuo fuoco. Perchè l'Amore ai poveri sia passione fino a darci di essere poveri di quella povertà che unicamente rende capaci di Amore.
E ti preghiamo anche per questo foglio che forse con troppa disinvoltura chiamiamo «voce dei poveri». Nasce ogni mese da questa tua città, ma ha senza dubbio così poco del tuo Spirito di Fede e di Amore e della tua dolce e serena umiltà e povertà.
Benedici ogni parola, nonostante che nulla meritiamo, perchè la nostra testimonianza e ricerca non sia vanità, orgoglio, polemica, ma perchè dolcemente e serenamente ogni parola sia grazia di Verità e luce di Amore per noi e per chi ha la generosa Bontà di leggerla.


Le parole del Santo

Trascriviamo alcuni brani di predicazione del Santo Curatino. Ci sembra il modo migliore per conoscere l'anima così semplice e il suo pensiero così sicuro, diritto e schietto.
Par di leggere pagine della letteratura classica del '300. Il suo periodo è molto tornito e perfettamente rifinito. Sembrerebbe ricercato, quasi retorico e senza dubbio è musicalmente perfetto: eppure nasce direttamente dalla sua anima. E' acqua di fonte che zampilla fra le rocce e il muschio e incanta, sorprende e conquista.
Ci si sente l'uomo studioso e preciso, ma specialmente si avverte la sua serena e forte sicurezza di convinzioni e di pensiero. Non vi si avverte grande ricchezza d'idee e ricerca di ragionamento sottile: è il porre davanti la verità senza riguardi anche se in modo letterario elegante e ben aggiustato.
E' obbediente alle severe regole dell'oratoria classica, ma nemmeno l'ombra di verbosità vuota e inutile.
E il suo parlare rivela la sua bontà, la sua dolcezza, la sua incantata semplicità: l'uomo buono che si è dato a Dio e che vuole tutti portare a Lui perché sa e crede e vive che Dio è tutto e che in Lui soltanto è salvezza.
Questi brani sono stati presi da un volumetto che raccoglie prediche e sermoni e spiegazioni di vangeli domenicali, curato dal P. Pietro M. Suarez, intitolato "Parole di un Padre e Pastore".

La vera carità

La fraterna dilezione è quella virtù, per cui l'uomo fa ad altri ciò, che a se stesso sia fatto desidera, e ad altri non fa quello, che neppure a lui piace esser fatto. Essa è altresì in istretta colleganza colla natura; con questa carità la religione ne insegna quella meravigliosa verità; doversi gl'uomini amare scambievolmente l'un, l'altro per amor di Dio, il quale spiritualizza l'amor loro, e non vi lascia che l'essenza immortale, quand'ei passa per esso. Qual terreno fecondo in cui germogliano, fioriscono, ed a maturità perfetta conducono i frutti tutte quante sorte di alberi; così in quel cuore, che alberga carità fraterna tutte le virtù morali, e cristiane vi han sede. Infatti chi ha l'amor del prossimo, sente in se anche l'amor divino; a quegli che ama il prossimo son comuni e la pazienza, e la libertà, e la castità, e l'ubbidienza, e perfino quella umiltà, e mansuetudine, che fa d'uopo avere per entrare nel regno dei cieli. Che la fraterna carità, è virtù propria dei buoni, mentre le altre virtù comuni esser possono non tanto ai buoni, come ai malvagi, è il santo vescovo d'Ippona, che lo dice.
Ma in che consista questa virtù tanto grande ed eccelsa? Essa consiste nella pratica delle già date teorie. Vedete quel samaritano, che cammin facendo, si incontra in quello sventurato carico di ferite, e lasciato per morto dagli assassini in mezzo alla strada. Questi mosso a pietà del misero lava con vino le di lui piaghe, le unge con olio, e sugl'omeri suoi adagiandolo, lo porta all'albergo; comanda che si abbia cura di quest'uomo meschino, che esso poi soddisfatto avrebbe alla spesa. Questo sì dunque può dirsi aver ben radicata in suo cuore la virtù della carità fraterna.
Ma come potrà dirsi che abbiano la carità certi uomini, e ancora certi religiosi, che hanno il cuore più duro di un macigno alle miserie del poverello, e che compatir non sanno le mancanze dei loro confratelli? Ed invero voi vedrete alcuni uomini, e forse alcuni religiosi, che accostandosi alla porta un povero pezzente a chieder limosina non usano tutta quella carità che si richiede, ma forse alle volte gli faranno degl'urli da apportargli timore, e spavento. Vedrete uomini, ed anche alcuni religiosi, che la lingua hanno sempre imbrattata nella maldicenza, che fanno di tutto per toglier l'onore, la stima ai prossimi loro. Questi tali avranno la carità fraterna? No certamente; perchè la carità tutti accoglie con amore, e piacevolezza; non ha riguardo se poveri siano, o ricchi, se nobili, o plebei, se cenciosi, o ben vestiti: la carità fraterna sempre dice bene del prossimo, si ingegna di ricoprire le di lui mancanze, ed in tutto cerca di essergli utile, e vantaggiosa. Non hanno carità fraterna anche quei religiosi, che trascurati affatto gli studi, passano il tempo loro in ozio, in baje, in vagare qua, e là fuori dei chiostri; perchè come potranno questi tali aiutare i loro prossimi coll'istruirgli nei dommi cattolici, se prima abilitati non siano collo studio?
Il celebre santo dottore Agostino dice, che ogni cristiano amar deve anche gl'infedeli, che per loro sventura lungi sono dalla vera religione, e colle sue preci raccomandarli a Dio. Ora se tenuti siamo ad amare uomini, che fratelli ci sono sol per parte del nostro primo padre Adamo, con più ragione amar dovremo i nostri fratelli cristiani, che rigenerati son da quell'onda salutare, per cui ancor noi fummo lavati, che figli sono di quella madre pietosa, la chiesa, di cui noi pure siam figli. E in special modo dobbiamo amarci noi religiosi, che in religione appunto siamo entrati per avere un cuor solo, un'anima sola in Dio nostro Redentore e Padre.


