LA VOCE DEI POVERI: La VdP giugno 1962

Egoismo d'amore

Siamo egoisti in tante cose e spesso fino al punto da non essere altro che egoismo.
Egoismo di quello a tutta prova. A blocco di granito, senza la minima incrinatura. Ragionato e stagionato, ormai fatto noi stessi a ragion veduta e per scelta perfettamente consapevole.
Lo sentiamo e lo viviamo come il modo di vita normale, logico, giusto. E' assurdo pensare che si possa essere altrimenti. Roba da pazzi o da poeti o da santi, sognare di costruire una vita non sul cemento armato di un sano e robusto egoismo.
Il nostro mondo è un trattato di filosofia in cui l'assioma fondamentale, il caposaldo razionale e il criterio di tutta la costruzione logica è l'egoismo.
Ne nasce una morale in cui il bene e il male è stabilito dal medesimo dio: e ogni individuo è principio e fine di tutte le cose.
Se ne conclude che la vita non è che un arraffamene spietato, uno sforzo pazzesco di convergenza, una violentazione di tutto per l'adorazione e la contemplazione del proprio egoismo. Ne dovrebbe venire una beatitudine: sembra invece che aumenti sempre più l'angoscia, lo sconforto, la delusione.
Ma nonostante tutto - comprese le lacrime e il sangue- non ci si stanca mai di essere degli egoisti e di fare dell'egoismo. E' una malattia che ci piace, anche se sappiamo che ci uccide a poco a poco come un cancro nelle viscere.
Egoismo di terra, di pezzi di terra. Di case. Di roba. Il tutto coperto e messo in pace dal diritto di proprietà. Quindi egoismo giustificato. E giustificato nientemeno che dalla Religione, sostenuto e difeso dalla Chiesa, come comunemente si pensa.
Coscienza a posto, allora, nei palazzi e nelle ville, anche se per un numero incredibile di famiglie la disperazione più grossa è quella dell'affitto.
Egoismo di guadagni e di conti in banca. Di sicurezza assoluta per sovrabbondanza. A costo di tutto. E senza angosce di coscienza, perchè le ragioni economiche, le complicazioni imprenditoriali giustificano tutto. Rendono logica e necessaria, perchè inevitabile, la fame di chi non mangia abbastanza e l'insicurezza di chi può sperare soltanto sulle braccia.
Egoismo di quattrini. Fame e sete di denaro. Orgoglio di chi può avere tutto perchè tutto può comprare. Spudoratezza di chi si sente «giusto» perchè paga, dopo che ha pagato. L'egoismo spaventoso che riduce ogni rapporto umano al pagare. La morale a pagamento.
L'egoismo più lurido perchè risolve ogni dovere con quattro soldi (o a milioni, che è lo stesso).
A volte pensa perfino di comprare il Paradiso perchè sa di poter comprare la giustizia, l'onestà, la commenda, il sudore di un operaio, il corpo di una donna...
Gente che vede il mondo, gli uomini, le cose, i valori umani come la merce in una vetrina con sopra i cartellini indicanti il prezzo. E sembra che vivano desiderando soltanto la suprema felicità di non rimanere spaventati da nessun prezzo.
Non sono egoismi di poca gente, fratello, e quindi egoismi di cui possiamo non preoccuparci. Creano un clima. Fanno mentalità, ormai. Sono peste bubbonica e il contagio è già spaventoso.
E' già entrato in casa nostra. Forse, a ben pensarci, ne portiamo i segni.
Perchè certa lividura d'anima è egoismo di quello vero. La grettezza, la tirchieria, l'angoscia del non avere tutto è egoismo. L'invidia degli altri, la malevolenza, la scontentezza del non riuscire è egoismo.
E se non d'altro, tutti sicuramente siamo egoisti di Amore.
Tutti commettiamo questo peccato di spilorceria di Amore. Egoismo di cuore chiuso a cassaforte. Di diffidenza. Di distacco. Di separazione, di lontananza.
Non si crea un clima di Amore, di generosità, di apertura, di comprensione, di accoglienza, di amicizia. Perchè l'Amore (almeno l'Amore) dovrebbe essere una ricchezza comune, una ricchezza di cui tutti possano godere, come dell'aria che si respira, come dell'acqua di una fontana.
Tutti abbiamo il dovere di arricchire questa ricchezza comune. Il dovere di dare, di offrire, di portare aria buona. Il cristianesimo direbbe: il dovere di aumentare, di moltiplicare nel mondo la Grazia, la bontà, la santità.
Se abbiamo un minimo di coscienza e di sensibilità umana, dobbiamo avere paura di andare soltanto a cercare e a prendere l'Amore. E sarebbe l'ora di vergognarci a inquietarci perchè non ne troviamo o non ne troviamo abbastanza, mentre noi nemmeno una goccia ne abbiamo portato, nemmeno un soffio, mai, ne abbiamo offerto.
E l'egoismo arriva fino come a voler bere tutto l'oceano. Non gli dispiace fare terra bruciata e lasciare deserto e desolazione. Gli basta soltanto di saziarsi, e spesso è sangue e lacrime che beve, unicamente preoccupato della propria sete.
Povera gente condannata a dare anche la goccia della propria acqua, accucciata come cane bastonato, con le labbra e gli occhi riarsi, in ansia di una stilla d'acqua sulla punta di un dito intinto in un po' di Amore.
Non è così?
Ognuno si arraffa un po' di Amore come un pezzo di terra. E ne fa una proprietà privata. Qualcosa che ha valore in quanto rende, per uno spietato rapporto di sfruttamento. E in esclusiva. Quindi, muro di cinta e filo spinato.
Il mondo è pieno di cuori e di anime e di corpi in «riserva», dove solo l'egoismo può entrate e uscire e farla da padrone. E' una tristezza spaventosa questo rinchiudere e farsi rinchiudere per interessi privati e basta. Questo servire solo all'egoismo. Questo accettare di appartenere in esclusiva. E fare del mondo e dell'universo della propria esistenza umana e cristiana uno sgabello alle zampe dell'orso.
Chi cerca un po' di Amore non deve avere l'impressione di rubarlo a qualcuno o di cercare qualcosa a cui non ha diritto, qualcosa di proibito. Non dovrebbe esistere l'angoscia di chi si sente escluso, ormai tagliato fuori, negato anche soltanto alla speranza di un po' d'affetto. Perchè forse questa angoscia è più che la disperazione di chi è condannato a morire di fame.
Amore sotto vetro come i dolci nelle vetrine dei negozi. Amore in pelliccia, in automobile. Amore di scelte accurate. Amore a privilegio. Amore se benedetto. Amore dopo aver tutto prudentemente calcolato. Amore quando interessa e se ne ha voglia. E quando forse si è sicuri che non costa nulla e non si rischia sacrificio di sorta. Quando comporta qualche vantaggio e meglio ancora se è a tutto vantaggio.
Non c'è Amore per le strade, fra la gente, formicolaio umano. Non vi sono cuori aperti e mancano i pazzi che vadano d'attorno col cuore in mano. Amore scoperto, tutto donato. E inesauribile.
Bisognerebbe donarlo così l'Amore, come l'acqua di un ruscello che scorre anche quando nessuno la raccoglie, scorre sempre per poter essere sempre offerta all'assetato e perchè non sa dove e a quale terra deve arrivare, quale deserto è destinata a irrigare.
Bisognerebbe donarlo come una nuvola spinta dal vento a piovere chissà dove. Come la luce che splende a tutto illuminare.
Bisognerebbe amare come dovrebbero amare «i figli del Padre nostro che sta nei cieli, che fa sorgere il suo sole sopra i cattivi e i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt. 5,45).


La Redazione

Tempo di Pentecoste

Mi sono ritrovato a immaginare la venuta dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste come l'inizio di un qualcosa d'infinito che trabocca e inonda e dilaga. Nulla lo ferma o l'arresta e penetra dovunque, si distende a perdita d'occhio, tutto colmando di se.
Questa povera terra finalmente è stata occupata dal Suo Dio. Il fuoco è entrato nella foresta dell'umanità e l'incendio non potrà mai più essere domato e spento. Passa di albero in albero e il vento lo accende e la tempesta ne fa una violenza di fiamme e tutta l'acqua dei fiumi e degli oceani pare che sempre più lo faccia divampare.
Ormai lo Spirito Santo è venuto a scuotere dalle radici l'esistenza, turba e agita il vivere di ognuno e di tutti, spinge e costringe a ricerche senza sosta. Spesso è buio e tenebra, ma poi è luce abbagliante. Sembra che lasci in pace, ma poco dopo e turbine vorticoso e gli uomini sembrano foglie d'autunno disperse al vento.
Sta alla porta e bussa. Chiama a gran voce. E si offre come motivo di tutto, come unica possibilità. Lui o il nulla.
E in fondo, il cuore non cerca che Lui e ogni ansia è ansia di Lui. L'anima si apre, ma è sempre poco. Il desiderio non è mai abbastanza e la sofferenza aumenta perchè tutto è bruciato dal Suo Fuoco,
E' più che l'aria che si respira, più del sangue nelle vene e più assai di dove si posano i piedi.
Si voglia o no, e anche a non saperlo, è la ragion d'essere, unico motivo d'esistenza, principio e fine di tutto. Così tanto, fino al punto, che tu sei per farmi pensare a Lui, perchè lo desideri e lo cerchi e ne abbia bisogno estremo, vitale, essenziale. Così io sono per te. Occasioni siamo perchè Lui possa essere tutto fra noi e per noi. Perchè sia suscitato un problema d'infinito che Lui solo poi possa unicamente risolvere. Perchè questo è il destino dell'Amore fra gli uomini. E anche dei nostri limiti, anche del dolore e forse anche dei nostri peccati.
Occupa tutto, ormai, e sembra così tanto tutto, che niente è più in se stesso ma tutto, al massimo, ne è un'apparenza o un velo: ma la trasparenza è troppo chiara e la Sua Presenza troppo scoperta.
Forse non è più possibile nemmeno distrarsi, guardare da un'altra parte, cercare di non vederLo, Ora capisco perchè Dio è Amore, è perchè così non possa non esserGli concesso di perseguitare fino all'impossibile e di colmare e di sopraffare. L'Amore dà diritto a tutto perchè vuol tutto donarsi.
Stasera avevo paura nel rendermi conto, nell'avvertire in modo tanto concreto questa realtà di Dio come unica realtà. Mi sembrava di trovare tutto occupato da Lui. Tutto lo spazio, tutto il tempo. Sentivo lo Spirito Santo come invasione, sopraffazione, da non lasciare nulla dove Lui non sia. Di qui la paura che, in fondo, null'altro esista, lo smarrimento di non potersi più a nulla aggrappare. Perchè vivere è diretto, immediato, e soltanto, rapporto con Lui. Io e Lui e io legato essenzialmente a Lui e quindi Lui solo. Dio.
L'onnipotenza unificante dell'Amore Spirito Santo per l'unità di Dio nella Sua Vita intima. L'Amore per l'espansione della Bontà di Dio attraverso la creazione. L'Amore Spirito Santo nel Seno verginale di Maria - e attraverso Lei nel seno dell'umanità intera - perchè il Figlio di Dio sia anche e in eterno il Figlio dell'uomo. E poi l'amore a torrente, a fiumana, a incendio, in violenza diretta, in presenza immediata, in azione infinita a tutto inondare, sopraffate, travolgere... Per riordinare, ricomporre, ricondurre, riportare, incessantemente e con dolce, infinita fatica d'Amore, al primo principio, all'origine di tutto, in perfetta unificazione a ciò che è Tutto perchè l'Unità sia compiuta dove anche i Tre sono Uno.
Perchè così è l'Amore Spirito Santo,