L' Amore ai nostri fratelli

Per farmi al propostomi assunto, e far toccare con mano, che all'uomo riguardato anche secondo natura è indispensabile l'amore, ed il compatimento verso ili suo fratello: potrei citarvi niuno esservi che basti solo a se stesso, e che trovi in se, e nelle sole sue forze ciò, che li abbisogna per la sua conservazione, per il suo perfezionamento, e per la sua felicità. L'uomo dunque non è fatto per vivere come essere isolato, e senza rapporti scambievoli col resto dell'umana famiglia. Nasce egli debole ed i suoi anche più indispensabili bisogni lo costringono per mille ragioni a dipendere dal soccorso dei suoi simili. Quindi è che la legge sola della necessità, unita a quella del sentimento, e della ragione bastano, se da saggi si meditano, a ravvicinare gl'uomini, unirli per giovarsi a vicenda con affetto di vero fratello.
Fin qui però altro non feci, che tracciarvi i doveri, che secondo natura incombono a quei popoli, che raggio alcuno di lume celeste balenò per rischiarare l'ombre di morte in cui barcollando camminano. Quindi restringendomi a parlar del precetto di amare il vostro fratello in quanto viene applicato a noi, non vi ha dubbio che questo esser deve tanto più grande, ed eccellente, quanto più è santo lo stato, a cui abbiamo consacrato il nostro spirito, il nostro cuore. Noi ci siam prefissi di seguir più dappresso l'immacolato divino Agnello, il Dio della carità, e dell'amore. I fratelli coi quali viviamo hanno troppi titoli, che li danno li diritto su i nostri affetti, qui per natura, sebbene il legame del sangue non sanzioni questa legge di scambievole rapporto, un vincolo più forte, e del tutto sacro, un'unione santa, e di spirito ci deve congiungere in un sol uomo, come l'anima di Gionata, e di Davidde. Vi guardi il cielo, o fratelli, che un'ombra sola non dico di odio, ma neppure di giudizio sinistro trovi ricetto nel vostro cuore, e vi trasporti a pensare men rettamente del vostro fratello. Continuate a camminare degnamente nella vostra vocazione, a cui siete stati chiamati, costituiti in un solo corpo, li cui membri hanno differenti funzioni, e reciprocamente tutti si aiutano. Odiate il male, attaccatevi al bene, prevenitevi gl'uni cogl'altri per via di scambievoli cortesie. Sollevate i vostri fratelli, rallegratevi con quelli, che sono nella gioia, mescolate le vostre lacrime con. quelli che piangono. A nessuno rendete male, per male, non vi faccia peccar la collera, e semai la vostra fragilità salda non regge all'urto di qualche passione, e parole di risentimento pronunzia il vostro labbro contro il proprio fratello, non tramonti il sole che non vi siate riconciliato con lui.