Questo povero giorno di Pentecoste, Un gruppetto di pover'uomini mezzi disorientati e qualche donna. Si accende all'improvviso come un fuoco e ne partono lingue ad appiccare un incendio misterioso nel sangue e nell'anima di quegli uomini e di quelle donne.
E' all'improvviso. A tempesta violenta. Come a esplosione e quasi a terremoto.
Accorre una folla, raccolta quasi da ogni angolo della terra e tutti intendono e capiscono le parole dell'unico Amore. Perchè il linguaggio dell'Amore è unico e sempre lo stesso, come unico e sempre lo stesso è il cuore degli uomini.
Un fatto da nulla, sembra, ma è assai più di quando si accese il sole per la prima volta a illuminare il mondo. Si accese e non si è spento più. Così è dello Spirito Santo: da quel giorno splende in luce e calore di vita e non tramonta mai. Fascia la terra tutta, arriva ad ogni uomo in ogni angolo. Offre il suo raggio a tutti. Dona a tutti la sua fiamma. Illumina e dissipa ogni buio. Riscalda a tepore dolce e a fiamma di incendio. E' vita vivente.
Dalla terra, allora, nasce la bontà. Cresce e fiorisce il bene e fruttifica anche il cento per uno.
La verità ora è scoperta e distesa nella sua serena e semplice logica. E con gioia si allarga nelle visioni della Fede. Di qui cresce la Speranza in dolce e forte coraggio perchè la via da seguire è chiara e si sa dove conduce e a chi ha voglia di camminare non mancherà la forza necessaria a sostenere la stanchezza dei piedi e del cuore.
Da allora la libertà è possibile per tutti, perché «dove è lo spirito del Signore lì è libertà». Libertà dal timore di noi e degli altri per liberazione da tutte le importanze artificiose, egoistiche. E' libera la visione delle cose e il rapporto con esse, perchè i valori non sono di più del loro esatto valore. Lo Spirito Santo è criterio infallibile di giudizio e apprezzamento perfetto.
E da questa libertà per opera dello Spirito Santo nasce (è dalla onnipotenza fecondante dello Spirito nell'intimità verginale di ognuno di noi, e verginità qui è libertà perfetta, immacolata) nasce l'Amore. L'Amore per il quale è la nostra carne, la nostra anima, il nostro destino.
Spesso sarà come ombra in noi l'Amore. Ombra di quello vero. Appena un riflesso, un richiamo, un inizio. Un tentativo. E può essere tanto sbagliato. Ma è perchè non è Spirito Santo. E nemmeno è sulla sua strada.
Allora è Amore impazzito perchè è soltanto egoismo. Amore di sé, senza rapporto, senza comunione, senza dono. Nasce e muore. Non può che lasciare un vuoto. Terra deserta e bruciata dove tutto è mangiato fino a un filo d'erba.
Nasce il sole al mattino. L'ho visto in alta montagna schiarirsi l'orizzonte e accendersi a poco a poco. Era come un rovesciarsi di luce dall'orlo luminoso del crinale delle montagne. E le vallate, enormi conche d'ombra, lasciavano andare il buio, liberandosene a poco a poco per aperta accoglienza, sempre più, della luce. E dopo era un mare di luce.
Ora, sulla spiaggia dalla sabbia accesa di sole. Scoperti e distesi, immersi, abbandonati e vinti dentro l'immensa luce e fiamma di fuoco e di sole.
Bisogna spalancare la finestra ogni mattina. Camminare nel giorno chiaro senza occhiali neri e specialmente non chiudere gli occhi. Spogliarsi bisogna di tutti gli stracci, anche se di porpora e bisso. Pezzo a pezzo, via l'armatura di ferro. Giù il ponte levatoio. E una mina mettiamo sotto la pietra angolare del castello.
La difesa più adatta ormai è fatta di libertà. E dovrebbe essere venuto il tempo in cui chi vince è soltanto l'Amore.
Ormai il dovere è uno solo: credere all'Amore, perchè lo Spirito Santo è venuto da tempo, è qui, nel mio, nel tuo cuore, nel destino di tutti, ha colmato tutta la terra, è marea che sale, è incendio che tutto vorrebbe bruciare, perchè finalmente a siano nuovi cieli e nuova terra».