Quali sono i falsi e i veri cristiani

Non mi venite fuori con le fedi del battesimo, che di quelle non ne faccio caso; le fedi che vorrei da voi per credervi cristiani, sono le buone opere. Dunque non confidate tanto nel vostro battesimo, poiché il battesimo solo non basta a formare un cristiano, ma si richiede ancora l'osservanza della legge divina, bisogna ancora seguitar le pedate di Gesù crocifisso, perché il nome di cristiano vien da Cristo, e cristiano vuol dire seguace di Gesù Cristo. Non mi vantate di esser cristiani perchè avete ricevuto il battesimo, poiché vi posso dire anche alcuni giudei si vantavano un giorno alla presenza di Gesù Cristo di discendere da Abramo per linea retta, da quel gran santo patriarca, «semen Abrahae sumus », ma sapete cosa li rispose il divin Redentore? Li disse, che se erano figliuoli di Abramo gli mostrassero le virtuose operazioni di un tanto padre. Non li disse: mica, che gli mostrassero scritti autentici per comprovare che essi erano detta schiatta di Abramo, ma li disse se siete figli di Abramo, fate quello che egli fece, «si filii Abrahae estis, opera Abrahae facite». Così indico a tutti voi, se siete cristiani fatemelo vedere colle opere.
Volete dunque, che io vi creda cristiani? Allontanate dall'anima vostra il peccato, allontanate dalle vostre botteghe, dai traffici, dai negozii, gli inganni, e le frodi... In una parola sola: volete, che io vi creda veri cristiani? State lontani dal male e fate delle opere buone, «diverte a malo, et fac bonum».
Padre, quel che ci avete detto coll'ajuto di Dio procuriamo di farlo, e l'anima ci preme più di quel che voi pensiate... Roba d'altri non abbiamo... Non abbiamo ammazzato nessuno... Ci accostiamo ai Sacramenti, si va alla messa, a sentire la parola di Dio quando voi cel'annunziate dal pulpito e dal sacro saltare, e facciamo meglio che si può, e perciò crediamo di esser cristiani.
Sarà vero tutto ciò che voi dite, ma intanto io interrogo i poveri, e sapete cosa mi dicono di voi? Mi dicono, che siete un avaraccio schiavo dell'interresse e dei quattrini, e dalle vostre mani non esce mai un'elemosina. Io dimando di voi al vostro vicino, ed ei mi risponde, che avete una lingua diabolica, la quale taglia e cuce e accende liti, e fomenta discordie fra famiglie, e famiglie. Io dimando alla vostra moglie chi siate voi, ed ella colle lacrime agl'occhi mi risponde, che era meglio per lei non avervi mai conosciuto perché la strapazzate, la picchiate, la trattate male, e dividete i vostri affetti il vostro amore con altre donne. Io interrogo i vostri figlioli, e dimando di voi, ed essi mi dicono, che li fate mangiare il pane della tribolazione, che li trascurate, che di essi non avete premura né quanto all'anima, né quanto al corpo. Io cerco di voi a tutti quanti vi conoscono, ed essi mi dicono, che se non rubate palesemente, rubate però di nascosto, perchè non pagate i debiti, non date la dovuta mercede agl'operai, usate frodi, tessete inganni, commettete ingiustizie nel vendere, e nel comprare; mi dicono che se non ammazzate colle mani, ammazzate però colla lingua, e col cuore a cagione di quelli odj, di quei risentimenti, di quelle mormorazioni; peggio, coi vostri scandali, col mettere la malizia a chi non l'ha, coll'insegnarli massime storte contrarie alla religione nostra sacrosanta coll'incamminarli per la via, che diritta, conduce all'inferno: mi dicono che se vi accostate ai sacramenti, lo fate per usanza; che se vi portate alla chiesa, vi andate per scandalizzare i vostri fratelli: mi dicono insomma, che vi chiamate cristiani, ma che di cristiani avete il solo nome.