don Sirio

O Spirito Santo

Ti prego perché abbiamo bisogno di Te.
Ti conosco poco però.
So che sei lo Spirito di Verità.
L'Amore. - ma non ti conosco.
Ho bisogno di Te perché voglio andare avanti.
So che sei Forza, Vita e io sono tanto niente.
Ma vorrei avere soltanto della Tua Fortezza.
So che sei Luce, chiarezza e io sono chiusa e non so capire.
Tu puoi aiutarmi. Credo che Tu puoi.
Ho bisogno di tanto coraggio, di tanto Amore, di tanta Luce. La Verità.
Credo che Tu puoi aiutarci. Ne abbiamo tanto bisogno.
Tu il promesso dal Padre sei. Vieni. Vogliamo andare avanti. Se vieni ce la faremo.
Credo che lo puoi. Non vogliamo fermarci.
Abbiamo creduto in Gesù, Figlio di Dio. Vogliamo andare avanti.
Ti conosco poco, ma credo nelle Sue promesse e so che se vieni - e te lo chiediamo per tutti - arriveremo fino in fondo.


e. c.

Una briciola d'amore

Stava tutta rincantucciata in quello scompartimento di treno di malati e pareva un animaletto pronto a raggomitolarsi ancora di più in un assurdo tentativo di difesa.
Era molto piccina, con i capelli grigi, un corpicciolo contorto dall'artrite e due occhi tondi: li girava di qua e di là e taceva, taceva sempre.
Io ero entrata e parlavo con una malata. Guardavo la donnina, ogni tanto, e provavo un certo senso di disagio perché la sentivo chiusa in quel suo silenzio, come se questo fosse per lei l'unico mezzo che aveva per difendersi. O forse era solo perché non aveva nessuno con cui parlare e si era abituata a tacere sempre, chissà... Pensavo a queste cose, guardandola.
Improvvisamente la vidi scendere dalla sua cuccetta e uscire appoggiandosi qua e là.
Era penoso vederla muoversi con tanta fatica e doveva anche soffrire, ma sembrava, guardandola, che la sua unica preoccupazione fosse quella di passare inosservata.
E ancora a fatica e silenziosamente, la vidi riapparire e rimettersi al suo posto.
Aveva il volto teso e con la mano si accarezzava pian piano una gamba. Doveva farle molto male.
La guardai e anche lei mi guardò. Disse : "Ho l'artrite", come se quella parola riassumesse tutto, tutto.
Mi misi a massaggiare pian piano la gamba e allora accadde una cosa strana: due grosse lacrime cominciarono a scenderle lentamente giù per il volto.
Non avevo mai visto piangere in quella maniera. Un volto immobile, fermo, solo un po' smarrito e quelle lacrime inverosimili, assurde, così in contrasto con quella immobilità... Non c'era disperazione sul volto, lo vedevo bene. C'era solo la rassegnazione di chi non ha che il dolore in cui sperare... Ed erano terribili quelle lacrime, proprio per questo.
Ma poi, tante altre lacrime e dopo in serena libertà.
Vidi il volto perdere la sua immobilità, gli occhi animarsi, le labbra muoversi a sussurrare, finalmente, compressa nel cuore da un'eternità, una storia di sofferenza, di solitudine, di disperazione.
Ho ringraziato Dio di avermi dato di esistere.


s. f.