S. Antonio Maria Pucci

La lunga strada

Allora fu come l'inizio di un viaggio. Non ne conoscevo la strada altro che vagamente, come in un sogno. L'avevo intravista soltanto per averne paura, per vederne la difficoltà e forse anche l'assurdo. Ma poi decisi di partire e fu come rischiare tutto, gettarsi là. Fu come partire per la guerra, e si sa tutto meno dove si andrà a morire.
Ero allora consapevole di poche cose e queste erano state afferrate violentemente e vi ero aggrappato quasi con disperazione: Che Dio esisteva. Che la Sua Volontà aveva diritto di pretendere da me tutto, anche ciò che sentivo contro me stesso perchè troppo diverso dalle mie ragioni e dai miei sogni. E stavano vincendo le ore passate in Chiesa, spesso a piangere quando di Amore e quando di ribellione.
Era tempo di guerra allora. E il mondo era affogato nel dolore, nella disperazione, nell'odio, nella morte.
Ma io non ne sapevo quasi nulla. E ora ho vergogna che la mia prima Messa non fosse tutta e soltanto la tragedia del mondo. Ma in qualche modo era sull'altare a diventare il Mistero di Cristo, la ricerca di Dio sofferta e vissuta per anni, perché niente è mai soltanto problema personale, ma l'esistenza di uno è quella di tutti.
Ho saputo dopo che un filo d'erba nasce da tutta la terra e un fiore fiorisce su tutto il mondo. Quella capinera lassù che canta, sul cipresso nero e solenne contro l'azzurro splendido del cielo, l'universo l'ascolta e ne esulta profondamente. Per questo forse tutto avviene nella solitudine e nel silenzio: non occorre che qualcuno sappia o ascolti, c'è chi accoglie, c'è un seno profondo nel quale ogni cosa vive, un cuore che batte ogni palpito, un'anima che respira l'infinito.
In quel giorno, e non lo sapevo, sono entrato in questo Mistero. Si è aperta una porta e ho varcato la soglia forse senza sapere bene che entravo dove tutto e ciò che si vede e si tocca con le mani ma poi infinitamente di più. Da allora avrei dovuto guardare al di là di quello che si vede, cercare fin oltre il possibile dentro le cose e raccogliere con queste mani ogni realtà materiale per raccoglierne tutto il Mistero, tutta la Verità nascosta.
Cominciava veramente e non sarebbe potuto più finire, perchè era chiaro che non poteva ormai trattarsi più di un momento, di un giorno, di un anno, perchè si iniziava l'eternità, cominciava veramente il tempo dell'Amore. Una primavera strana, appassionata, mese di maggio violenza d'infinito.
Ricordo l'impressione strana di quel nuovo camminare per le strade. Mi pareva di non appartenere più a niente. Quasi avevo timore a respirare, come per paura di svegliarmi. Perché guardavo il mondo trasognato, con dolce sorpreso stupore. Cominciavo ad aprire gli occhi come per la prima volta e tutto era dolcemente meraviglioso.
Fu una settimana incredibile. Forse in quei giorni tutto mi fu dato in sintesi, come la prefazione di un libro, come la visione di tutto in un colpo d'occhio soltanto.
Ma poi il libro bisognò sfogliarlo pagina per pagina e parola per parola leggerlo e impararlo a memoria. Perchè le strade si camminano un passo dopo l'altro. E si arriva in cima salendo i gradini uno a uno.
La Verità va guadagnata spendendovi tutto, dando via ogni cosa, giocandovi anche la vita. E l'Amore bisogna che ci mangi tutto quello che abbiamo e anche tutto quello che siamo. Il fuoco brucia la legna fino alla cenere. E la luce vince il buio fino a non lasciare nemmeno la penombra.
No, non posso contare i giorni. Nemmeno gli anni. Perchè ciò che è successo, piano piano e qualche volta anche con incredibile violenza, non appartiene al tempo nel suo passare. Avviene nel tempo, ma spesso in un istante è tutta l'eternità. E in anni qualche volta succede disgraziatamente che non vi sia nemmeno il tempo, da quanto non si fa un passo avanti.
Nemmeno è importante, e forse non sarebbe neppure possibile, ripensare ai fatti e agli avvenimenti. Perchè ciò che è successo è quello che succede continuamente, quello di cui è pieno il mondo, niente vi è mai di nuovo sotto il sole, dice la Scrittura molto saggiamente. Ciò che conta è il Mistero di Grazia unito alle solite cose. E questo è novità assoluta perchè è stato per noi, per maturarci, per renderci veri, per costruirci secondo il Pensiero di Dio.
Mi pare di avere visto e vorrei avere raccolto questo Mistero di Grazia, tutta la Luce di Verità, tutta l'infinità di Amore per me (e attraverso me per la Gloria di Dio e la salvezza del mondo) in ogni uomo e donna entrati nella mia vita, in tutti i corpi e le anime che mi si sono scoperte in tutto il loro Mistero. Nella terra sulla quale ho aperto gli occhi ogni giorno. Nelle nottate di stelle che ho visto dalle montagne. Nella distesa paurosa e sconfinata del mare. Nei fili d'erba e nei fiori. In tutta, assolutamente in tutta la creazione fino a sentirla nell'anima come universo. E poi nella storia. Da quando la vita è nata e poi si è svolta fino al nascere del pensiero, della volontà, della libertà e poi di tutto lo svolgersi della terribile e sgomentante eppure meravigliosa avventura umana.
E' stato bello (o Dio, è veramente bellissimo) vivere unicamente per ascoltare il silenzio del mondo, vedere l'invisibile, raccogliere soltanto con l'anima, essere sensibili dell'infinito e essere a contatto soltanto con Dio perchè è dato di credere e di essere felici che Lui è tutto, l'assoluto, l'Unico.
Allora il Suo esistere è dentro ogni cosa. Tutto è contenente di Lui. Tutto è apparenza di Lui. Non è stato possibile che niente me Lo velasse e nascondesse e tanto meno me ne deviasse. Lo devo confessare: è successo unicamente perchè la Sua Presenza nascosta ha forzato sempre le apparenze, le ha spezzate e frantumate pur lasciandole intatte, rivelandosi. E' uscito sempre dall'ombra e si è fatto avanti in piena luce fina al punto che non è stato possibile non vederlo, nemmeno a voltarsi dall'altra parte. E' sopraffazione onnipotente, è violenza inaudita.
Il mondo soffre per la fatica spaventosa di contenere Dio e di nasconderne la presenza e di velarne il Volto. La creazione e gli uomini e la loro vicenda sono argini che tentano di contenere una fiumana prepotente che vorrebbe straripare continuamente. Ma è duro e quasi impossibile.
Forse a poco a poco ho imparato ad arrendermi. A riconoscere e accettare che Lui è più forte. A essere felice che il Suo Amore sia irresistibile. A essere convinto soltanto dalla Sua Verità.
Ci sono voluti anni per decidere a non fare più la fatica di tenerLo ai margini, Dio. Poi per farLo entrare da padrone, da vincitore assoluto. Poi per consentirGli di sopraffare ogni cosa, facendo sì che tutto fosse Lui solo.
La strada è lunga, ma non ha importanza, perchè ogni giorno e forse ogni momento la camminiamo tutta: o almeno ogni tanto, fino al punto che capita di accorgerci che si potrebbe anche morire ormai, ciò che conta è non cercare di sapere dove si deve andare. Perchè è nel Mistero di Dio che si va, è logico e giusto che soltanto Lui sappia.
In quel giorno in cui ho varcato la soglia, ero solo e non sapevo niente di niente e di nessuno. Nemmeno che l'umanità stava annegando in un mare di disperazione e di morte.
Ma poi a poco per volta ho raccolto tutto quello'che ho trovato per strada. Per mano o invitando e chiamando. Fra le braccia, sulle spalle, aggrappati a me in ogni modo. Poi ho aperto il cuore e ho visto che poteva contenere così tanto e poi l'anima e mi è sembrata senza limiti. E poi la Fede e poteva portare chiunque e essere luce accesa per qualunque notte. E poi l'Amore si è offerto dicendosi pronto e allora la folla è stata enorme, immensa, sterminata: spesso mi pare che sia l'umanità. E poi tutta la terra l'Amore ha fatta sua e l'universo. Ma non sperdendosi perchè troppo diffuso. E' tutto in un punto, può essere dato tutto ad un corpo e a un'anima, a te per esempio, e rimane e anzi proprio allora diventa e è di tutti e di tutto.
Cammino adesso e vado avanti, ma non sono davvero solo. Porto con me, perchè è me stesso ormai, tutto il Mistero del mondo. Il peso, è vero, è molto pesante e la stanchezza è dura fino a schiacciare, ma non ha importanza perchè è vero che il mondo sulle spalle possono portarlo soltanto quelli che sono così tanto nulla da non poter nemmeno pensare a se stessi.
Spesso mi sto domandando cosa stia succedendo e perchè le cose siamo andate così e cosa voglia dire questo e quest'altro. Ma forse è perchè dopo vent'anni da quel giorno sto cominciando ad essere prete.

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