14.000 lire

Un di quegli operai, vecchio stampo, che quando il padrone comanda levano il trotto e fanno tutto di corsa. Zitto e obbediente, ossequioso fino al Signor Sì. Gente che fa il lavoro per dieci. Mai stanco. Forse non sa nemmeno cosa sono le ferie e poco anche cos'è la domenica, la dolce domenica del dormire fino alle dieci.
Casa e lavoro, lavoro e casa. Assolutamente null'altro. Una fortuna per il padrone. Un pozzo di energie e un fiume di generosità.
Capisco perché i padroni ce l'abbiano col sindacalismo, i partiti di sinistra, gli scioperi. Svegliano questi operai del buon tempo antico, dagli occhi umili e dimessi, dal cuore perennemente in pena per paura di un cicchetto del padrone. E impediscono che ne nascano ancora a fare le loro fortune.
Forse vorrebbero che non sapessero che anche loro sono uomini. Che i loro occhi valgono come gli occhi di tutti e così le braccia, così il valore della persona umana, e che anch'essi hanno dei diritti. I semplici diritti di difesa dei loro interessi, di affermazione della loro dignità.
Ha perduto un occhio, dell'altro gli sono rimasti tre gradi di vista. Un braccio è gravemente anchilosato da non poterlo alzare oltre un certo punto. E' carico di reumatismi e piegato in avanti come un tronco ingobbito. E con tutto quel rumore del cantiere in anni e anni di lavoro è quasi sordo, sì che c'è da urlare per dirgli una parola.
Quarantanni circa di lavoro. E' riuscito a farsi anticipare la pensione per invalidità: due anni prima che arrivasse quella della vecchiaia.
Le visite mediche. Certificati. Documenti. Controlli. La trepidazione dell'attesa. E i piani in famiglia. Arriva la pensione: faremo questo e quest'altro. Farò questo lavoretto in casa, tanto per passare il tempo, perchè finalmente è arrivato il riposo. E quasi si affaccia un certo timore, quello del non far nulla, la paura del non aver nulla da fare, la preoccupazione di come passare il tempo.
Eccola la pensione. Una busta, e forse l'aprono come l'uovo di pasqua, trepidando per la sorpresa.
Quattordicimila lire al mese. Un occhio e mezzo. Un braccio anchilosato. La spina dorsale ricurva. Dolori reumatici a non finire. Sordità da tamburi. Quasi quarantanni di lavoro da mulo legato alla macina.
Per anni gli hanno rubato i giorni e le forze. Gli hanno spento un occhio e quasi quell'altro. Gli hanno logorato la salute, a poco a poco, dagli anni più belli fino quasi alla vecchiaia, e gli hanno mangiato anche le marchette, ora gli mangiano il riposo e la pace sognata da tutta la vita.
L'ho incontrato l'altro giorno ancora più curvo e stanco, con quel povero sguardo lontano. E' chiaro che deve ancora continuare a lavorare, a levare il trotto, a scodinzolare la coda: forse dovrà continuare finché non gli si spengerà del tutto anche l'altro occhio? Non ho potuto dirgli nulla, ammesso che qualcosa sia possibile dire davanti all'assurdo, perché eravamo in mezzo alla strada, nel traffico del porto e non potevo gridare stupide parole di pazienza e di coraggio.
Mi sono però salite le lacrime agli occhi e lui ha alzato quelle manone grosse come palette, come per dire: è così.

Tornandomene a casa, non ho potuto non girare gli occhi e non guardare il cantiere dove i milioni sono aumentati di anno in anno fino a poterli spendere in cose pazze.


un amico

Poesia dei giorni

28 aprile - Oggi si è sposata Maria Grazia alla "bella villanella", la Chiesa di San Miniato al Monte.
Per raggiungerla da casa mia ho sceso e risalito le colline sotto il verde stupito di questa improvvisa primavera, lungo la corsa non riuscivo a sottrarmi al motivo di un dolcissimo canto francese "car la vie des larmes est une vie d'amour". Amore e lagrime in un'unica strada!
Mi sono messa in fondo alla Chiesa; sopra l'altare lucente, il sole illuminava la vetrata della finestra antica. San Francesco e il Cherubino in rossi di fuoco, il cielo d'un azzurro intenso, l'acqua d'un celeste puro e il verde tutto uno splendore; lassù in quei colori fissati dalla luce ho scoperto ad un tratto il paese di quella beatitudine dove la via delle lagrime si fa via d'amore, dove l'amore è felicità oltre le lagrime e dove le lagrime sublimano l'amore.
Ho affidato la sposa alla luce di quella perfetta letizia e sono uscita piano piano di Chiesa.
29 aprile - Sono arrivata un po' in anticipo alla conferenza. Il Chiostro Grande era silenzioso nel buio. Sopra l'articolazione ondosa degli archi mi è apparso all'improvviso il campanile a vela, alto sul tamburo della cupola. Navigava nel cielo lasciando dietro di sé le stelle, sospinte da una forza misteriosa, che saliva dalle arcate e dalle celle.
1 maggio - Le foglie quest'anno hanno riempito i rami tutto all'improvviso e ora le scopriamo con stupore, come se fossero sbocciate nella notte.
Con esse la terra ha ripreso quel suo parlare incessante alle nuvole, all'aria, al vento: persuaso da quel lungo parlare il cielo si fa domestico alla terra.
18 maggio - Sono tornata nel Veneto, la terra di tanti ricordi infantili.
Bloy vede la storia come un'unica tela in cui si ripete, in infinite variazioni, un unico Evento. Anche la geografia della terra è l'immagine di un unico Volto, di cui variano solo le espressioni. Qui nel Veneto il Volto di Dio è colmo di bontà, la bontà verde dei lunghi prati, odorosi di fieno, la bontà delle case tinte di rosa, dei pozzi nel cortile e dei balconi gentili. La bontà delle Chiese dall'ogiva appena gotica, con le vetrate festose, la bontà del linguaggio che canta lentamente e dolcemente.
2 giugno - Sta venendo l'estate con i suoi profumi e la sua apertura di cuore. Si vive più a lungo d'estate, la luce ci accompagna per tante ore e Dio cammina sulla terra senza mistero. Ieri, attraversando l'Appennino, mi è parso di vedere scoperto il Suo Cuore.
L'Ascensione - Dove è il cielo, in cui è salito il Signore? Il cielo è dentro il nostro cuore.
Mi sono ricordata di quando ero piccola e la sera stavo felice a letto ad aspettare il sonno perché pensavo che subito sopra il soffitto ci fosse il cielo con gli angeli e il paradiso; e il soffitto era tanto basso!
Via via che si cresce il cielo si allontana e si fa straniero, dimentichiamo le dimensioni dell'anima, questo paese interiore dall'orizzonte sconfinato che si fa cielo appena Dio ci guarda.



Grazia Maggi

I ricchi e i preti

A volte capitano sofferenze capaci di disorientare. Smarriscono, lasciano senza fiato. E' come trovarsi all'improvviso in alto mare, soli a gridare al vento.
Non è stato per le parolacce che mi sono state dette, per la mancanza di educazione e di riguardo da parte di chi dovrebbe essere almeno educato e rispettoso. E nemmeno per i risultati a rovescio ottenuti. Il discorso del grano e della zizzania è vecchio e non può non essere sempre presente quando andiamo a lavorare nel campo. Non è stata sofferenza per un dialogo che sempre più si sta chiudendo: c'è sempre stata poca speranza di poter fare un discorso chiaro e di poter capirci e comprenderci. Certi ponti si stanno rompendo sempre più e forse, da noi stessi, è bene metterci sotto la dinamite.
La sofferenza è un'altra e è molto profonda, da stringere il cuore.
Se le cose stanno così, cosa si deve fare?
C'è una Verità che urge dentro e spinge e costringe a testimoniarla, da non saper più come fare a contenerla. Spesso diventa una vera e propria violenza nell'anima. Anche perché non è Verità a tipo intellettuale per la gioia dell'intelligenza, non suscita un problema personale che nasce e finisce nel segreto del cuore e della propria coscienza. E' verità che suscita Amore. Amore non di se stessi, ma degli altri, di tutti, del bene di tutti.
Bisognerebbe conoscere Dio e aver aperto il cuore senza misura all'umanità intera per sapere cos'è e cosa vuol dire quest'Amore. Solo allora potrebbe essere capita la sofferenza che provoca nel più profondo dell'anima.
Verrebbe da camminare per tutto il mondo. La voglia di portare acqua a ogni deserto. Abbracciare ogni essere umano. Aprirsi le vene e dare tutto il sangue. E poi volare nel cielo azzurro e andare ancora più in alto, lassù, di dove quest'Amore è sicuramente sceso, per perdersi nel suo infinito.
E invece non si sa cosa fare.
Per dire una Parola, si capisce bene che bisognerebbe che fosse prima interamente scontata e pagata. E non sempre si è onestamente sinceri.
A un certo punto si scopre il dovere di dire. Allora si parla o si scrive o si fa qualcosa che sia apertamente questa Parola.
E' doloroso allora quello che succede. Quella Parola non qualifica per quello che si è e si vuole essere: testimonianza cioè della Verità e premura d'Amore. Non fa essere giudicati cristiani, come sarebbe giusto. Che poi questo cristianesimo sia accolto o respinto, è un altro discorso. No, ma subito, l'effetto immediato è che uno venga sistemato come «di destra o di sinistra».
Secondo quali parole dici della Verità, del Vangelo, secondo su quali temi imposti la tua vita, ti mettono un'etichetta in fronte con su scritto: "di destra, di sinistra o di centro" (nel caso che tu dia ragione a tutti o che tutto ti vada bene come per gli scemi).
E poi a mettersi a parlare di rapporti cristiani fra ricchi e poveri, padroni e servi, imprenditori e operai, c'è da sentirsi dire che prima di parlare bisognerebbe essere competenti in problemi economici, essere dentro le complicazioni della concorrenza, conoscere bene il razionale impiego del capitale, i movimenti finanziari nazionali e internazionali ecc. Roba da matti. Sarebbe come dire che quando deve piovere, bisogna prima sentire il parere di chi di dovere e specialmente di alcuni, se li scomoda o no, se hanno preso l'impermeabile e le scarpe da pioggia.
Diversamente sono parolacce, rottura di ponti, raffreddarsi di rapporti: segno chiaro che, nel caso, non ci sono speranze, si è classificati inevitabilmente di sinistra o al massimo di centro sinistra, classificazione ormai anche questa capace di giustificare giudizi severi, messa al bando, gente pericolosa, incosciente, stracarica di spaventose responsabilità e via dicendo.
Verrebbe la voglia allora di romperla del tutto e scendere in piazza accanto alla povera gente a far causa comune: anche perché la forza di cercare di salvare l'amicizia o almeno la simpatia di "quegli altri", si è perduta la stima, la fiducia, l'Amore dei poveri, dei deboli, della gente che lavora e vive di pane e di speranza.
Ma è un gran sogno, e ancora c'è tempo e molto cammino da fare. Bisogna che ci stanchino e ci deludano ancora di più, forse. E bisogna che l'Amore a certa Verità cresca in noi e ci travolga nella sua violenza, perché la nostra rivoluzione non potrà che essere una rivoluzione fatta dall'Amore.
Nel frattempo è necessario che la sofferenza non stanchi e la fatica non schiacci. Nonostante tutto, la libertà anche della Parola di Dio e della Verità del Vangelo va conquistata e va quindi duramente pagata.
Occorre anche il coraggio di respingere "le offerte" e non tanto quelle fatte di spiccioli della vedova, ma le manciate d'oro dei ricchi Farisei anche se servono per costruire le chiese e mantenere le attività cattoliche. Perché la Verità, l'Amore e il Vangelo e la giustizia sono una cosa e le ricchezze sono completamente un'altra. Quest'ultime, con tutto il rispetto fraterno dovuto, non faranno mai Vangelo e Cristianesimo. Sarebbe bene questa verità suonarla con le campane di ogni campanile.
Lo so che sono discorsi grossi questi, ma quando il problema prende alla gola e leva il respiro, si cerca una boccata d'aria buona per rifarsi. E quando la realtà è troppo dura e spietata e dolorosa, è pur giusto sollevarci almeno sognando.
O meglio ancora sarebbe - ma a volte anche questo è duro, fratelli - starsene accucciati, come cani devoti in silenzio ai piedi del padrone, davanti al Tabernacolo, cogli occhi, anche se mezzo stanchi e pesanti, levati ad attendere un cenno di Lui, di Dio.
Perché è vero che bisogna attendere insieme a Lui, ma attendere però sempre pronti a tutta la Sua Volontà, aperti a tutta la Sua Verità, capaci di tutto il Suo Amore.
Forse è la cosa più importante da fare, anche perché è soltanto così che la sofferenza non diventa un dramma e non riesce a spegnere l'Amore.


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Questo mondo cane

E' diffuso e si sta diffondendo sempre più fra i giovani un clima di crisi. Andare in crisi, trovarsi in crisi è quasi fatto normale. E' di moda come i pantaloni stretti.
Non penso affatto che questo fenomeno, così particolare ai nostri tempi, sia dovuto a una maggiore superficialità, ad una più vasta sfasatura propria del nostro tempo. E' cresciuta la visione materiale della vita, quindi l'amoralità di mentalità e di costume dilaga, sommerge e spazza via valori e importanze, lasciando desolazione e morte, cioè vuoto, senso d'inutilità, stanchezza di tutto.
Il fiume ha rotto gli argini, ha dilagato impetuoso e dove erano campi coltivati ora vi è un metro di fango e di rottami. Tanto lavoro per dissodare, piantare e coltivare e poi un giorno è scoppiato l'incendio e ora tutto è cenere e tizzoni neri, fumiganti.
Il contadino si fa sull'uscio di casa, guarda con la morte nel cuore per una crisi infinita di desolazione. Pensa che è meglio abbandonare la terra e andare a lavorare in città. Sarà quel che sarà, ma almeno sul pezzo di pane non ci piove.
E' strano - e realmente mi impressiona - il fatto che quasi sempre questo andare in crisi voglia dire rassegnarsi ad una situazione. La crisi non è più un momento particolare di passaggio, ma diventa una stasi, una condizione di vita, un modo normale di esistenza. Il problema che diventa di per se stesso soluzione.
Ormai la crisi è stato permanente, è realtà acquisita e scontata, è a ragion veduta e quindi è una scelta. Diventa e è fine a se stessa.
La malattia pensata come stato di salute. La tempesta come cielo sereno. E essere in crisi, come condizione normale per essere sinceramente vivi.
E' come uno che viene colto da un acquazzone improvviso e si rifugia sotto un terrazzo, se è in una strada di città, o dentro una grotta, se è in un sentiero di montagna, e poi pensi di stabilire lì la sua dimora e vi sistemi un materasso e un fornello a gas, deciso di abitar lì per sempre.
Ormai ho visto bene come vanno le cose. Buona famiglia, buona educazione. Chierichetti a servir Messa. Scoutismo o Azione Cattolica. E tutte le altre storielle che poi vengono giudicate - non so quanto a ragione - educazione cristiana della gioventù. Servono molto bene ad ammannire un sacco di cose buone che dai ragazzi vengono poi prese in modo totalmente passivo. Non crescono con loro o crescono rachitiche, rimanendo in condizioni tali per cui, da un giorno all'altro, appariranno ridicole, superate, oscurantiste, buone soltanto a fare degli inibiti, carichi di complessi pesanti come montagne.
La cosa logica, normale, a questo punto, è che si entri in crisi. Ne viene quasi un sussiego, un valorizzare se stessi, una liberazione.
Tutto viene smontato pezzo per pezzo e riposto insieme alla fionda e ai pantaloni corti.
Messi i tacchi alti, tutto non può non essere giudicato da un'altra altezza e con visioni, quindi, molto più ampie.
D'accordo. E' giusto, deve essere così. L'onestà però vorrebbe che, iniziata la crisi, questa ottenesse una sofferenza, provocasse un'angoscia, costringesse ad una ricerca.
Se la casa è stata bombardata, molto bene, poteva anche essere tanto vecchia e malandata da essere una fortuna che sia stata demolita, però non ci si deve aggiustare e sistemare sotto le macerie, facendone abitazione normale.
Che crolli il problema religioso ai primi terremoti, d'accordo. Ma perché non riconosci che è il problema religioso del fanciullo che è crollato? Disgraziatamente - e i motivi di questa disgrazia sono così tanti - la costruzione non poteva che essere di cartapesta, o di cubetti di plastica colorata come le case fatte per gioco: ha avuto soltanto l'importanza di occupare il terreno, prima che tutto fosse venduto, perché domani vi fosse dove gettare i fondamenti per la seria costruzione di tutta una vita.
Sensibilità per gli altri. Ricerca di giustizia, ideali di uguaglianza, ecc. finché non conviene che le ragazzine siano giudicate trastulli e passatempi. Finché il danaro non scopre il suo fascino e la voglia del successo non prenda a 40 di febbre.
E rutto crolla, allora. Crisi circa i valori umani. Gli uomini sono una massa di puzzoni. La politica una porcheria. Ciò che conta è arraffare più che si può e far di sé un padreterno più che sia possibile.
Così per tutto. Assolutamente per ogni valore. Giudizi spietati. Demolizione a terra bruciata. Nikilismo radicale. Criticismo a zero. Ormai nulla da fare. Perdiamo le speranze. Mondo cane davvero.
Rimangono salve solo poche cose: il tubo digerente, i genitali, l'automobile, il conto in banca, il benessere più assoluto, una lunga vita, una vecchiaia felice e la tomba onorata di famiglia per il cavaliere o il commendatore.
D'altra parte la crisi risolve gli ultimi problemi di coscienza, quelli che si sono fortunosamente salvati da tanta e santa distruzione.
Perché la crisi, l'essere in crisi, diventa come una giustificazione. Quasi fosse una posizione onorata. Vuol dire che uno non si è lasciato imbottigliare da nessuno. E' rimasto un libero pensatore, come dicevano una volta, ma il termine è bene, forse, rispolverarlo.
Chi tutto critica e tutto quindi disprezza e butta a mare è a posto con la sua coscienza. D'altra parte non ha trovato nulla che meritasse attenzione (i valori di cui sopra sono "scoperte" personali ottenute dalla propria personale saggezza e esperienza) e quindi onestamente non poteva che rimanere in crisi.
E' come una dolce beatitudine, la crisi. E' dolce come il sereno conversare nel salotto della Signora, sorseggiando il the con i pasticcini. E' magnifica come il sonnellino schiacciato dopo pranzo. E' appassionante come una violenta disputa filosofica o politica.
La crisi, naturalmente, quando è arrivata a sistema, a soluzione, a impostazione di vita, come mentalità ormai acquisita, come scelta di esistenza.
Non è quella dei giovani questa crisi, questa è drammatica, angosciata, da disperazione, da lacrime (o da eccessività come il bere, nottate sfrenate, teddy boys, ragazzette squillo, ecc.), ma lasciatela crescere e troverà la sua buona e decorosa sistemazione in una serena crisi permanente, in cui tutto rimane cordialmente disprezzato, meno che se stessi. Perché il proprio egoismo è l'unica cosa rimasta intatta fra tanto scempio.


un prete

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